martedì 2 marzo 2010

ASSEGNAZIONE DEL PREMIO NOBEL PER LA PACE AI GIUSTI RWANDESI


di Nereo Tiso in Consiglio Comunale -Padova -



Il genocidio rwandese consumatosi nella prima metà degli anni novanta, è stato uno dei simboli delle mostruosità che l’uomo può raggiungere. Le violenze inaudite messe in atto causate dalla guerra civile, se mai una guerra può dirsi “civile”, hanno portato il Rwanda nel baratro della sofferenza e della morte. Purtroppo anche le più gravi atrocità si tende a dimenticarle o ricordarle nelle ricorrenze ufficiali certamente insufficienti perché queste vicende possano stabilmente essere inserite in quel ‘900 che tanto ha dato al mondo ma che, allo stesso tempo, purtroppo, ha condotto l’uomo nei periodi più bui della sua storia facendo riemergere che egli è il “Lupo di se stesso”.

I racconti dei testimoni della tragedia rwandese hanno messo in luce le ragioni della tragedia che ha dietro di sé anni di odio atavico tra etnie, emerso con forza dopo la decolonizzazione, che una scintilla ha fatto esplodere come una polveriera. Le testimonianze ricordano che stupri, carneficine, l’uccisione dei bambini erano una sorta di routine quotidiana dalla quale sembrava non poterne uscire se non da morti.

Ma forse è dal peggior uomo che può nascere il migliore, dall’ingiustizia che può nascere la giustizia, dal malvagio il buono. Ed è da questa tragedia che si riscopre la forza del desiderio che comunque molti uomini e donne hanno dentro di sé, di aiutare un’altra vita che si trova in difficoltà se non, addirittura, che sta per essere uccisa. Ed è proprio quando, la spinta emotiva, la situazione contingente e la storia semplice ma forte di alcune persone, hanno fatto sì che si attenuasse, almeno in parte, la furia omicida dell’odio rwandese.

Credo che le donne rwandesi abbiano avuto una ruolo importante nel soccorrere chi era nel pericolo, con il loro fortissimo istinto di madri africane e allo stesso tempo di donne costrette nella loro vita a gestire continuamente la sofferenza propria e dei loro figli e, talvolta, anche quella dei figli degli altri per l’assenza cronica e drammatica di figure maschili di riferimento a sostenerle. L’Africa si muove sulle spalle delle donne e quelle rwandesi ne sono state e ne sono grandi testimoni.

Due di loro, Zura Karuimbi e Jacquelin Mukansonera, sono state insignite dal Comune di Padova. Assieme a Pierantonio Costa, del titolo di “Giuste del mondo”, e non a caso, non solo hanno rischiato la loro vita per salvare quella degli altri, ma ora si stanno battendo per i diritti dell’uomo nel loro paese e per aiutare i bambini in grave difficoltà. Le loro storie sono uniche in sé, ma forse sono anche il simbolo di molte altre storie, grandi storie nascoste ma che fanno grandi donne e uomini che hanno rischiato la vita per gli altri. È per questo, forse, che si può dire che l’uomo è in grado di andare oltre l’odio.

Zura Karuimbi, che ho conosciuto personalmente perché è venuta ad incontrare gli alunni della scuola dove insegno, ha saputo catalizzare lo sguardo attonito dei ragazzi che, in silenzio, hanno ascoltato la forza di questa donna ultraottantenne che ha operato in mezzo a mille rischi e l’ha fatto perché i suoi genitori l’avevano a loro volta fatto e perché aveva fiducia nell’uomo e una grande speranza in Dio.

Mi sento di sostenere con forza questo impegno del Comune per assegnare il premio nobel per la pace ai giusti rwandesi perché lo ritengo un grande momento per la nostra città, per la pace in Rwanda, per i rwandesi, per l’Africa, ma soprattutto per le donne africane le quali portano il continente sopra le lo spalle.

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Dò il benevenuto a voi che vi sottoponente al
sacrificio di esserci, di contribuire a questa finestra. Qui dialogo e
approfondimenti troveranno terreno fertile.
Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran