
Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio, saprà che si sta parlando, anzi, urlando, di scuola. Purtroppo si è costretti agli straordinari per riuscire, con fermezza, a ribadire che la Scuola italiana, ha bisogno di vita e di vitalità e non di scelte che poco hanno a che vedere con la formazione delle future generazioni.
Stiamo assistendo a decisioni vessatorie contro chi frequenta la scuola come studente con il diritto di ricevere una formazione adeguata e come docente, che ha il dovere di formare. Certo è che il Decreto Gelmini N. 137, convertito in legge proprio ieri, 29 ottobre, porta da un’altra parte e cioè alla riduzione della possibilità di poter fruire di un servizio essenziale non solo per gli studenti, ma per l’Italia intera. La speranza è che l’Italia, appunto, non sia diventata grande solo per santi, poeti e navigatori ma che abbia la possibilità di diventare saggia, intraprendente, competitiva attraverso un sistema scolastico e universitario degno di questo nome.
La povera ministra Gelmini, messa a sedere dal “Distributore” di incarichi sulla sedia di quel ministero, è l’esempio lampante dell’ inutilità della sua presenza oltre (ma qui è in buona compagnia) che ad essere gravata dall’incompetenza. Mi chiedo: possibile che ci siano persone che non hanno la più pallida idea di cosa sia “Scuola” al Ministero dell’istruzione dell’Università e della ricerca? Possibile che non si riesca a capire che i decreti, usati come una scimitarra per tagliare drasticamente gli investimenti, mortificano tutto il mondo dell’istruzione, dell’Università e della ricerca, oltre, chiaramente, a delegittimare il Parlamento? E’ una ricetta che, davanti al dolore di una mano, taglia il braccio.
Si capisce che grembiuli e voti in condotta hanno il colore della beffa edulcorata di fronte all’intervento di riduzione massiccia degli investimenti e l’eliminazione drastica dei maestri, figure scolastiche di riferimento per i bambini, lasciando spazio ad un’ educazione costretta a riconoscersi solo in quella del libro Cuore e trovando i sostituti dentro lo schermo della TV in trasmissioni intrise di falsità e stupidità.
Purtroppo si parla solo di Decreto Gelmini, ma è la legge finanziaria, approvata in soli nove minuti, che mostra il futuro della scuola e dell’Università. In sostanza: se alla scuola primaria verrà ridotto i numero dei maestri, alla scuola superiore verrà aumentato il numero di alunni per classe, ridotto i numero di ore per settimana, accorpate le cattedre (cioè un insegnate potrà insegnare più materie diventando così “esperto in tutto”); alle Università sarà ridotto il turn over (due nuovi docenti per dieci pensionati), saranno ridotti i trasferimenti ordinari. Che cosa dovremo aspettarci ancora?
Certo è che qualcosa, comunque va modificato, anche radicalmente e lo si deve dire ad alta voce, senza timore, discutendolo tra competenti in grado di parlare di scuola, di Università, di ricerca non utilizzando esclusivamente il metro economico, ma investendo per educare e formare donne e uomini che saranno in futuro capaci di affrontare un modo che cambia radicalmente e repentinamente. Pertanto si dovranno sostenere le eccellenze, senza dimenticarsi di quelli che faticano o hanno delle disabilità; si dovranno formare nuovi docenti, preparati, che si dedichino con passione e competenza alla scuola, mettendo in grado gli altri di stare al passo; si dovrà riorganizzare il sistema scuola eliminando gli sprechi senza tagliare gli investimenti; si dovranno perseguire le “baronie” e i furbi dei concorsi truccati facendo sì che la stragrande maggioranza che fa seriamente ricerca e lavora per costruire e non per deteriorare l’Università, di poter vedere garantiti investimenti necessari alla loro opera per la crescita culturale, scientifica e tecnologica dei giovani e del Paese.
Ci si chiede quindi quale scuola e quale Università abbiano pensato i nostri governanti. Forse alle tre I (impresa, informatica e inglese) andrà a sommarsene un’altra: quella di Imbecillità, garanzia di silenzio e sottomissione.
Nereo Tiso
Stiamo assistendo a decisioni vessatorie contro chi frequenta la scuola come studente con il diritto di ricevere una formazione adeguata e come docente, che ha il dovere di formare. Certo è che il Decreto Gelmini N. 137, convertito in legge proprio ieri, 29 ottobre, porta da un’altra parte e cioè alla riduzione della possibilità di poter fruire di un servizio essenziale non solo per gli studenti, ma per l’Italia intera. La speranza è che l’Italia, appunto, non sia diventata grande solo per santi, poeti e navigatori ma che abbia la possibilità di diventare saggia, intraprendente, competitiva attraverso un sistema scolastico e universitario degno di questo nome.
La povera ministra Gelmini, messa a sedere dal “Distributore” di incarichi sulla sedia di quel ministero, è l’esempio lampante dell’ inutilità della sua presenza oltre (ma qui è in buona compagnia) che ad essere gravata dall’incompetenza. Mi chiedo: possibile che ci siano persone che non hanno la più pallida idea di cosa sia “Scuola” al Ministero dell’istruzione dell’Università e della ricerca? Possibile che non si riesca a capire che i decreti, usati come una scimitarra per tagliare drasticamente gli investimenti, mortificano tutto il mondo dell’istruzione, dell’Università e della ricerca, oltre, chiaramente, a delegittimare il Parlamento? E’ una ricetta che, davanti al dolore di una mano, taglia il braccio.
Si capisce che grembiuli e voti in condotta hanno il colore della beffa edulcorata di fronte all’intervento di riduzione massiccia degli investimenti e l’eliminazione drastica dei maestri, figure scolastiche di riferimento per i bambini, lasciando spazio ad un’ educazione costretta a riconoscersi solo in quella del libro Cuore e trovando i sostituti dentro lo schermo della TV in trasmissioni intrise di falsità e stupidità.
Purtroppo si parla solo di Decreto Gelmini, ma è la legge finanziaria, approvata in soli nove minuti, che mostra il futuro della scuola e dell’Università. In sostanza: se alla scuola primaria verrà ridotto i numero dei maestri, alla scuola superiore verrà aumentato il numero di alunni per classe, ridotto i numero di ore per settimana, accorpate le cattedre (cioè un insegnate potrà insegnare più materie diventando così “esperto in tutto”); alle Università sarà ridotto il turn over (due nuovi docenti per dieci pensionati), saranno ridotti i trasferimenti ordinari. Che cosa dovremo aspettarci ancora?
Certo è che qualcosa, comunque va modificato, anche radicalmente e lo si deve dire ad alta voce, senza timore, discutendolo tra competenti in grado di parlare di scuola, di Università, di ricerca non utilizzando esclusivamente il metro economico, ma investendo per educare e formare donne e uomini che saranno in futuro capaci di affrontare un modo che cambia radicalmente e repentinamente. Pertanto si dovranno sostenere le eccellenze, senza dimenticarsi di quelli che faticano o hanno delle disabilità; si dovranno formare nuovi docenti, preparati, che si dedichino con passione e competenza alla scuola, mettendo in grado gli altri di stare al passo; si dovrà riorganizzare il sistema scuola eliminando gli sprechi senza tagliare gli investimenti; si dovranno perseguire le “baronie” e i furbi dei concorsi truccati facendo sì che la stragrande maggioranza che fa seriamente ricerca e lavora per costruire e non per deteriorare l’Università, di poter vedere garantiti investimenti necessari alla loro opera per la crescita culturale, scientifica e tecnologica dei giovani e del Paese.
Ci si chiede quindi quale scuola e quale Università abbiano pensato i nostri governanti. Forse alle tre I (impresa, informatica e inglese) andrà a sommarsene un’altra: quella di Imbecillità, garanzia di silenzio e sottomissione.
Nereo Tiso