giovedì 30 ottobre 2008

Dove va la scuola…


Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio, saprà che si sta parlando, anzi, urlando, di scuola. Purtroppo si è costretti agli straordinari per riuscire, con fermezza, a ribadire che la Scuola italiana, ha bisogno di vita e di vitalità e non di scelte che poco hanno a che vedere con la formazione delle future generazioni.
Stiamo assistendo a decisioni vessatorie contro chi frequenta la scuola come studente con il diritto di ricevere una formazione adeguata e come docente, che ha il dovere di formare. Certo è che il Decreto Gelmini N. 137, convertito in legge proprio ieri, 29 ottobre, porta da un’altra parte e cioè alla riduzione della possibilità di poter fruire di un servizio essenziale non solo per gli studenti, ma per l’Italia intera. La speranza è che l’Italia, appunto, non sia diventata grande solo per santi, poeti e navigatori ma che abbia la possibilità di diventare saggia, intraprendente, competitiva attraverso un sistema scolastico e universitario degno di questo nome.
La povera ministra Gelmini, messa a sedere dal “Distributore” di incarichi sulla sedia di quel ministero, è l’esempio lampante dell’ inutilità della sua presenza oltre (ma qui è in buona compagnia) che ad essere gravata dall’incompetenza. Mi chiedo: possibile che ci siano persone che non hanno la più pallida idea di cosa sia “Scuola” al Ministero dell’istruzione dell’Università e della ricerca? Possibile che non si riesca a capire che i decreti, usati come una scimitarra per tagliare drasticamente gli investimenti, mortificano tutto il mondo dell’istruzione, dell’Università e della ricerca, oltre, chiaramente, a delegittimare il Parlamento? E’ una ricetta che, davanti al dolore di una mano, taglia il braccio.
Si capisce che grembiuli e voti in condotta hanno il colore della beffa edulcorata di fronte all’intervento di riduzione massiccia degli investimenti e l’eliminazione drastica dei maestri, figure scolastiche di riferimento per i bambini, lasciando spazio ad un’ educazione costretta a riconoscersi solo in quella del libro Cuore e trovando i sostituti dentro lo schermo della TV in trasmissioni intrise di falsità e stupidità.
Purtroppo si parla solo di Decreto Gelmini, ma è la legge finanziaria, approvata in soli nove minuti, che mostra il futuro della scuola e dell’Università. In sostanza: se alla scuola primaria verrà ridotto i numero dei maestri, alla scuola superiore verrà aumentato il numero di alunni per classe, ridotto i numero di ore per settimana, accorpate le cattedre (cioè un insegnate potrà insegnare più materie diventando così “esperto in tutto”); alle Università sarà ridotto il turn over (due nuovi docenti per dieci pensionati), saranno ridotti i trasferimenti ordinari. Che cosa dovremo aspettarci ancora?
Certo è che qualcosa, comunque va modificato, anche radicalmente e lo si deve dire ad alta voce, senza timore, discutendolo tra competenti in grado di parlare di scuola, di Università, di ricerca non utilizzando esclusivamente il metro economico, ma investendo per educare e formare donne e uomini che saranno in futuro capaci di affrontare un modo che cambia radicalmente e repentinamente. Pertanto si dovranno sostenere le eccellenze, senza dimenticarsi di quelli che faticano o hanno delle disabilità; si dovranno formare nuovi docenti, preparati, che si dedichino con passione e competenza alla scuola, mettendo in grado gli altri di stare al passo; si dovrà riorganizzare il sistema scuola eliminando gli sprechi senza tagliare gli investimenti; si dovranno perseguire le “baronie” e i furbi dei concorsi truccati facendo sì che la stragrande maggioranza che fa seriamente ricerca e lavora per costruire e non per deteriorare l’Università, di poter vedere garantiti investimenti necessari alla loro opera per la crescita culturale, scientifica e tecnologica dei giovani e del Paese.
Ci si chiede quindi quale scuola e quale Università abbiano pensato i nostri governanti. Forse alle tre I (impresa, informatica e inglese) andrà a sommarsene un’altra: quella di Imbecillità, garanzia di silenzio e sottomissione.


Nereo Tiso

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Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran