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giovedì 23 giugno 2011

Zygmunt Bauman, Vite di Corsa, ed Il Mulino




L'autore di questo volumetto penso non abbia bisogno di presentazione. Continua a scrivere le sue riflessioni che da anni aiutano a capire la società e il tempo in cui viviamo. Vite di corsa misura come la rapidità del cambiamento che contrasta con la lentezza che Bauman, i n opposto, pensa sia considerata oblio. Una vita, la nostra, in rapida trasformazione, dedicata al consumo che, per l'autore, fa dell'uomo un essere in movimento. Quasi che l'assillo del consumo sia dato dalla perenne insoddisfazione di ciò che si possiede e si consuma. Un piacere che non si trova ma si cerca, una realtà che si vive ma che, allo stesso tempo, si sfugge. Anche il valore della comunità degli uomini che accomuna, passa attraverso il piacere che mette insieme gli uomini stessi e che dovrebbe superare la sua manipolazione per mantenere la società dei consumi nella quale siamo protagonisti assoluti. Protagonisti che si creano una identità sociale che cercano di mantenere, pur nella velocità e nella libertà di movimento anche se, nell'acquisto e, talvolta solo nell'acquisto si ritrova se stessi.

domenica 3 aprile 2011

Enzo Bianchi, Ogni cosa alla sua stagione, ed. Einaudi


di Nereo Tiso,
Un libro semplice ma profondo. Riflettere sulle stagioni della propria vita a partire dalla semplicità della fanciullezza è ciò che Enzo Bianchi fa nel suo libro. Gli incontri, le letture, i giochi, le amicizie, le esperienze, sono il senso che si percepisce dallo scadere delle varie stagioni. E la terra, questa madre che dà i frutti per la vita; che dà il vino che inebria, che dà gioia, ma che è anche fatica, sofferenza. E' la terra che..."si era spogliata, sì, ma solo per attendere più libera la novità di un'altra stagione, di una vita pronta a ricominciare". Ora Enzo Bianchi, si trova nella stagione della vecchiaia, vissuta e non nascosta; celebrata e accolta con serenità. Forse, quelle del priore di Bose, assomigliano alle stagioni della vita di ognuno di noi, alla quale siamo legati ma dalla quale dovremo staccarci. E sono ancora le parole di Bianchi che ci aiutano a non avere paura della nostra ultima stagione perché tutto è fuorché buio: "La mia notte non ha oscurità e tutto nella luce diventa chiaro".

mercoledì 9 marzo 2011

Bruno Frey, Non solo per denaro. Le motivazioni disinteressate dell’agire economico, ed. Bruno Mondatori


di Nereo Tiso


La lettura del saggio di Frey fa delle interessanti riflessioni sul rapporto denaro-agire umano. Non è che si possa sostituire il denaro, ma che possa essere d’intralcio alle motivazioni dell’agire umano, il nostro autore cerca di dimostrarlo. In effetti la sensibilità interiore può venir meno quando per motivare a certi comportamenti vengono utilizzati compensi in denaro. Pensiamo, per esempio, alla questione ambientale e all’impatto per la costruzione di determinati impianti, al volontariato e alle questioni sociali in genere. Ricorrere al denaro, secondo l’autore, può far venir meno l’entusiasmo che è tipico di chi opera in assenza di compenso monetario. In sostanza si dovrà passare dal concetto di homo oeconomicus a quello di homo oeconomicus maturus che è definibile secondo i seguenti criteri: 1. La motivazione intrinseca è tra i più importanti fattori che determinano il comportamento umano; 2 Gli incentivi monetari riducono la motivazione intrinseca. L’homo oeconomicus per Frey, passa decisamente in secondo piano.

venerdì 28 gennaio 2011

Roberta De Monticelli, La questione Morale, ed. Raffaello Cortina Editore



di Nereo Tiso





Un'importante riflessione di Roberta De Monticelli sulla situazione attuale e sulla questione morale. L'analisi inizia da una descrizione particolareggiata, seppur in maniera raffinata ma decisa, della situazione che il nostro paese sta vivendo: il male nostrum . Utilizza con grande intelligenza molte parole del Guicciardini che cita testualmente e commenta in maniera puntuale. I riferimenti all'attualità non mancano, anzi. Cito solo una frase di Guicciardini, naturalmente ripresa dalla De Monticelli, che mi sembra l'emblema della dell'indifferenza e della deresponsabilizzazione di fronte a qualsiasi azione, cioè all'arte della vita seguita come: "Un codice fondato sul divorzio fra l'uomo e la coscienza".

Nella seconda parte, sviluppa una riflessione riguardante i dubbi etici o, meglio, i dubbi che si hanno sull'etica. Nota la difficoltà della ragione a rigenerare le istituzioni in senso etico. Diciamo che, dal suo punto di vista. è necessario ritornare alla ragione per recuperare la giustizia, i grandi valori del nostro tempo. E' una continua esigenza etica razionale per sostenere valori in cui fondare un nuovo stile di vita. Una domanda, pongo alla De Monticelli:"Tutto è risolvibile solo attraverso l'etica e la ragione?" Ad ognuno spetta la continuazione della riflessione.

martedì 7 dicembre 2010

Gustavo Zagrebelsky, Sulla lingua del tempo presente, ed. Einaudi.


di Nereo Tiso


Un librettino che ci mostra come lo stereotipo di un linguaggio diventato ossessivo nel tempo, costantemente ripetuto fino alla nausea ci abbia coinvolto. Linguaggio mutuato da fonti diverse ma che è stato abbondatemente utilizzato e sfruttato perché diventasse relazione spiccia, significato potente, trasmissione di messaggio forte. Il tutto all'interno del contenitore politico per una propaganda mediatica sempre più invadente e pervasiva. Tanto da essere utilizzato e posseduto come salvifico e benefico. E' la sua semplicità e la continua semplificazione che rende omogenee le coscienze le quali, nonostante tutto, cercano di elaborare altri linguaggi per scombattere una battaglia contro la mediocrità. Contratto, scendere in politica, doni, mantenuti prima Repubblica e via dicendo, in questi anni li abbiamo sentiti infinite volte e ci sono diventati familiari ma...spesso distanti da se stessi.

venerdì 29 ottobre 2010

Varlam Salamov, Visera, Bilblioteca Adelphi


di Nereo Tiso


Un libro forte, che risveglia la storia dei Gulag sovietici, di uomini imprigionati, fatti soffrire per anni e spesso uccisi per quelli che ora vengono chiamati "delitti d'opinione". Luoghi per formare "rigenerati" come scrive lo stesso autore, capaci di accetare il regime echidere per sempre la propria personalità. Tanti di loro si sentivano quasi di appartenere al gulag anche perché all'uscita, non trovavano più nessuno, venivano villipesi, considerati dei reietti. Una cronaca struggente di giornate piene di sofferenza. Credo però che la citazione diretta del testo sia la migliore recensione:"Discussioni scientifiche fasulle, crimini inventati e castighi cruenti tutt'altro che finti: il carcere ti fa capire tutto questo" (pag. 209;"Hai firmato sotto tortura? Non importa. Ciò che conta è salvare la pelle. Ciò che conta è sopravvivere a Stalin. Quella era la logica, e con quell'unica speranza centinaia di migliaia di coloro che firmarono le confessioni e vennero condannati a sofferenze fisiche e psichiche senza fine, a morire di freddo, fame e percosse trovarono la forza di aspettare e di sopportare. E sopportarono fino all'ultimo"

martedì 13 luglio 2010

Stefano Zamagni, Avarizia. La passione dell’avere, ed. Il Mulino, Bologna 2009



di Nereo Tiso


Il volumetto di Zamagni analizza storia, ragioni e perversioni del concetto di avarizia e del comportamento dell’avaro. “Desiderio smodato e disordinato di ogni cosa” diceva già Agostino. Ma è con i benedettini che hanno inizio le considerazioni sull’avarizia quale ostacolo all’evangelizzazione e così i cistercensi, che parlavano di come l’abuso dei beni era contrario alla carità. Ma è con i francescani che si ha la vera svolta. Inventano l’economia di mercato ritenendo che non solo l’ascetismo monastico sia la via per arrivare a Dio. Sarà necessario, però, guardarsi dal desiderio interiore del possesso. Nel medioevo, a partire appunto dai francescani e con l’avvento del feudalesimo, si batte moneta che si usa per le transazioni e in alcune città viene eliminata la schiavitù; in sostanza un nuovo codice di moralità. Ma nasce anche il mondo dei mercanti considerati usurai, avari, accumulatori di beni superflui e di denaro. Allo stesso tempo gli stessi mercanti, però, sono innovatori, creano relazioni. Ma l’interesse, anzi il prestare ad interesse risulta moralmente no è peggiore dell’ingordigia dell’avaro. Un percorso complesso e completo quello di Zamagni che viaggia nella storia per fondare le trasformazioni del concetto di avarizia nei suoi vari distinguo tra ricchezza, bramosia di accumulo di denaro e fragilità umana. Tutto fino ad arrivare a trasformare la filosofia economica che sfocia nell’individualismo dove l’avarizia viene dimensionata a “interesse personale”. Naturalmente l’avaro, prova vergogna per la sua condizione; vorrebbe vivere più a lungo per poter accumulare e si spinge oltre la filosofia individualista. Zamagni conclude che l’homo oeconomicus è il perfetto identikit dell’idiota sociale e, talvolta, i soldi dovrebbero essere sparati dagli imbecilli. Soprattutto quando, nei momenti di crisi dalla quale, per uscirne, ci si dovrebbe allontanare dall’avarizia per praticare la virtù.

giovedì 10 giugno 2010

La differenza Cristiana


di Nereo Tiso


Il breve volume di Enzo Bianchi non manca di intensità e chiarezza soprattutto nella ridefinizione dei concetti di laico e laicità oggi tanto discussi. Non manca altresì un analisi del rapporto tra stato e Chiesa, tra pensiero laico e pensiero cristiano. I cristiani devono saper costruire la polis allontanandosi dai dogmatismi e dal ritenere che lo stesso cristianesimo sia minacciato. Devono innanzitutto avere come riferimento il Vangelo della testimonianza senza cercare alleanze o privilegi. In effetti, dice ancora l’autore, oggi si cerca più una identità culturale cristiana anche da parte di chi cristiano non lo è per una sorta di protezionismo. I cristiani oggi, invece, devono confrontarsi con i laici (non con i laicisti) se questi, ovviamente, sono interessati al confronto, per creare una società del dialogo. Questo non significa che la Chiesa debba svuotarsi del Vangelo: è necessario collaborare nella realizzazione del bene comune senza identificarsi né in un’etica né tanto meno in una politica. Sono da evitare anche inutili integralismi. Oggi più che dai laici, la Chiesa è maggiormente stimolata dall’indifferentismo, che la proietta verso una testimonianza ancora più piena. Anche all’interno della Chiesa e tra i cristiani è necessario il confronto per esprimere opinioni ma anche “dissenso leale” dalle comunità ecclesiali.

mercoledì 7 aprile 2010

Giorgio Ruffolo, Il capitalismo ha i secoli contati, ed. Einaudi, Torino 2008.


di Nereo Tiso


Il bel libro di Ruffolo ripercorre la storia della nascita di un sistema di scambio che, con percorsi diversi e attraverso culture diverse, è riuscito a mettere radici profonde in ogni luogo del pianeta seppur in modi che, spesso, differiscono anche in modo profondo l’uno dall’altro. La storia dei “secoli del mercato” che Ruffolo racconta, inizia proprio dal semplice scambio nelle società arcaiche chiuse, rapidamente trasformatesi con l’apertura a quello che verrà chiamato il “mercato aperto”. Le lunghe percorrenze di merci e uomini lungo fiumi e mari, la nascita e lo sviluppo della proprietà privata, la nascita della moneta, la trasformazione in alcune società dello schiavismo in lavoro produttivo ha, nel tempo, cambiato il modo di vivere. Infatti, nei secoli, l’Occidente, nel suo complesso di città che ricoprono ruoli importanti nel Mediterraneo e che commerciano con l’Oriente traendone grandi profitti, crescerà anche dal punto di vista territoriale usando spesso anche la spada per conquistare e difendere il potere. Pensiamo all’Olanda, al Portogallo, alla Spagna, alla Francia e, infine , all’Inghilterra che per secoli hanno dominato i mari costruendo imperi straordinari. Infine il nuovo mondo, l’America, con i suoi cambiamenti e il suo grande sviluppo economico, industriale e finanziario, Nonostante tutto ciò, il tracollo del ’29 fu terribile e condizionò in maniera irreversibile anche l’Europa. In particolare contribuì alla deflagrazione della Germania e dell’Europa nella follia nazista. Dopo la guerra la decolonizzazione e la ricostruzione di un ordine monetario europeo contribuirono alla crescita del vecchio continente per almeno venti anni. Di fatto il sistema capitalista ha creato lavoro e ricchezza per molti, ma non per tutti. Questo, però, ha formato un solco che ancora oggi è ben marcato: aumento della povertà, deterioramento delle relazioni e povertà morale. Si è creato altresì, un sistema di insostenibilità e di devastazione ambientale i cui effetti sono evidenti. I cambiamenti repentini del sistema, hanno contribuito alla mercatizzazione del lavoro con la sua esasperata flessibilità e ad un sistema finanziario senza controllo. Il risultato un sistema sociale che comincia a destabilizzarsi. Ruffolo parla di una Demoralizzazione del capitalismo e dell’assenza di equilibrio che porterebbe ad un suo miglioramento. Comunque, dice ancora il nostro autore, il capitalismo non condurrà la storia alla fine, ma nella storia c’è sicuramente la fine del capitalismo.

martedì 7 aprile 2009

C.De Benedetti, F.Rampini, Centomila punture di spillo. Come l’Italia può tornare a correre, ed. Mondatori, Milano 2008.



di Nereo Tiso

La grave crisi che il mondo sta attraversando sottolinea, qualora ce ne fosse ancora bisogno, le difficoltà in cui si trova il liberismo, così come pensato negli anni recenti. Il libro mette in luce situazioni che cambiano rapidamente e che necessitano risposte equilibrate. In effetti, non vanno sottovalutati le difficoltà sociali, ambientali ed economiche che la crisi ha marcatamente evidenziato. Tra Occidente e Asia, le divergenze su tutele sindacali, norme ambientali, norme sociali, che da una parte sono rigorose e dall’altra sono più aleatorie, mostrano tutta la diversità anche su come si possa affrontare una crisi così profonda. Anche l’Italia, scrivono gli autori, sta segnando il passo, sia dal punto di vista economico che delle scelte politiche. Sta vivendo una situazione di grave debito pubblico accumulatosi nel corso degli anni ottanta e che ora grava sulle spalle dei cittadini, soprattutto di quelli in maggiore difficoltà. Alla fine, “paga Pantalone, si afferma nel volume. Certo è che l’Italia si trova in mezzo alla globalizzazione e deve affrontare la concorrenza spietata di chi opera con poche regole e a prezzi stracciati: una sorta di capitalismo spregiudicato. Il riferimento più diretto è alla Cina, questo gigante che viene definito come un capitalista adolescente: con molta energia e dinamico. Però, una cosa è certa, dicono i nostri autori: le regole, almeno quelle, dobbiamo esportarle. Al gigante cinese va aggiunto quello indiano che sta aprendo nuove frontiere e si rimette continuamente in gioco: deregolamentazione dei mercati e demografia. Tra non molti anni l’India supererà la Cina per numero di abitanti. A questo si aggiunge lo spostamento continuo di uomini che non sono solo portatori di manodopera di basso profilo, ma di specializzazioni e professionalità molto importanti.
A noi non ci rimane che investire nell’Università, nella ricerca e nella scuola, come fanno molti paesi europei. Non solo prodotto “italiano” ma riorganizzazione e crescita del sapere per riuscire a restare al passo con chi ha obiettivi a lungo termine e ritiene che questi investimenti siano fondamentali per il futuro.
Certamente non può mancare dall’analisi il mondo finanziario e le strade infelici sulle quali molti operatori hanno creato disastri della portata che conosciamo. La crisi colpisce anche l’Africa già debilitata, l’America Latina, in difficoltà; insomma non lascia fuori nessuno. Compresa la più grande ricchezza del pianeta:l’acqua. Quindi, un capitalismo in crisi che non crea democrazia e si trova in forte difficoltà a livello mondiale. E l’Italia? Nelle zone più ricche e produttive si soffre di “nanismo congenito” di fronte alle pressioni dell’esterno. Comunque le regole hanno aiutato a subire meno danni dall’impatto. L’Italia, dicono gli autori, deve partire dal basso, dai suoi valori, dalle sue scuole e università, dalle competenze e dalla società civile. Investire in ciò che è e sa per costruire ciò che sarà.

domenica 11 gennaio 2009

S.Rossi, La Regina e il Cavallo.Quattro mosse contro il declino, ed. Laterza




di Nereo Tiso


Un piccolo libro per affrontare un grande tema attuale: il declino del sistema economico italiano. L’autore cerca di capire, attraverso l’intervista ad alcuni imprenditori, quale sia il loro modo di fare impresa e come questi affrontano le difficoltà che incontrano in un periodo complesso come quello che si sta vivendo da alcuni anni. Rossi propone alcune mosse del gioco degli scacchi: un gioco non qualsiasi. Infatti è un gioco fatto di pazienza, intelligenza e scelte strategiche e non solo arroccamenti. In sostanza non bisogna mai stancarsi di cambiare, anche stravolgendo scelte che prima sembravano assolute per il buon funzionamento aziendale; tecnologie avanzate, ricerca e tutto ciò che sa di innovazione dovrà essere utilizzato per affrontare il “declino”. La prima mossa, sempre secondo l’autore, è aumentare le dimensioni delle imprese: è l’unico modo per affrontare il repentino cambiamento tecnologico. Seconda mossa è legata alla concorrenza: necessario rimuovere gli ostacoli che si inseriscono nelle imprese. La terza mossa sarà legata alla diffusione e alla promozione dell’innovazione. Questa, il nostro autore, la chiama letteralmente “manovra di cavallo”. E’ sicuramente legata alle dimensioni dell’impresa: la piccola impresa non è in grado di affrontare l’acquisizione di ricerca avanzata e di gestirla. Ultima mossa, ma non la meno importante, è il nodo dell’Istruzione e della conoscenza. Mettere a disposizione un’istruzione superiore adatta alle imprese. Certamente creare un ambiente favorevole alle imprese senza complicazioni che talvolta diventano vessazioni, ma allo stesso tempo imprese che si rinnovano per non subire scacco

domenica 4 gennaio 2009

Muhammad Yunus, Un modo senza povertà, ed. Feltrinelli, Milano


di Nereo Tiso


Si pensa che i sogni non si realizzino, soprattutto i grandi sogni: sembrano impossibili. Mohammad Yunus, premio Nobel per la Pace, ha realizzato il suo sogno affrontando il sistema povertà con le armi dell’economia e dell’imprenditoria. Intuisce che anche i poveri possono essere imprenditori e che, per esserlo, hanno bisogno di risorse e di sentirsi partecipi alla loro realizzazione trovando spazi, a loro volta, per iniziare altri poveri ad essere imprenditori. Il sogno di Yunus si è trasformato in un grande sistema di economia sociale che fa dell’economia imprenditoriale uno strumento per riuscire a portare avanti il modo migliore per risollevare i poveri dalla loro situazione. Non solo microcredito per la Grameen Bank della quale è fondatore, bensì tutta una serie di investimenti che portano benessere tra i poveri senza svilirne le loro culture, i loro stili di vita e, persino, i loro gusti …gastronomici. Egli ha spinto il “mondo degli affari a fare qualcosa per l’universo dei poveri” nel senso che questo mondo ha fatto “affari” offrendo ai poveri opportunità di sviluppo. E’ questo in sostanza uno dei criteri del banchiere bengalese. Operare nel mercato con criteri di mercato ma in un’economia sociale a sostegno di economie deboli. Ed è così che ha fondato società per le telecomunicazioni con milioni di abbonati, una società di softwear, una tessile, alcune società agro- alimentari. E’ arrivato a creare una società di produzione di yogurt attraverso un accordo con la Danone. Con un lavoro di ricerca, ha potuto capire che lo yogurt, addizionato di certe vitamine, poteva far crescere più sani i bambini. Tutto ciò costruito su criteri di fiducia accordata alla comunità che gravita attorno alla Grameen Bank, alla spinta innovativa e imprenditoriale che costruisce benessere e restituisce il credito (le insolvenze sono bassissime). E ancora costruendo e facendo impresa sociale per sradicare la povertà e rinnovare un sistema di vita anche attraverso lo sviluppo delle energie rinnovabili, della raccolta dei rifiuti differenziata e molto altro. Occasioni di sviluppo che Mohammad Yunus e la Grameen Bank hanno saputo cogliere e far cresce sempre in linea con quanto “sognato” inizialmente: far uscire i poveri dal loro stato.

George Soros, Cattiva Finanza, Fazi Editore



di Nereo Tiso


L’autore è uno dei maggiori finanzieri che operano sui mercati e che cerca, mediando dalla sua esperienza, di dare delle risposte all’attuale crisi economica mondiale. Sicuramente riesce a far capire al lettore, anche se non in maniera sempre semplice, le ragioni di una crisi che nasce dallo stesso modello economico che prima l’aveva sostenuta. Non solo, è proprio una errata interpretazione della realtà; una visione distorta e poco accorta hanno creato il disequilibrio precipitato poi nella crisi. Nella sua teoria della “riflessività”, Soros parla di un riequilibrio dei mercati finanziari anche se questa non può essere una scienza esatta. Infatti è “una teoria della storia, che però non può aspirare al titolo di scienza, perché non offre spiegazioni e previsioni deterministiche”. Quindi una successione di eventi della storia dove la partecipazione dell’uomo diventa fondamentale. Ed è proprio in questo continuo movimento tra uomo, natura e storia che si parla di riequilibrio dei mercati; non una certezza scientifica, bensì un percorso di riequilibrio, quindi fondato sull' incertezza. In effetti, scrive ancora il nostro autore, i paradigmi che oggi vengono presi in considerazione dai mercati riguardano solo i rischi conosciuti e non anche “le conseguenze dei propri difetti e dei propri errori di giudizio”. Nella terza parte del libro, l’autore analizza le ragioni della bolla o delle bolle speculative immobiliari che hanno messo in crisi i mercati: una sorta di fondamentalismo del mercato come conseguenza della crescita esponenziale dei mercati finanziari. Spalmare il rischio, com’era previsto, non ha eliminato il rischio, anzi l’ha accentuato. Certo è, comunque, che Soros ha raggiunto i suoi traguardi economici attraverso la speculazione finanziaria che ora si trova a criticare. Nel volume dà ampio risalto al suo percorso di “speculatore di successo” dedicandovi un capitolo intero.
Da tutta questa sua riflessione, le previsioni sono che si potrà uscire dalla crisi, riconoscendo comunque, la fine di un’era e cioè quella nella quale gli Stati Uniti e il dollaro erano dominatori mondiali. Certamente una crisi forte dalla quale si potrà riemergere, rinascendo attraverso “un nuovo ordine mondiale”

Che fatica partecipare!

Dò il benevenuto a voi che vi sottoponente al
sacrificio di esserci, di contribuire a questa finestra. Qui dialogo e
approfondimenti troveranno terreno fertile.
Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran