lunedì 26 gennaio 2009

La speranza della paura...


di Nereo Tiso
Sembra un po’ paradossale, ma in effetti finché la paura sarà gestita e garantita, non verrà mai meno e, anzi, sarà efficace soprattutto per creare consenso. Nel senso che lancio il sasso nello stagno; dico di risolvere i problemi tranquillizzando i cittadini, ma alla fine, è la non tranquillità che mi crea il consenso. Ed ecco quindi gli ultimi provvedimenti, non ancora divenuti legge, che hanno in qualche modo cercato di “tutelare” i cittadini dai clandestini. Un primo provvedimento è il “reato di clandestinità”. Le persone senza permesso di soggiorno, non forzatamanete clandestini, presenti sul nostro territorio (circa 700.000) e i nuovi arrivati (46.000 nel 2008), solo per il fatto di essere presenti e non di essere entrati, commetteranno reato e potranno essere perseguite. Capito che arrestare tutti aveva qualcosa che andava a gravare in modo significativo sul bilancio dello stato, ecco trasformare l’arresto con l’ammenda da 5 a 10.000 euro. Non solo, ma chi cercherà di nascondere un o una clandestina, verrà denunciato. Oppure ancora, obbligo di fideiussione di 10.000 euro per gli stranieri che vogliono aprire una attività in proprio. Ma non basta. La Regione Friuli propone l’eliminazione dell’assistenza sanitaria per i clandestini contravvenendo, tra l’altro, alla legge Bossi-Fini che parla di tutela del diritto alla salute e al DL 286/98 che prevede cure ambulatoriali e ospedaliere anche se non essenziali. La regione Veneto, nonostante lo sbraitare, fa marcia indietro E ancora, è in discussione la proposta di aumentare il costo per la richiesta di permesso di soggiorno di 200 euro. Di fronte a ciò, ci si pone il problema se la questione immigrazione può essere affrontata solo con provvedimenti volutamente senza futuro se non quello di far crede di risolvere i problemi dell’immigrazione creando uno stato d’animo carico di tensione che si attenua in ragione del provvedimento ma che, di fatto, non risolve io problema e non elimina la paura. Perché? Chi controllerà i clandestini? Forse verranno investiti i comuni? Con quali risorse? Forse si spera che aumentando la tassa per il permesso di soggiorno si arrivi a far emergere la clandestinità o piuttosto, dato che bisogna pagare, questo provvedimento non la favorirà? E se un’anziana con pochi euro di pensione ospita in casa sua una donna senza permesso di soggiorno (clandestina?) solo perché non si riesce ad averlo, arrivata un attimo dopo la chiusura delle liste, cosa si fa? Si mette in galera l’anziana, si multa la clandestina, e la si espelle? Alla fine, segnali di fumo per inebriare. Semplice, no! Il travisamento della realtà, creando angoscia e paura soprattutto nelle persone più deboli; i provvedimenti che non offrono speranza, ma che scelgono sempre l’ossessiva ricerca del male, tentando delle risposte per un’effimera sensazione di sicurezza, offrono forse, soluzioni a breve che però, se non associate a una seria e lungimirante proposta di integrazione (non di assimilazione), di scolarizzazione, di riconoscimento delle potenzialità altrui, del lavoro, della ricchezza creata ormai necessaria alla nostra economia e al nostro sviluppo non si potrà far crescere una società nuova e giusta. Forse qualcuno pensa che, nel mondo globalizzato nel quale l’abbattimento delle frontiere sarà continuo, potremo fermare chi viene nel nostro paese in qualsiasi modo? Forse pensiamo che i reati e le vessazioni dei provvedimenti faranno sentire gli italiani più italiani, più tranquilli e più sicuri? Se da una parte la sicurezza deve essere garantita ai cittadini quale valore per una convivenza serena, nell’osservanza delle leggi e nella certezza della pena, dall’altra parte aspirare a una trasformazione positiva del nostro modo di vivere accorgendoci che non è con la paura che si risolvono i problemi, può dare quella fiducia che manca nella sola repressione. Religioni, culture, ma soprattutto uomini e donne dovranno assumersi responsabilità sempre più importanti con garanzia di reciprocità e attenzione. Agire perché questo avvenga sempre in modo pacifico e costruttivo, nel rispetto e nel dialogo, prevenendo ogni tentazione di conflitto e di sopraffazione, diventa una condizione necessaria. Ridurre la propaganda, affermare la legalità, non coltivare la paura e prepararsi al futuro altrimenti i nostri figli, cosa diranno dei loro genitori? Certamente non ci si asciugherà le lacrime con un fazzoletto verde.



domenica 11 gennaio 2009

S.Rossi, La Regina e il Cavallo.Quattro mosse contro il declino, ed. Laterza




di Nereo Tiso


Un piccolo libro per affrontare un grande tema attuale: il declino del sistema economico italiano. L’autore cerca di capire, attraverso l’intervista ad alcuni imprenditori, quale sia il loro modo di fare impresa e come questi affrontano le difficoltà che incontrano in un periodo complesso come quello che si sta vivendo da alcuni anni. Rossi propone alcune mosse del gioco degli scacchi: un gioco non qualsiasi. Infatti è un gioco fatto di pazienza, intelligenza e scelte strategiche e non solo arroccamenti. In sostanza non bisogna mai stancarsi di cambiare, anche stravolgendo scelte che prima sembravano assolute per il buon funzionamento aziendale; tecnologie avanzate, ricerca e tutto ciò che sa di innovazione dovrà essere utilizzato per affrontare il “declino”. La prima mossa, sempre secondo l’autore, è aumentare le dimensioni delle imprese: è l’unico modo per affrontare il repentino cambiamento tecnologico. Seconda mossa è legata alla concorrenza: necessario rimuovere gli ostacoli che si inseriscono nelle imprese. La terza mossa sarà legata alla diffusione e alla promozione dell’innovazione. Questa, il nostro autore, la chiama letteralmente “manovra di cavallo”. E’ sicuramente legata alle dimensioni dell’impresa: la piccola impresa non è in grado di affrontare l’acquisizione di ricerca avanzata e di gestirla. Ultima mossa, ma non la meno importante, è il nodo dell’Istruzione e della conoscenza. Mettere a disposizione un’istruzione superiore adatta alle imprese. Certamente creare un ambiente favorevole alle imprese senza complicazioni che talvolta diventano vessazioni, ma allo stesso tempo imprese che si rinnovano per non subire scacco

martedì 6 gennaio 2009

Election day in un momento di crisi!



di Nereo Tiso (pubblicato Sulla Difesa del Popolo del 4 gennaio 2009)
La burrasca finanziaria non si scompone e prosegue senza sosta la sua corsa lasciando sul terreno una gravissima crisi mondiale che vede la “verità” irreale e surreale del mercato senza merci e senza produzione, senza fabbriche e senza sirene, messa profondamente in discussione. Le soluzioni economiche tardano a venire se non con slogan lanciati e tamponamenti, che offrono respiri temporanei, ma che poi appesantiscono ancora il fiato delle borse e sembrano avere muscoli deboli, alimentati da un cibo poco nutriente: la mancanza di fiducia. Anche il nostro paese ne è coinvolto nonostante i tentativi di ricorrere ai consumistici entusiasmi natalizi come se fossero il volto buono della cattiva crisi. E’ in questo clima europeo, nazionale e locale, che il 6 e il 7 giugno 2009 ci aspetta un appuntamento politico importantissimo. Anzi, un doppio appuntamento: elezioni europee e amministrative. I cittadini europei dei 25 paesi che costituiscono la Comunità dovranno eleggere i loro rappresentanti, che si occuperanno innanzitutto di ridare valore a questa Europa che vede i paesi entrati da poco, scalpitare per emergere da una difficile situazione economica e altri pur essendo stati tra i pionieri della Comunità, continuare ad essere scettici sul valore di questo straordinario ruolo che può avere l’Europa all’interno del mondo globalizzato anche per la soluzione della pesante crisi economica. Altri, come l’Italia, cercano compromessi per recuperare credibilità dopo avere rifiutato in modo decisamente poco “europeista” di firmare l’accordo sulla riduzione delle emissioni inquinanti e aumentare contemporaneamente gli investimenti sulle energie alternative. Anche gli italiani dovranno andare ad eleggere i loro parlamentari ma, con quale legge? Sembra silente la proposta che metteva in disparte i cittadini i quali non avrebbero avuto la possibilità di scegliere i loro rappresentanti dovendo votare, ancora una volta miserevolmente, la lista decisa dalle segreterie romane dei partiti. Questo, almeno, può essere la probabile soluzione. In sostanza niente confusione, né sottomissione.
E arriviamo ora all’altro importante test elettorale: le amministrative. Si andrà a votare per comuni e province, anche se molti vorrebbero abolire quest’ultime come enti che hanno fatto la loro storia. Ma in quale situazione politica si va a votare? Quale lo spirito dei cittadini di fronte alla classe politica? Certo è che quando si parla di “questione morale” viene da rabbrividire soprattutto nel modo in cui viene usata. Forse qualcuno può considerarsi a priori, moralmente senza difetti? Se da una parte la politica è la “più alta espressione della carità”, dall’altra coloro che vengono eletti dovranno avere chiaro, anzi chiarissimo, che il loro compito è operare responsabilmente per il bene comune. Ma ecco che le proposte politiche si rincorrono, spesso sguaiate; si lanciano messaggi sulla sicurezza anche a livello locale per combattere la criminalità, ma poi…le armi sono spuntate e gli slogan non hanno soluzioni; si parla di giustizia sociale nella quale i comuni sono in prima linea, ma le risorse scarseggiano; si parla di casa, ma i soldi per costruirle, dove sono? Si parla di famiglie in difficoltà, di disabili, di anziani ecc., un impegno sempre presente nelle proposte delle campagne elettorali.
Come sappiamo anche nella nostra città, come in molti altri comuni della diocesi, si dovrà scegliere il nuovo sindaco. Il sindaco uscente sembra, dopo lunghe attese, essersi messo a disposizione del partito per una sua eventuale ricandidatura. L’attuale opposizione sta ancora cercando il suo candidato. Tutto ciò sembra assolutamente prassi nei meccanismi interni ai vari schieramenti. Ma i cittadini si fidano ancora della politica, anzi, dei politici? Che posto hanno i cittadini, con le loro difficoltà, le loro richieste sempre più pressanti, la loro stanchezza? Certo è che da anni l’attenzione alla politica come politica, cioè l’azione per il governo della polis, viene meno. Ma la politica ha la necessità di rigenerarsi con proposte chiare, possibili da realizzare, concrete, di idee nuove, di risposte; magari provenienti da volti nuovi, con un nuovo modo di porsi, con un nuovo linguaggio che possa abbattere steccati ideologici e che sia comprensibile. Insomma, bisogna guardare al domani con una proposta che apra gli occhi su una città nella quale si possa vivere meglio e le famiglie possano avere speranza. Perché se politica non è anche speranza, che cos’è?
E in tutti ciò i cattolici dove sono? Possono avere un ruolo o dovranno nascondersi dietro ai simboli dei partiti? Il richiamo del papa a “impegnarsi in politica” ci mette davanti ad una grande responsabilità e, forse, ad una grande aspettativa. Non c’è più il partito dei cattolici, ma ci sono i partiti con i cattolici. Ed è lì che ognuno dovrà operare senza arroganza, preparandosi, impegnandosi; proporre, avere idee nuove e costruttive, creare pensiero senza nessun timore; aprirsi al dialogo trovando soluzioni condivise. Insomma non si può rimanere ad ascoltare o a guardare. Anche la nostra città, come la provincia, ha bisogno di una politica nuova e di politici che abbiano a cuore il destino di questa città a partire da chi è più debole. Nessuno dovrà trovarsi solo.

domenica 4 gennaio 2009

Muhammad Yunus, Un modo senza povertà, ed. Feltrinelli, Milano


di Nereo Tiso


Si pensa che i sogni non si realizzino, soprattutto i grandi sogni: sembrano impossibili. Mohammad Yunus, premio Nobel per la Pace, ha realizzato il suo sogno affrontando il sistema povertà con le armi dell’economia e dell’imprenditoria. Intuisce che anche i poveri possono essere imprenditori e che, per esserlo, hanno bisogno di risorse e di sentirsi partecipi alla loro realizzazione trovando spazi, a loro volta, per iniziare altri poveri ad essere imprenditori. Il sogno di Yunus si è trasformato in un grande sistema di economia sociale che fa dell’economia imprenditoriale uno strumento per riuscire a portare avanti il modo migliore per risollevare i poveri dalla loro situazione. Non solo microcredito per la Grameen Bank della quale è fondatore, bensì tutta una serie di investimenti che portano benessere tra i poveri senza svilirne le loro culture, i loro stili di vita e, persino, i loro gusti …gastronomici. Egli ha spinto il “mondo degli affari a fare qualcosa per l’universo dei poveri” nel senso che questo mondo ha fatto “affari” offrendo ai poveri opportunità di sviluppo. E’ questo in sostanza uno dei criteri del banchiere bengalese. Operare nel mercato con criteri di mercato ma in un’economia sociale a sostegno di economie deboli. Ed è così che ha fondato società per le telecomunicazioni con milioni di abbonati, una società di softwear, una tessile, alcune società agro- alimentari. E’ arrivato a creare una società di produzione di yogurt attraverso un accordo con la Danone. Con un lavoro di ricerca, ha potuto capire che lo yogurt, addizionato di certe vitamine, poteva far crescere più sani i bambini. Tutto ciò costruito su criteri di fiducia accordata alla comunità che gravita attorno alla Grameen Bank, alla spinta innovativa e imprenditoriale che costruisce benessere e restituisce il credito (le insolvenze sono bassissime). E ancora costruendo e facendo impresa sociale per sradicare la povertà e rinnovare un sistema di vita anche attraverso lo sviluppo delle energie rinnovabili, della raccolta dei rifiuti differenziata e molto altro. Occasioni di sviluppo che Mohammad Yunus e la Grameen Bank hanno saputo cogliere e far cresce sempre in linea con quanto “sognato” inizialmente: far uscire i poveri dal loro stato.

George Soros, Cattiva Finanza, Fazi Editore



di Nereo Tiso


L’autore è uno dei maggiori finanzieri che operano sui mercati e che cerca, mediando dalla sua esperienza, di dare delle risposte all’attuale crisi economica mondiale. Sicuramente riesce a far capire al lettore, anche se non in maniera sempre semplice, le ragioni di una crisi che nasce dallo stesso modello economico che prima l’aveva sostenuta. Non solo, è proprio una errata interpretazione della realtà; una visione distorta e poco accorta hanno creato il disequilibrio precipitato poi nella crisi. Nella sua teoria della “riflessività”, Soros parla di un riequilibrio dei mercati finanziari anche se questa non può essere una scienza esatta. Infatti è “una teoria della storia, che però non può aspirare al titolo di scienza, perché non offre spiegazioni e previsioni deterministiche”. Quindi una successione di eventi della storia dove la partecipazione dell’uomo diventa fondamentale. Ed è proprio in questo continuo movimento tra uomo, natura e storia che si parla di riequilibrio dei mercati; non una certezza scientifica, bensì un percorso di riequilibrio, quindi fondato sull' incertezza. In effetti, scrive ancora il nostro autore, i paradigmi che oggi vengono presi in considerazione dai mercati riguardano solo i rischi conosciuti e non anche “le conseguenze dei propri difetti e dei propri errori di giudizio”. Nella terza parte del libro, l’autore analizza le ragioni della bolla o delle bolle speculative immobiliari che hanno messo in crisi i mercati: una sorta di fondamentalismo del mercato come conseguenza della crescita esponenziale dei mercati finanziari. Spalmare il rischio, com’era previsto, non ha eliminato il rischio, anzi l’ha accentuato. Certo è, comunque, che Soros ha raggiunto i suoi traguardi economici attraverso la speculazione finanziaria che ora si trova a criticare. Nel volume dà ampio risalto al suo percorso di “speculatore di successo” dedicandovi un capitolo intero.
Da tutta questa sua riflessione, le previsioni sono che si potrà uscire dalla crisi, riconoscendo comunque, la fine di un’era e cioè quella nella quale gli Stati Uniti e il dollaro erano dominatori mondiali. Certamente una crisi forte dalla quale si potrà riemergere, rinascendo attraverso “un nuovo ordine mondiale”

Che fatica partecipare!

Dò il benevenuto a voi che vi sottoponente al
sacrificio di esserci, di contribuire a questa finestra. Qui dialogo e
approfondimenti troveranno terreno fertile.
Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran