di Paolo Giaretta
Considerazioni sul voto
Direzione Provinciale del PD di Padova (1 giugno 2011)
Il sentimento che sentiamo più forte (e pienamente giustificato) è di limitarci a festeggiare una vittoria che per la sua dimensione e profondità è senza precedenti recenti. Finalmente, finalmente anche per il PD, che è tornato ad essere attrattivo in questa sfida.
Diciamo che dopo l’ammissione del referendum sul nucleare, con una ulteriore sconfitta della furbizia da poco messa in campo dal governo, c’è un altro modo per festeggiare: promuovere la partecipazione al referendum con quattro sonanti sì.
In ogni caso il compito dei gruppi dirigenti di un partito è di riflettere sempre sui risultati, quando sono negativi certamente, ma anche quando sono positivi, perché le battaglie sono sempre davanti.
Metto in fila perciò alcuni primi elementi di riflessione.
Una vittoria fuori discussione
La vittoria c’è stata ed è fuori discussione. Bastano poche cifre. Andavano al voto 133 comuni capoluogo o superiori a 15.000 abitanti. Il centrosinistra ne guidava73, con risultati di cinque anni fa che si pensavano non replicabili. Oggi ne guida 83. Il centrodestra aveva 55 comuni, oggi ne ha38. Ne restano 17 a formula varia, in una buona parte dei quali è presente il centrosinistra. Ancora più significativi sono i risultati dei comuni del Nord. Qui il centrosinistra passa da 17 comuni a 29 e il centrodestra da 27 a 8, perdendone17 a vantaggio del centrosinistra e conservandone solo 4 degli uscenti. Sempre nei 40 comuni maggiori del Nord il PD è il primo partito con il 27% dei consensi lasciando il PdL al 22,5 e la Lega al 10,9. Naturalmente i dati sono diversi nei comuni minori, in cui siamo relativamente più deboli, ma anche qui in molti casi pur non conquistando i Comuni si passa da una rapporto 2/3 1/3 a un 40/60 o vicino alla parità.
Una sberla della Madonnina (copyright La Padania)
La sconfitta di Berlusconi è stata pesantissima davvero, perché avviene su un terreno che finora era stato a lui del tutto favorevole: quello della capacità di interpretare i sentimenti profondi di un popolo. Questa volta B. non ci ha capito proprio niente. E’ rimasto prigioniero di un suo mondo auto costruito, fatto a sua immagine e somiglianza, pensando che gli italiani avessero in testa le sue priorità, che si animassero ancora a parlare di temi del cinquantennio scorso. Non ha capito che gli italiani erano alla ricerca di serietà, serenità, impegno condiviso di fronte alle incertezze del futuro e per molti di un presente faticoso. Che le condizioni materiali di milioni di italiani erano peggiorate davvero (anche se le analisi sui dati di Milano dimostrano che i ceti più deboli economicamente hanno continuato a votare di più il centrodestra…). Ha ancora offerto la rissa permanente e gli italiani hanno detto basta.
Lega: la propaganda e la realtà
Così come pesante è stata la sconfitta della Lega. Fino ad adesso era andata bene: come se fossero all’opposizione di Roma sul territorio, e invece ben dentro le poltrone romane a Roma. Ma quando si è al governo nelle tre grandi regioni del nord, in moltissimi comuni giocare all’opposizione contro Roma è un gioco che dura poco: chi vota vuole risposte e la Lega non ha saputo darle. Né quelle serie come il federalismo, ne quelle che si aspettavano tanti elettori di cui ha coltivato paure, xenofobie, chiusure.
Il Governo non ce la fa
Per questo penso che il Governo non reggerà. Non per scelta ma per usura. Potrei naturalmente sbagliarmi, ma certo dimostrano la debolezza politica del Governo le patetiche prime dichiarazioni di B. :Tremonti deve allargare i cordoni della borsa…Magari il problema fosse Tremonti. I cordoni della borsa purtroppo vanno stretti, perché ci attende una necessaria manovra di almeno 40 miliardi di euro. Occorre una cosa che il Governo no ha più, se mai la avuta: autorevolezza e credibilità. Chiedere oggi sacrifici in modo equo e proporzionato per costruire il futuro. Non lo ha saputo fare con una maggioranza larghissima, non potrà farlo con un leader destituito di credibilità interna ed internazionale, con un PdL frammentato in schegge impazzite, con la Lega alle prese con una rivolta della base ed un gruppo dirigente che già pensa alla successione a Bossi. Cosa ci possa essere dopo non lo sa nessuno: elezioni, governo di centrodestra senza B., governo del presidente…Non dipenderà da noi, a noi starà il compito di essere all’altezza dello scenario.
Per il PD buone notizie
Il PD è andato bene. Non occorre nascondere le debolezze che ci sono, specialmente al Sud. Ma date le condizioni di partenza non poteva andare meglio. Si è dimostrato autorevole ed affidabile nel costruire coalizioni vincenti, sacrificandosi quando occorreva. Su questa recuperata sintonia con il proprio elettorato si può rafforzare l’iniziativa politica del partito sotto la guida di Bersani, che ne esce molto rafforzato e perciò possiamo concentrarci sull’immagine ed il progetto da offrire al paese.
Penso che dobbiamo molto riflettere su un punto. Il nostro dibattito interno si è soffermato nell’ultimo anno su problemi che si sono dimostrati di nessun interesse per l’elettorato: i vecchi e i rottamatori, i moderati ed i radicali, i cattolici ed i laici, le alleanze a sinistra o al centro, partito pesante, partito leggero, ecc. Tutto spazzato via: hanno vinto vecchi esponenti politici d’apparato come Fassino a Torino (con il coraggio di primarie aperte), cattoliconi come Bosone a Pavia, uomini di sinistra come Pisapia a Milano, con alleanze con l’UDC o con alleanze classiche con Sel e Idv. Non è con le alchimie o con le formule astratte che si vince ma con la costruzione di un rapporto vero con l’elettorato, con la mediazione di personalità convincenti e di progetti che partono dalle condizioni reali del popolo, e non quelle delle élites politiche o sociali. Le diverse vittorie si realizzano in condizioni e con strumenti diversi ma hanno in comune la capacità dei vincitori di costruire coalizioni credibile perché capaci di evocare un sogno ed un progetto collettivo. Non tanto pezzi di carta programmatici firmati dai partiti ma un discorso pubblico coerente e credibile per le aspettative degli elettori.
Milano e Napoli: non solo lì e non fermarsi ai luoghi comuni
Milano e Napoli hanno dato il tono psicologico al giudizio sulle dimensioni della sconfitta berlusconiana, ma se analizziamo i dati comune per comune i dati segnalano specie al Nord un diffuso smottamento elettorale del centrodestra e la capacità del centrosinistra a tornare ad essere competitivo. Anche dove si è perso spesso si è perso con pochi voti, partendo da distacchi abissali. Piuttosto possiamo considerare la diversità delle due situazioni. A Milano principalmente vinciamo per il crollo della credibilità del centrodestra: cattiva amministrazione e cattiva politica. 5 anni fa il Prefetto Ferrante, candidato del centrosinistra, prende più voti anche in percentuale (ed anche come voti personali) di Pisapia. La differenza sono state due: la prima essenziale per la vittoria è che allora la Moratti vinse al primo turno e la seconda è che Pisapia (con l’aiuto del PD, rimessosi subito dallo choc della sconfitta alle primarie del proprio gruppo dirigente) è stato capace di trasformare un insediamento elettorale potenziale in una comunità civica convinta che si potesse vincere e cambiare Milano.
A Napoli sono stati sconfitti due conservatorismi, ed è bene che sia stato così. Il conservatorismo del PD, che non ha avuto la forza di aprire una fase di discontinuità con il fallimento amministrativo (fallimento indecoroso) di Bassolino e Jervolino. Aveva cercato di imporlo Veltroni, ma fu sconfitto. Il conservatorismo del PdL, che si è affidato ai vecchi circuiti della clientela, più o meno contigua con ambienti camorristici. Valgono le parole gravissime dette da Berlusconi “Non ho voluto consegnare la Carfagna alla camorra”. Incredibile!
Rivolgendo la sguardo al futuro e allo spazio che si è aperto per una incisiva azione del PD sottolineo tre aspetti in particolare.
Terzo polo a Chi l’ha visto
Il terzo polo tanto evocato non esiste. Non c’è stato alcun valore aggiunto. L’Udc si è preso i suoi viti, agli altri partner è andata qualche briciola, in particolare appare inesistente lo spazio politico per il Fli. Forse il fatto nuovo è che, a differenza delle scorse regionali, dove l’Udc si è alleato con noi non è andato male: alleanze costruite dal basso sono più comprensibili dagli elettori. Naturalmente il sistema maggioritario delle elezioni dei sindaci può penalizzare le forze intermedie. Tuttavia almeno nelle grandi aree urbane dove è maggiormente presente il voto di opinione se ci fosse stata questa attesa del terzo polo si sarebbe visto qualche segnale. Invece, tornando sempre ai dati dei comuni maggiori del Nord l’Udc è al 2,8%. Qualcheduno ha sentito parlare di “Verso Nord” o delle tante ipotesi cacciariane sulla necessità del centro?
La sinistra radicale
Qualche riflessione in più sul voto cosiddetto radicale. Anche qui molti commenti superficiali sulla stampa che non hanno molta attinenza con la realtà. Vendola vincitore perché ha fatto i Sindaci di Milano e di Cagliari? La realtà è molto diversa. A Milano Sel prende il 4,7% e a Cagliari il 7%. I candidati sindaci di Sel sono stati sindaci della coalizione e non hanno affatto trascinato il partito in un exploit elettorale. A Milano Pisapia ha risposto con molta nettezza a Vendola che cercava di mettere cappello sul risultato. Il grillismo: fenomeno molto composito, con voti dovuti talvolta ad un generico populismo, ad un sentimento antipolitico (che in genere lascia eredità di destra), alla presenza di candidati locali credibili ed autorevoli. Sbagliato fare di ogni erba un fascio. Intanto è positivo che comunque elettori escano dal recinto del non voto e scelgano dentro il recinto della rappresentanza. Poi occorre considerare che c’è stata una competizione accesa dentro la distribuzione del voto radicale: Sel, 5 stelle, Idv.…Fenomeno da non sottovalutare (ed inevitabile in una stagione così rissosa ed inconcludente della politica) ma neppure da esaltare. Le inqualificabili parole di Grillo sulla stagione di Pisapippa danno la carature del personaggio. E forse occorre che anche qualche nostro militante recuperi il senso dell’orgoglio del proprio partito, più che inseguire populismi che finora hanno solo costruito la vittoria di Cota in Piemonte. Luca Ricolfi sulla “Stampa” ha sostenuto che l’unico vero vincitore di queste elezioni sarebbe il partito di Santoro, intendendo la composita area della protesta. Indubbiamente, sempre restando sui comuni maggiori del Nord i voti a Idv. (3,4), Sel (4,6), Verdi e RC (2,7), Movimento 5 stelle (4,3) assommano ad un 15% degli elettori. E’ tuttavia una percentuale che non si discosta da risultati precedenti, sia pure diversamente redistribuiti. Nel 2006 senza Idv. Rifondazione Comunista, Verdi e Comunisti italiani presero l’11,6%, e si tratta del dato nazionale, certamente molto più forte nelle stesse aree dei comuni del nord.
Un mondo cattolico in movimento
Il terzo elemento riguarda la Chiesa Cattolica. E’ forse l’ambiente in cui le dissennate avventure erotiche del cavaliere e la sua inconcludenza governativa hanno prodotto più radicali cambiamenti di giudizio. La linea espressa più o meno ufficialmente da “Avvenire” è profondamente cambiata, con esplicite critiche alla linea del Governo, ai comportamenti del Cav. al clima di rissa pubblica provocata, agli attacchi alle alte istituzioni. E nel merito critiche per la mancanza di adeguate politiche sociali, familiari, ecc. E’ una svolta importante, perché non c’è dubbio che una parte di gerarchia aveva finora tenuto un atteggiamento di sostegno acritico alla maggioranza. Anche qui si apre una nuova stagione. Gli interventi del card. Bagnasco alle Assemblee dei vescovi italiani certamente non contengono cose tutte condivisibili per tutti gli elettori e dirigenti del PD. E tuttavia c’è una analisi antropologica sui temi dei diritti umani, della giustizia sociale, della dimensione valoriale della partecipazione democratica che tutti dovremmo ascoltare con più attenzione e curiosità.
Linea chiara per il futuro, con ottimismo
Sta a noi ora saper cogliere queste nuove opportunità. Nel Veneto il vento è stato forse un po’ meno impetuoso, o più debole l’effetto in casa leghista, ma anche qui non sono mancati segnali importanti. Anche dove si è perso si è stati spesso pienamente competitivi.
Credo che dobbiamo guardarci solo da due rischi principali. Il primo è il giudizio semplicistico: abbiamo già vinto le politiche. Io non credo affatto ad una capacità di risurrezione del cavaliere: ha perso la cosa più difficile da riconquistare, la credibilità personale e la credibilità come leader capace di esercitare con forza la leadership, che erano le sue principali risorse. Tra l’altro bisognerà pur ricordare che tra le sue corde ci sarà una grande capacità comunicativa ma non c’è la capacità di governo. Tutte e tre le volte che gli italiani gli hanno dato il mandato di governare (1994, 2001, 2008) non è stato capace di gestire la sua maggioranza e di produrre convincenti azioni di governo, perdendo sempre la volta successiva. Però questo può complicare la situazione. Il nostro prossimo avversario non sarà Berlusconi, potrebbe essere un leader più credibile, capace di mettere insieme un elettorato di centrodestra, che resta in Italia prevalente come sentimento di base.
Il secondo rischio è che il PD non sappia essere il motore del cambiamento che l’elettorato si attende. Che lasci che altri diventano protagonisti di questo domanda inevasa dell’elettorato. Per questo occorre saper essere, come ho detto più volte radicali nelle proposte e moderati nel linguaggio e nell’approccio. Ma radicali nelle proposte di cambiamento. L’esperienza di Pisapia a Milano insegna proprio questo. Una credibilità personale nel mondo della sinistra storica milanese, ma una scelta di campo decisa nell’uscire dall’insediamento elettorale, dai linguaggi, dai luoghi comuni della tradizione di sinistra, conservandone i valori di fondo ma declinandoli nella modernità. Per questo capace di attrarre, al di là di alleanze politiciste, i consensi dei tanti elettori “indipendenti” che decidendo di partecipare o meno al voto e se votare sul centrosinistra o sul centrodestra sono decisivi per ogni competizione elettorale. Il PD non si impicchi sulle formule delle alleanze ma dimostri di essere capace di avere questa forza attrattiva dell’elettorato decisivo.
Il sentimento che sentiamo più forte (e pienamente giustificato) è di limitarci a festeggiare una vittoria che per la sua dimensione e profondità è senza precedenti recenti. Finalmente, finalmente anche per il PD, che è tornato ad essere attrattivo in questa sfida.
Diciamo che dopo l’ammissione del referendum sul nucleare, con una ulteriore sconfitta della furbizia da poco messa in campo dal governo, c’è un altro modo per festeggiare: promuovere la partecipazione al referendum con quattro sonanti sì.
In ogni caso il compito dei gruppi dirigenti di un partito è di riflettere sempre sui risultati, quando sono negativi certamente, ma anche quando sono positivi, perché le battaglie sono sempre davanti.
Metto in fila perciò alcuni primi elementi di riflessione.
Una vittoria fuori discussione
La vittoria c’è stata ed è fuori discussione. Bastano poche cifre. Andavano al voto 133 comuni capoluogo o superiori a 15.000 abitanti. Il centrosinistra ne guidava73, con risultati di cinque anni fa che si pensavano non replicabili. Oggi ne guida 83. Il centrodestra aveva 55 comuni, oggi ne ha38. Ne restano 17 a formula varia, in una buona parte dei quali è presente il centrosinistra. Ancora più significativi sono i risultati dei comuni del Nord. Qui il centrosinistra passa da 17 comuni a 29 e il centrodestra da 27 a 8, perdendone17 a vantaggio del centrosinistra e conservandone solo 4 degli uscenti. Sempre nei 40 comuni maggiori del Nord il PD è il primo partito con il 27% dei consensi lasciando il PdL al 22,5 e la Lega al 10,9. Naturalmente i dati sono diversi nei comuni minori, in cui siamo relativamente più deboli, ma anche qui in molti casi pur non conquistando i Comuni si passa da una rapporto 2/3 1/3 a un 40/60 o vicino alla parità.
Una sberla della Madonnina (copyright La Padania)
La sconfitta di Berlusconi è stata pesantissima davvero, perché avviene su un terreno che finora era stato a lui del tutto favorevole: quello della capacità di interpretare i sentimenti profondi di un popolo. Questa volta B. non ci ha capito proprio niente. E’ rimasto prigioniero di un suo mondo auto costruito, fatto a sua immagine e somiglianza, pensando che gli italiani avessero in testa le sue priorità, che si animassero ancora a parlare di temi del cinquantennio scorso. Non ha capito che gli italiani erano alla ricerca di serietà, serenità, impegno condiviso di fronte alle incertezze del futuro e per molti di un presente faticoso. Che le condizioni materiali di milioni di italiani erano peggiorate davvero (anche se le analisi sui dati di Milano dimostrano che i ceti più deboli economicamente hanno continuato a votare di più il centrodestra…). Ha ancora offerto la rissa permanente e gli italiani hanno detto basta.
Lega: la propaganda e la realtà
Così come pesante è stata la sconfitta della Lega. Fino ad adesso era andata bene: come se fossero all’opposizione di Roma sul territorio, e invece ben dentro le poltrone romane a Roma. Ma quando si è al governo nelle tre grandi regioni del nord, in moltissimi comuni giocare all’opposizione contro Roma è un gioco che dura poco: chi vota vuole risposte e la Lega non ha saputo darle. Né quelle serie come il federalismo, ne quelle che si aspettavano tanti elettori di cui ha coltivato paure, xenofobie, chiusure.
Il Governo non ce la fa
Per questo penso che il Governo non reggerà. Non per scelta ma per usura. Potrei naturalmente sbagliarmi, ma certo dimostrano la debolezza politica del Governo le patetiche prime dichiarazioni di B. :Tremonti deve allargare i cordoni della borsa…Magari il problema fosse Tremonti. I cordoni della borsa purtroppo vanno stretti, perché ci attende una necessaria manovra di almeno 40 miliardi di euro. Occorre una cosa che il Governo no ha più, se mai la avuta: autorevolezza e credibilità. Chiedere oggi sacrifici in modo equo e proporzionato per costruire il futuro. Non lo ha saputo fare con una maggioranza larghissima, non potrà farlo con un leader destituito di credibilità interna ed internazionale, con un PdL frammentato in schegge impazzite, con la Lega alle prese con una rivolta della base ed un gruppo dirigente che già pensa alla successione a Bossi. Cosa ci possa essere dopo non lo sa nessuno: elezioni, governo di centrodestra senza B., governo del presidente…Non dipenderà da noi, a noi starà il compito di essere all’altezza dello scenario.
Per il PD buone notizie
Il PD è andato bene. Non occorre nascondere le debolezze che ci sono, specialmente al Sud. Ma date le condizioni di partenza non poteva andare meglio. Si è dimostrato autorevole ed affidabile nel costruire coalizioni vincenti, sacrificandosi quando occorreva. Su questa recuperata sintonia con il proprio elettorato si può rafforzare l’iniziativa politica del partito sotto la guida di Bersani, che ne esce molto rafforzato e perciò possiamo concentrarci sull’immagine ed il progetto da offrire al paese.
Penso che dobbiamo molto riflettere su un punto. Il nostro dibattito interno si è soffermato nell’ultimo anno su problemi che si sono dimostrati di nessun interesse per l’elettorato: i vecchi e i rottamatori, i moderati ed i radicali, i cattolici ed i laici, le alleanze a sinistra o al centro, partito pesante, partito leggero, ecc. Tutto spazzato via: hanno vinto vecchi esponenti politici d’apparato come Fassino a Torino (con il coraggio di primarie aperte), cattoliconi come Bosone a Pavia, uomini di sinistra come Pisapia a Milano, con alleanze con l’UDC o con alleanze classiche con Sel e Idv. Non è con le alchimie o con le formule astratte che si vince ma con la costruzione di un rapporto vero con l’elettorato, con la mediazione di personalità convincenti e di progetti che partono dalle condizioni reali del popolo, e non quelle delle élites politiche o sociali. Le diverse vittorie si realizzano in condizioni e con strumenti diversi ma hanno in comune la capacità dei vincitori di costruire coalizioni credibile perché capaci di evocare un sogno ed un progetto collettivo. Non tanto pezzi di carta programmatici firmati dai partiti ma un discorso pubblico coerente e credibile per le aspettative degli elettori.
Milano e Napoli: non solo lì e non fermarsi ai luoghi comuni
Milano e Napoli hanno dato il tono psicologico al giudizio sulle dimensioni della sconfitta berlusconiana, ma se analizziamo i dati comune per comune i dati segnalano specie al Nord un diffuso smottamento elettorale del centrodestra e la capacità del centrosinistra a tornare ad essere competitivo. Anche dove si è perso spesso si è perso con pochi voti, partendo da distacchi abissali. Piuttosto possiamo considerare la diversità delle due situazioni. A Milano principalmente vinciamo per il crollo della credibilità del centrodestra: cattiva amministrazione e cattiva politica. 5 anni fa il Prefetto Ferrante, candidato del centrosinistra, prende più voti anche in percentuale (ed anche come voti personali) di Pisapia. La differenza sono state due: la prima essenziale per la vittoria è che allora la Moratti vinse al primo turno e la seconda è che Pisapia (con l’aiuto del PD, rimessosi subito dallo choc della sconfitta alle primarie del proprio gruppo dirigente) è stato capace di trasformare un insediamento elettorale potenziale in una comunità civica convinta che si potesse vincere e cambiare Milano.
A Napoli sono stati sconfitti due conservatorismi, ed è bene che sia stato così. Il conservatorismo del PD, che non ha avuto la forza di aprire una fase di discontinuità con il fallimento amministrativo (fallimento indecoroso) di Bassolino e Jervolino. Aveva cercato di imporlo Veltroni, ma fu sconfitto. Il conservatorismo del PdL, che si è affidato ai vecchi circuiti della clientela, più o meno contigua con ambienti camorristici. Valgono le parole gravissime dette da Berlusconi “Non ho voluto consegnare la Carfagna alla camorra”. Incredibile!
Rivolgendo la sguardo al futuro e allo spazio che si è aperto per una incisiva azione del PD sottolineo tre aspetti in particolare.
Terzo polo a Chi l’ha visto
Il terzo polo tanto evocato non esiste. Non c’è stato alcun valore aggiunto. L’Udc si è preso i suoi viti, agli altri partner è andata qualche briciola, in particolare appare inesistente lo spazio politico per il Fli. Forse il fatto nuovo è che, a differenza delle scorse regionali, dove l’Udc si è alleato con noi non è andato male: alleanze costruite dal basso sono più comprensibili dagli elettori. Naturalmente il sistema maggioritario delle elezioni dei sindaci può penalizzare le forze intermedie. Tuttavia almeno nelle grandi aree urbane dove è maggiormente presente il voto di opinione se ci fosse stata questa attesa del terzo polo si sarebbe visto qualche segnale. Invece, tornando sempre ai dati dei comuni maggiori del Nord l’Udc è al 2,8%. Qualcheduno ha sentito parlare di “Verso Nord” o delle tante ipotesi cacciariane sulla necessità del centro?
La sinistra radicale
Qualche riflessione in più sul voto cosiddetto radicale. Anche qui molti commenti superficiali sulla stampa che non hanno molta attinenza con la realtà. Vendola vincitore perché ha fatto i Sindaci di Milano e di Cagliari? La realtà è molto diversa. A Milano Sel prende il 4,7% e a Cagliari il 7%. I candidati sindaci di Sel sono stati sindaci della coalizione e non hanno affatto trascinato il partito in un exploit elettorale. A Milano Pisapia ha risposto con molta nettezza a Vendola che cercava di mettere cappello sul risultato. Il grillismo: fenomeno molto composito, con voti dovuti talvolta ad un generico populismo, ad un sentimento antipolitico (che in genere lascia eredità di destra), alla presenza di candidati locali credibili ed autorevoli. Sbagliato fare di ogni erba un fascio. Intanto è positivo che comunque elettori escano dal recinto del non voto e scelgano dentro il recinto della rappresentanza. Poi occorre considerare che c’è stata una competizione accesa dentro la distribuzione del voto radicale: Sel, 5 stelle, Idv.…Fenomeno da non sottovalutare (ed inevitabile in una stagione così rissosa ed inconcludente della politica) ma neppure da esaltare. Le inqualificabili parole di Grillo sulla stagione di Pisapippa danno la carature del personaggio. E forse occorre che anche qualche nostro militante recuperi il senso dell’orgoglio del proprio partito, più che inseguire populismi che finora hanno solo costruito la vittoria di Cota in Piemonte. Luca Ricolfi sulla “Stampa” ha sostenuto che l’unico vero vincitore di queste elezioni sarebbe il partito di Santoro, intendendo la composita area della protesta. Indubbiamente, sempre restando sui comuni maggiori del Nord i voti a Idv. (3,4), Sel (4,6), Verdi e RC (2,7), Movimento 5 stelle (4,3) assommano ad un 15% degli elettori. E’ tuttavia una percentuale che non si discosta da risultati precedenti, sia pure diversamente redistribuiti. Nel 2006 senza Idv. Rifondazione Comunista, Verdi e Comunisti italiani presero l’11,6%, e si tratta del dato nazionale, certamente molto più forte nelle stesse aree dei comuni del nord.
Un mondo cattolico in movimento
Il terzo elemento riguarda la Chiesa Cattolica. E’ forse l’ambiente in cui le dissennate avventure erotiche del cavaliere e la sua inconcludenza governativa hanno prodotto più radicali cambiamenti di giudizio. La linea espressa più o meno ufficialmente da “Avvenire” è profondamente cambiata, con esplicite critiche alla linea del Governo, ai comportamenti del Cav. al clima di rissa pubblica provocata, agli attacchi alle alte istituzioni. E nel merito critiche per la mancanza di adeguate politiche sociali, familiari, ecc. E’ una svolta importante, perché non c’è dubbio che una parte di gerarchia aveva finora tenuto un atteggiamento di sostegno acritico alla maggioranza. Anche qui si apre una nuova stagione. Gli interventi del card. Bagnasco alle Assemblee dei vescovi italiani certamente non contengono cose tutte condivisibili per tutti gli elettori e dirigenti del PD. E tuttavia c’è una analisi antropologica sui temi dei diritti umani, della giustizia sociale, della dimensione valoriale della partecipazione democratica che tutti dovremmo ascoltare con più attenzione e curiosità.
Linea chiara per il futuro, con ottimismo
Sta a noi ora saper cogliere queste nuove opportunità. Nel Veneto il vento è stato forse un po’ meno impetuoso, o più debole l’effetto in casa leghista, ma anche qui non sono mancati segnali importanti. Anche dove si è perso si è stati spesso pienamente competitivi.
Credo che dobbiamo guardarci solo da due rischi principali. Il primo è il giudizio semplicistico: abbiamo già vinto le politiche. Io non credo affatto ad una capacità di risurrezione del cavaliere: ha perso la cosa più difficile da riconquistare, la credibilità personale e la credibilità come leader capace di esercitare con forza la leadership, che erano le sue principali risorse. Tra l’altro bisognerà pur ricordare che tra le sue corde ci sarà una grande capacità comunicativa ma non c’è la capacità di governo. Tutte e tre le volte che gli italiani gli hanno dato il mandato di governare (1994, 2001, 2008) non è stato capace di gestire la sua maggioranza e di produrre convincenti azioni di governo, perdendo sempre la volta successiva. Però questo può complicare la situazione. Il nostro prossimo avversario non sarà Berlusconi, potrebbe essere un leader più credibile, capace di mettere insieme un elettorato di centrodestra, che resta in Italia prevalente come sentimento di base.
Il secondo rischio è che il PD non sappia essere il motore del cambiamento che l’elettorato si attende. Che lasci che altri diventano protagonisti di questo domanda inevasa dell’elettorato. Per questo occorre saper essere, come ho detto più volte radicali nelle proposte e moderati nel linguaggio e nell’approccio. Ma radicali nelle proposte di cambiamento. L’esperienza di Pisapia a Milano insegna proprio questo. Una credibilità personale nel mondo della sinistra storica milanese, ma una scelta di campo decisa nell’uscire dall’insediamento elettorale, dai linguaggi, dai luoghi comuni della tradizione di sinistra, conservandone i valori di fondo ma declinandoli nella modernità. Per questo capace di attrarre, al di là di alleanze politiciste, i consensi dei tanti elettori “indipendenti” che decidendo di partecipare o meno al voto e se votare sul centrosinistra o sul centrodestra sono decisivi per ogni competizione elettorale. Il PD non si impicchi sulle formule delle alleanze ma dimostri di essere capace di avere questa forza attrattiva dell’elettorato decisivo.
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