Visualizzazione post con etichetta Scuola. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Scuola. Mostra tutti i post

sabato 18 settembre 2010

VA IN SCENA LA SCUOLA...della Gelmini


Dopo tanti annunci, eccoci in scena. Straordinaria performance oggi sulla situazione della scuola organizzata dal sottoscritto assieme a Paola Lincetto e Cristina Toso, consiglieri comunali ed eponenti del Partito Democratico di Padova. Un nuovo modo di dire ciò che la macchina dell'accoppiata Tremonti-Gelmini ha messo in moto. Un vero "investimento" per il futuro da parte del Governo, nel senso che la scuola sta diventando un rottame. Se non fosse per il lavoro di molti insegnati che vi dedicano professionalità e impegno, sarebbe ancora più difficile. Noi abbiamo cercato di denunciare questa situazione attraverso una messa in scena alla quale hanno partecipato consiglieri e assessori del Comune di Padova, presidenti e consiglieri di quartiere, e con la presenza di parlamentari e consiglieri regionali, per gridare forte la nostra indignazione nel vedere tagliati drammaticamente i fondi per la scuola con la conseguenza di avere tagliato il futuro dei ragazzi e dello sviluppo per il nostro del nostro paese. Quando non si investe in cultura e istruzione, il paese non può che peggiorare; quando si riducono i fondi, mancano anche le piccole cose che vanno a costrure la dignità della persona. Gli altri paesi europei continuano ad investire nella scuola nonostante le difficoltà economiche si facciano sentire anche per loro. Sanno però, che il futuro è là, nei giovani, dai quali si possono trarre eccellenze da mettere a disposizione di tutti. Questo è il vero investimento che guarda lontano, che sente la forte necessità di guardare ai giovani come l'unica risorsa sulla quale investire perché, a loro volta, non potranno che investire per gli altri che verranno. A ciò si aggiungono il patto di stabilità per i comuni e la riduzione dei trasferimenti per l'anno prossimo. Quale risorse investire? Naturalmente quelle che non ci sono.
Quella della coppia Tremonti-Gelmini è una partita persa, un buco creato ad arte oggi che diventerà la voragine di domani. E' il rinnovato trionfalismo con l'inganno che la maestrina Gelmini vuole farci ingoiare vendendolo come la riforma migliore possibile, il cambiamento verso il "futuro". Ma famiglie, insegnanti, docenti, studenti universitari non ci stanno e continueranno non solo a protestare, ma a dimostrare che la pseudo riforma è la copertura di una folle necessità economica causate dall'aver guardato altrove piuttosto che al paese, per una folla plaudente ai comizi del capo.
Noi sotto la Loggia della Gran Guardia l'abbiamo detto ad alta voce, mettendo insieme la caricatura della scuola della nostra ministra dimostrando, alle molte persone presenti e a coloro che potranno raggiungere il nostro messaggio attraverso giornali e TV locali, che migliorare si può, cambiare anche. Tagliare, invece, è uno sport di un governo completamente privo di diotrie.

martedì 14 settembre 2010

LA SCUOLA CHE NON C’E’

di Nereo Tiso





Oggi 11 settembre, conferenza stampa a Palazzo Moroni dei consiglieri del PD Tiso Nereo e Lincetto Paola (del gruppo di lavoro fa parte anche la consigliera Cristina Toso, assente) per presentare l’iniziativa di mobilitazione del gruppo consigliare PD del Comune di Padova e del Partito Democratico della città e della Provincia, a favore della scuola e contro un’impresentabile “riforma” che non ha fatto altro che ridurre le risorse di 8 miliardi euro in tre anni.
Non si tratta di fare una semplice demagogia antigovernativa, ma le nostre proposte come Partito Democratico sono sempre state chiare: investire sul futuro cambiando ciò che non funziona. Da Mariastella Gelmini, portavoce del ministro Tremonti che gestisce i cordoni della borsa, poche parole, tante chiacchiere su precari, investimenti, futuri docenti, ecc.
Ma veniamo al dunque dei motivi della nostra mobilitazione che ci vedrà presenti davanti alle scuole della città per portare la nostra testimonianza e far conoscere le nostre proposte ai genitori e dire con forza i disastri che si stanno compiendo con questa pseudo riforma.
Pensiamo alle 12500 famiglie che nella provincia di Padova quest’ anno non potranno usufruire del tempo pieno nelle scuole primarie. Quali disagi per i genitori? Quali riduzione del tempo scuola per gli alunni? Invece di migliorare l’offerta la si riduce per fare cassa.
Pensiamo al numero sempre maggiore di alunni per classe, fino a 29-30, anche in presenza di ragazzi con disabilità che necessitano di essere seguiti con maggior attenzione. Un numero così elevato di presenze, tra l’altro, è contrario alla normativa sulla sicurezza che prevede 25 alunni per classe. Chi si assumerà la responsabilità in caso di danni alle persone?
Consideriamo il precariato. Non è l’assunzione indiscriminata, ma la considerazione di chi, da anni insegna in maniera continuativa su posti-cattedra che potrebbero essere occupati da docenti di ruolo. Dove sta la continuità didattica, la programmazione e progettazione di molti di questi docenti a tempo che sono costretti a cambiare scuola ogni anno, essere licenziati, pur sapendo che verranno richiamati l’anno successivo?
Pensiamo poi al patto di stabilità che mette la corda al collo agli enti locali che non potranno investire nel miglioramento degli edifici scolastici e in sicurezza. Al Comune di Padova l’anno prossimo mancheranno 6 milioni di euro. Dove cadrà la scure?
Noi, per tutto questo per molto altro abbiamo deciso di far sentire la nostra voce con forza. Tutta la settimana la nostra presenza davanti alle scuole sarà costante e sabato prossimo alle ore 11, presso la Loggia della Gran Guardia in Piazza dei Signori a Padova, manifesteremo il nostro disagio a questa situazione con un momento particolare: metteremo in scena la SCUOLA CHE NON C’E’.
Perché che nella scuola si creda, si investa, si migliori e non si butti tutto al macero. Senza scuola, il futuro sarà incerto e nebuloso e il nostro paese non potrà che regredire.

sabato 19 dicembre 2009

LA SCUOLA E OLTRE


di Nereo Tiso


Leggo dai giornali, a dir il vero dopo molto tempo, un breve articolo sulla scuola che riguarda l’inasprimento delle difficoltà per raggiungere, a conclusione degli studi, il massimo dei voti assieme alla lode o, per meglio dire, l’encomio. Poco male! La speranza è che questo agognato titolo possa essere poi un viatico per continuare negli studi e diventare risorsa per il paese nel cammino di un lavoro sempre più difficile da conquistare.
Non vorrei però, soffermarmi sulla questione delle intelligenze che se ne vanno dall’Italia per riuscire ad esprimersi e per avere maggiori opportunità di impiego. Voglio invece fare un passo indietro e soffermarmi sulla scuola, appunto della quale si parla solo in momenti particolari e neanche tanto. Infatti questa nebulosa che si muove con lentezza è alla ricerca di una sua nuova identità che attende da anni, ma che è ancora coperta dai vari tentativi di riforma o pseudo riforma, tra l’altro, l’ultima fermata dal Consiglio di Stato pochi giorni or sono. Insomma non si riesce ad andare avanti. Si fatica a capire quale futuro avrà la scuola superiore perché tutto è ancora in movimento. Le trasformazioni sono state annunciate, le indicazioni precise sul modello di scuola che il governo ha deciso, le discipline che dovrebbero far parte dei vari corsi di studio, ma cosa debbano contenere queste discipline non è ancora dato a sapersi con chiarezza.
Nel frattempo le famiglie che devono iscrivere i propri figli alla scuola superiore sono in difficoltà e così , chiaramente, i loro figli. Vagano di istituto in istituto per sentirsi ripetere che ancora si sa poco, che bisogna aspettare e che non si sa cosa succederà nell’anno scolastico 20010/2011. Le scuole aspettano e, chiaramente, non hanno risposte. Si continuerà come gli anni precedenti o si dovrà cambiare? Una domanda alla quale ancora non si sa .rispondere.
La scuola, però, necessiterebbe di grandi stimolazioni didattiche, di progresso educativo, formativo e culturale per tradurre concretamente quei saperi di docenti molto preparati ma che, purtroppo, oggi vivono tra la passione e la frustrazione. La passione per essere continuamente stimolati da giovani che, con desideri e difficoltà, riescono a perpetrare la speranza che qualcosa cambierà, anche per loro. La frustrazione di chi vive la precarietà fino al limite della pensione, di chi fa fatica ad incidere sulle nuove sensibilità dei ragazzi create da altri mondi non infrequentemente incompresi.
A questo si aggiunge un altro elemento che è parte integrante della scuola di cui prima abbiamo appena accennato: la famiglia. La domanda è sempre la stessa: quale famiglia? All’insegnante si presenta davanti una varietà di famiglie: da quella tradizionale con entrambi i genitori presenti, a quella allargata con più genitori e fratelli di padri diversi; a quella ristretta dove si vive generalmente solo con la madre. Ma ci si trova davanti, soprattutto in questo ultimo periodo, anche a famiglie con grosse difficoltà economiche .
Ma torniamo alla nostra riforma. Certo è che smuovere il mastodonte non è facile e ridargli la vitalità necessaria per prestare sempre maggiore attenzione ai nostri ragazzi e alla loro formazione, non è e non sarà immediato. L’impegno che l’ipotetico e non ancora concluso tentativo di cambiamento, dovrà tracciare una via maestra che va dall’autonomia didattica a quella progettuale; dal ridurre la burocrazia e investire più risorse nella formazione dei docenti per preparare sempre meglio i nostri alunni nonostante i risultati dell’indagine PISA (Programma per la valutazione internazionale degli studenti), almeno per alcune materie, che ci sono grosse difficoltà. Quindi, cosa bisogna assolutamente cambiare? I professori? Sembra proprio di no vista la ricerca fatta Alma Laurea e pubblicata su http://www.diregiovani.it/ il 9 dicembre scorso. Infatti i docenti sono promossi: negli istituti tecnici, il 79% dei diplomati è soddisfatto della loro competenza, il 73% della chiarezza espositiva, il 74% della disponibilità al dialogo e il 62% della loro capacità di valutazione. Va peggio nei licei dove quasi il 40% dei diplomati si sono dichiarati insoddisfatti della capacità di valutazione manifestata dagli insegnanti e più del 30% sono rimasti insoddisfatti della disponibilità al dialogo dei professori.
Meno apprezzati sono risultati, in generale, i laboratori (56%) e questo non è secondario per il motivo che potremmo tradurlo in scarse o obsolete strumenti per le tecnologie informatiche, laboratori di chimica, fisica, biologia o comunque di materie scientifiche che non sono al passo con il cambiamento rapido del mondo del lavoro e della ricerca. Pertanto si capisce come la trasformazione della scuola non può essere fatta senza investimenti perché questa non è solo di un momento ma il cambiamento per il futuro che non possiamo prevedere ma dobbiamo costruire. Non a caso i paesi del nord Europa, in un momento di crisi come questo, hanno investito grandi risorse nella formazione delle nuove generazioni ritenendo che pensare al futuro sia uno delle soluzioni più importanti per il presente. Un futuro che in Italia è costituito da diplomati e laureati i quali, secondo un indagine Istat sui dati 2007, sono i maggiormente richiesti dalle imprese, quindi con maggiori opportunità di lavoro. Certamente interessante è che il 64% dei diplomati intraprende un percorso universitario che dipende molto dal titolo di studio conseguito; di questi, circa il 10% abbandona nei primi tre anni. Generalmente abbandonano gli studenti provenienti da istituti professionali e tecnici, circa il,12,3%. Ma la domanda che ancora ci si deve porre: per vincere il sistema scolastico refrattario al cambiamento, possiamo continuare a sfornare diplomati con strutture vecchie, insegnanti che si sono preparati bene ma che hanno difficoltà a generare strumenti innovativi perché sommersi dalla burocrazia, dalla precarietà, e non dalla formazione e dalla cultura; tecnologie nelle quali si investe non a sufficienza, programmi rigidi?
Certo, in alcune zone del nostro paese esistono delle eccellenze nelle quali si condividono esperienze innovative per una didattica costruttiva nelle quali si preparano alunni in grado di affrontare percorsi universitari o lavorativi. Ma non tutte sono così, giusto per tornare all’indagine PISA. E allora che fare? Cambiare senza distruggere, investire senza perdere tempo per innovare e dare peso ad un sistema che non può che essere fondamentale nelle trasformazioni che rapidamente si susseguono anche nel nostro paese.

giovedì 20 agosto 2009

La scuola? E’ in vacanza.

La scuola ha chiuso da un pezzo i battenti. Le scuole superiori, per ultime, hanno dato il loro responso. Omai si rientra nella consuetudine. Ciò che non può essere consuetudinario, è il silenzio di cui è stata avvolta l’istituzione scuola come se le vacanze avessero dissolto, con un bagno refrigeratore al mare o una passeggiata ristoratrice in montagna, il pensiero di chi si occupa di queste cose. Pensiero che si rivolge al mese di settembre quando avrà inizio l’anno scolastico. Le scuole primarie, ora, si staranno arrabattando per capire bene cosa succederà, come dovranno organizzarsi con il maestro unico, con la scuola a tempo lungo o pieno e come rimodulare l’offerta formativa che non dovrebbe essere inferiore a quella proposta per gli anni precedenti. Ci sono le scuole superiori che subiranno una radicale trasformazione a partire dall’anno scolastico 2010/2011 e che, entro il 25 gennaio, dovranno accogliere gli iscritti alle classi prime senza sapere chiaramente cosa proporre. Anzi, l’incontro tra la “domanda e l’offerta” di formazione è ancora confusa. Infatti i ragazzi che concluderanno la scuola media il prossimo anno dovrebbero già aprire gli occhi ad ottobre cercando di orientarsi di fronte all’offerta che ogni scuola superiore propone. Ma quale scuola? Quale liceo o quale istituto tecnico? Certo, domande che si ripetono da anni con le stesse preoccupazioni da parte di ragazzi e famiglie. Di fronte, certamente, avevano un panorama orientativo ampio, molto diverso e diversificato. A guardare bene, l’anno scorso si è protestato molto, si è scioperato soprattutto per l’organizzazione dell’orario delle scuole elementari che metterà in grossa difficoltà le famiglie nelle loro abitudini e nei loro orari spesso inconciliabili con quelli scolastici. Un inizio d’anno molto incerto. Ma ciò che stupisce è che di fronte alla crisi economica e sociale che si sta vivendo e che avrà, nel mese di settembre, almeno dalle notizie che arrivano, un risvolto pesante, non siamo ancora riusciti con forza ad indignarci per la mancanza di futuro per i nostri figli in ragione della prospettiva di avere meno formazione e meno istruzione. I paesi del nord Europa hanno, guardando alla crisi, l’hanno affrontata con massicci investimenti nella scuola, nell’istruzione e nella formazione in genere perché il futuro di un paese si prepara solo ed esclusivamente pensando in maniera adeguata le nuove generazioni. Noi invece ci siamo occupati d’altro. Certo, regole chiare sugli obiettivi e investimenti che producano risultati. In mancanza di un grande piano sull’offerta formativa saremo, tra vent’anni, a piangere sull’indagine OCSE PISA che ci dirà, ancora una volta, che i nostri alunni saranno meno preparati rispetto agli altri d’Europa. E piangeremo, e questo sarà ancora più grave, la mancanza di persone adeguatamente formate, in grado di migliorare il nostro paese. I pochi che ci saranno andranno all’estero, come adesso d’altronde, probabilmente unico modo per indignarsi.

Nereo Tiso
Consigliere Comunale PD
Padova

Religione a scuola: sentenze, ricorsi…alunni e insegnanti


In mezzo all’afa di ferragosto è arrivata l’ennesima sentenza che fa discutere. Stavolta, diciamo che è una sentenza, quella del TAR del Lazio con valore su tutto il territorio nazionale, che si sovrappone a molte altre sentenze di altri TAR regionali in merito alla “discriminazione” che gli alunni non avvalentisi dell’insegnamento della religione cattolica subirebbero rispetto ai loro compagni che se ne avvalgono . Ed ecco che cominciano i confronti serrati, gli scontri, i ricorsi, le polemiche politiche e i vari tentativi di portare dalla propria parte la sentenza degli stessi giudici oppure, cercare di renderla inefficace. Chi insegna religione da anni, sa bene che non c’è mai stato un solo anno in cui non ci sia stato un ricorso, una sentenza e la conseguente polemica. Tutto ciò non gli ha impedito di recuperare la sua dignità di insegnante e lavoratore lottando per i diritti che gli venivano negati (trattamento per maternità e malattia non paritario; nessun permesso retribuito per studio, non concessione del part-time per chi ne faceva richiesta, ecc.). Certo aiutati dalle organizzazioni sindacali. Non da tutte. Per alcune l’insegnante di religione non è né di serie A, né di B, né di C; più semplicemente non esiste. O meglio esiste in quanto “anomalia” della scuola italiana.
Se si va a guardare all’Europa, la situazione è molto complicata, ma è necessario dire che, se si prescinde da tre paesi e cioè Francia (ad eccezione di Alsazia e Lorena. Nella Francia laica, tra l’altro, gli insegnanti delle scuole private, pur facendo percorsi diversificati rispetto agli insegnati statali, vengono pagati dallo stato:legge n. 59-1557 del 12/1959. E le scuole private, la maggioranza delle quali cattoliche, sono frequentate, anche da moltissimi non cattolici), Slovenia , e Ungheria (anche lì con qualche eccezione), in tutti gli altri paesi si insegna religione. Certo, varie sono le confessioni cristiane e le religioni non cristiane riconosciute dagli stati, ma comunque l’insegnamento esiste, facoltativo o meno, con l’ora alternativa o meno, con insegnanti di ruolo o meno, designati dalla Chiesa/e o meno e pagati dallo stato; comunque esiste ed è riconosciuto.
Da ventidue anni insegno religione e le polemiche tra chi sta da una parte e chi sta dall’altra, non mi mettono più molto a disagio. Riconosco che il nostro insegnamento ha la sua forza perché è debole e noi, insegnanti, cerchiamo di dare strumenti perché gli alunni (il 91% degli alunni italiani iscritti mi sembrano moltissimi) possano con la loro capacità critica e la loro determinazione capire e imparare. Sarà che disponiamo di una valutazione (voto? crediti?) debole che alla fine è un giudizio sintetico (Regio Decreto del 1930); sarà che abbiamo l’idoneità dell’ordinario diocesano, ma abbiamo titoli di studio teologici riconosciuti legalmente e titoli di università statali, corsi di aggiornamento, e molti di noi hanno superato un concorso pubblico (Legge, 186/2003); sarà che cerchiamo di dare il massimo come tutti gli altri insegnanti nella scuola; sarà che riteniamo il nostro insegnamento, soprattutto in un momento storico dove tutto viene televisivamente annacquato, un plus valore formativo ed educativo per gli alunni. Che “devono” essere valutati sulle capacità, sulle competenze, sul dialogo educativo, sul comportamento, ecc. .E non sono solo cattolici gli avvalentisi. Per quanto mi riguarda, ma sicuramente non sono il solo, in classe sono entrati: cattolici, atei, agnostici, indifferenti, protestanti, ortodossi, confuciani, musulmani, testimoni di Geova. Talvolta anche coloro che non si avvalevano. Credo che il pluralismo religioso che si incontra a scuola oltre a quello delle culture dev’essere valorizzato assieme a chi non appartiene a nessuna religione. Ignorare comunque, nella nostra storia e nella nostra tradizione chi è Gesù Cristo, penso sia banalizzare anche le altre religioni presenti sul territorio. Per coloro che non si avvalgono sarebbe invece giunto il momento di trovare una vera alternativa culturalmente valida, nella quale impegnarsi ed essere valutati. Sul nulla, comunque e sempre, non si può valutare. Infine, a prescindere dalle polemiche, spero resti la stima dei miei alunni a garanzia del mio insegnamento. Penso che per un insegnante non si possa aggiungere altro al suo insegnamento. Si potrà cambiare? Non certo con le sentenze.

Nereo Tiso
Consigliere comunale PD - Padova
-

Che fatica partecipare!

Dò il benevenuto a voi che vi sottoponente al
sacrificio di esserci, di contribuire a questa finestra. Qui dialogo e
approfondimenti troveranno terreno fertile.
Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran