lunedì 26 novembre 2007

LAICITA' - In dialogo tra sordi: ascoltiamoci -

di Nereo Tiso
Un vecchio rabbino raccontava questa storia: “Un giorno un sordo entra in un teatro e vede sopra il palco delle persone con degli oggetti in mano che facevano dei gesti strani: sembravano tutti pazzi. Ammettiamo - diceva ancora il rabbino – che il sordo, come per miracolo, cominciasse a sentire. Scoprirebbe la meraviglia della musica e che tutti i gesti che prima considerava da pazzi, ora hanno un senso per far uscire dagli oggetti stessi, una meravigliosa armonia”. Sarà possibile che ci si possa trovare, pur avendo strumenti diversi, provenienze diverse, a suonare uno spartito che tutti possono capire per creare con voci diverse un’unica armonia? E’ una bella domanda che spesso ci si pone e che, sfiorando giornali, riviste, volumi e leggendo opinioni rimane, purtroppo, delusa.
A partire da questo breve racconto affronteremo, per quanto ci sarà possibile, un argomento delicato, gravido di contraddizioni, di contrasti e, non infrequentemente, di superficialità lessicali. L’argomento che cercheremo in qualche modo di approfondire sarà quello che comunemente viene definito come Laicità. Analizzeremo il tema ripercorrendone vari aspetti utili a fare maggiore chiarezza. Ma andiamo per ordine: saranno analizzati i termini laico, laicità, laicato e laicismo.
Innanzitutto andiamo a vedere qual è l’origine etimologica del termine laico. Ci si può riferire alle origini greche del termine, cioè a laikòs, che definisce l’appartenenza ad una comunità di persone, ad un popolo in contrapposizione all’ekklesiaticòs. In sostanza il termine “laico” indica il popolo nella sua globalità di soggetti particolari, prima di tutte le specificazioni che pure esistono; è espressione del popolo senza sovrastrutture o imposizioni; ciò che nasce dal basso come dinamica sociale, culturale e anche religiosa. Come tale è contrapposto a potere, a struttura, a ideologia, a gerarchia. Si evince quindi, che già fin dagli albori con “laico” si indicava una contrapposizione, un’indicazione di appartenenza diversa; il riconoscersi come appartenente al popolo piuttosto che ad una chiesa. Un popolo che in sé ha le sue molteplicità di pensiero, di credenza religiosa e culturale, di classe sociale e posizione politica, una sorta di pluralismo delle differenze. E ancora, “laico” come derivante da laós, popolo; “laico”, quindi è colui che appartiene al popolo e non appartiene al clero. Non una mancanza, un handicap, uno stato negativo come qualcuno sottolinea, bensì un’altra appartenenza, quella al popolo, appunto.
Non si può dimenticare come anche nell’Antico Testamento il termine laós riferito a popolo, ricorra moltissime volte. E’ un termine familiare che indica la filiazione tra Dio e il suo popolo, il suo laós con il quale ha stabilito un patto e, in funzione di questo patto, il popolo è tenuto a rispettare le leggi (comandamenti) assegnate. Anche nel Nuovo Testamento il termine laico si riferisce al popolo, anzi al popolo nuovo. Ma il termine si trova anche nei Padri della Chiesa, agli albori quindi dell’esperienza cristiana. Questa sarà, in un certo senso, una nuova struttura di “laico”, anzi, un nuovo modo di essere laico andando a formare il popolo successivamente denominato laicato.
Nell’epoca dell’illuminismo, poi, il termine “laico” subirà un’ulteriore evoluzione: l’illuminismo infatti sancirà il divorzio tra la fede e la ragione e, di conseguenza, l’esaltazione della ragione a “divinità” a scapito della fede. Dopo la Rivoluzione francese, in alcuni paesi Europei, “laico” divenne simbolo di modernizzazione della società in contrapposizione al conservatorismo politico che aveva come componente fondamentale “l’oscurantismo clericale”. Sul versante sociale ora, “laico” indica colui che rifiuta la fede in quanto espressione di irrazionalità.
Ma andiamo ora a capire il card. Angelo Scola, patriarca di Venezia, come nel suo recente libro Una nuova laicità, abbia contribuito a districare la matassa delle definizioni attraverso la costruzione di un rapporto tra stato “laico” e i valori fondanti la società nella quale si trova ad esercitare i suoi poteri. Dunque quando si parla di stato laico, per il card . Scola, si pensa all’”esercizio costitutivo e reciproco di promozione e tutela del diritto e di positiva valorizzazione ti tutti i soggetti in campo, mediante il coinvolgimento nella relazione di riconoscimento”. Un continuo e reciproco riconoscimento e una valorizzazione di tutti coloro che sono parte integrante dello stato. In sostanza, lo stato “laico” è lo stato garante dei diritti a tutela di tutti i cittadini evitando conflitti che inficerebbero la reciprocità costruttiva e ne garantisce la libertà e la possibilità di espressione.
Se da una parte Scola investe di responsabilità soprattutto lo stato “laico”, da un’altra parte Gian Enrico Rusconi parla di una” natura umana laica” e che il criterio base per essere considerato “laico” è “l’autonoma determinazione da parte dell’individuo delle norme di comportamento morale e quindi della loro istituzionalizzazione, in vista della creazione di un ethos pubblico”(G.E.Rusconi, Non abusare di Dio, Rizzoli). In sostanza un’autonomia della coscienza da parte del soggetto che interpella solo se stessa e non un’autorità esterna ad essa che le indichi dei codici di comportamento. .
Come si è visto, dunque, non esiste univocità di espressione nel definire chi è da considerarsi laico perché l’esperienza, le proprie convinzioni religiose o meno, condizionano il modo con cui ognuno riconosce chi può considerarsi laico oppure no. Sta di fatto, comunque, che ognuno si tiene bene stretta la propria convinzione e autodefinendosi “laico”, chi in un modo, chi in un altro, elabora un proprio pensiero per una laicità propria o condivisa. Ed ecco quindi riconoscersi i laici non credenti, anticlericali, religiosamente indifferenti, laici cristiani, politici laici, laici secondo la Costituzione e via dicendo. Tutti che in qualche modo esprimono una forma personale dell’essere laico ma che, di fatto, appartengono al laòs, cioè a quel popolo che vede nella pluralità dei soggetti la sua stessa esistenza e la sua stessa essenza democratica. Possiamo dire, forse senza approssimazione, che gli unici non-laici sono coloro che hanno espresso voti religiosi o sono stati consacrati; in sostanza tutti coloro che appartengono al clero secolare e agli ordini religiosi sia maschili che femminili.
A questo punto si può affermare che nessuno possa portare la bandiera del “vero laico” e nemmeno possa dire: “Laico”! C’est moi! O meglio, possa dire che l’altro non lo è perché le sue caratteristiche di fede o di pensiero glielo impediscono. Il problema, pertanto, non sta a monte, bensì a valle, cioè nella laicità, nel modo di esprimersi del “laico” appunto, ciò che differenzia l’essere “laico” in un modo piuttosto che in un altro. Pertanto le contrapposizioni che negli ultimi tempi emergono sempre più evidenti tra “laici” e cattolici, tra laici e clericali, non hanno, in via di principio, motivo di esistere, soprattutto perché tutti appartengono al popolo, ma hanno visioni diverse della realtà e quindi vivono una laicità diversa che nasce dall’esperienza di ognuno, dalla storia dall’educazione , infine dalle convinzioni di fede o meno a cui ci si sente di appartenere. Quindi siamo, a questo punto, nell’aspetto più ampio della laicità, croce e delizia del dialogo e del non infrequente “scontro tra le parti”.
Anche il concetto di laicità, varia nel tempo e le sue definizioni si danno nel contesto socio-culturale ed economico nel quale la stessa laicità viene definita. La laicità può essere vista come razionalità, esercizio della ragione, o come sinonimo di non credenza tanto da formulare diversi percorsi etici: da una parte non si nega, in senso prettamente laico, il rapporto tra etica e religione; dall’altro si arriva, sempre laicamente, a rifiutare qualsiasi influsso di tipo religioso.
Il concetto di “sana laicità” espresso da papa Benedetto XVI viene ritenuto da molti una ingerenza della Chiesa che vuole “guidare” il senso stesso della laicità , indicando quali dovrebbero essere i criteri per esprimere, anche da parte dello Stato, un’indicazione di laicità appunto. Ma ci può essere un altro concetto di sana laicità quale “casa ovunque vi è la ricerca comunque del bene di tutti, senza prevaricazione, senza assolutismi o relativismi ideologici” (E. Genre, Laicità, religioni e formazione: una sfida epocale, ed. Carocci) che, a ben vedere, non ha nulla di diverso dall’affermazione precedente, ma che viene espressa partendo da presupposti diversi. Il problema è capire come le “sane laicità” possano convergere, fare sintesi o, almeno, riconoscere la reciproca diversità.
Essere laici quindi, è accettare le istanze dell’altro che non è un avversario, bensì un Altro da me con il quale entrare in dialogo, sia esso religioso o non religioso, credente o non credente. Una laicità anticlericale, antireligiosa, possiamo dire che è una curiosa laicità, nel senso che non accetta che nella società possano esistere le religioni o i fenomeni religiosi che sono costitutivi dello Stato stesso. Stato, tra l’altro, che deve essere imparziale ma non neutrale di fronte a scelte di vita differenti; di fronte a chi ha una fede come propria condizione esistenziale e a chi non ne ha nessuna. Quindi, lo Stato non sarà indifferente nei confronti delle tradizioni religiose, ma saprà mettersi in loro ascolto recuperando i valori di cui sono portatrici. Valori, che per alcune istituzioni in Italia, quale la Chiesa cattolica ma anche altre fedi, sono ancora riconosciuti importanti dai fedeli e che non lasciano nell’indifferenza nemmeno coloro che hanno fatto la scelta di laico non credente.
Quando invece si parla di laicato (cattolico) si indica solitamente quella parte della comunità dei credenti che si occupa delle cose del mondo, e orienta la propria esistenza avendo come guida il Vangelo, l’insegnamento della Chiesa e la propria coscienza. Il laicato è costituito da coloro che vengono coinvolti in percorsi formativi e di fede di vario genere: dalle associazioni ecclesiali, ai movimenti, dai gruppi di volontariato nazionale e internazionale, alle parrocchie. In sostanza, il laicato “cattolico” attraverso la sua formazione ecclesiale, arriva all’età adulta in grado di poter scegliere responsabilmente di impegnarsi direttamente nei vari movimenti o associazioni ecclesiali o nella politica attiva cercando la realizzazione del bene comune; da laico. Sembra chiaro come il laico cattolico abbia il compito di essere attore della propria e dell’altrui storia secondo le proprie aspirazioni, le proprie competenze e le proprie esperienze oltre che le convinzioni che lo guidano. Qui sta il compito del laico cattolico: dovrà cooperare con gli altri cittadini, nel rispetto reciproco delle posizioni ideali oltre che confrontarsi all’interno del proprio mondo nella quale si ritrovano opinioni diverse di società, di approccio alla solidarietà, di visione di valori comuni. Non a caso ci sono laici cattolici che militano o simpatizzano per schieramenti politici opposti. E quando si parla di opposti significa anche che, su determinati valori sensibili, che fanno emergere problemi etici non di poco conto, anche tra i laici cattolici le diversità divengono, non infrequentemente, dei fossati ideologici, strumentali e strumentalizzabili. Si mostra così che l’appiattimento delle coscienze su situazioni e scelte che per i cattolici potrebbero sembrare “naturalmente comuni” o, più banalmente, ovvie, lasciano spazio più che al dialogo costruttivo, alla vivace discussione e, spesso, allo scontro politico. Anche se i valori rimangono comuni, condivisi, sono le premesse ideologiche (ideali?), partitiche e di schieramento, piuttosto che di fede che creano i maggiori problemi e le maggiori divisioni. E’ da rilevare come oggi il laicato cattolico cominci ad indirizzarsi verso il volontariato abbandonando la prassi dell’impegno nella politica considerato “uno dei più alti valori della carità” (Paolo VI). Probabilmente il disinnamoramento per la politica ha contagiato anche il mondo cattolico, che trova altre espressioni di impegno e lascia ad altri la responsabilità delle scelte. Non solo, probabilmente, un laicato adulto, sente anche il peso di dover affrontare questioni che riguardano la sua coscienza di credente che può cozzare contro quella di essere impegnato in scelte che riguardano tutti, credenti e non credenti, cattolici e non cattolici. Quindi sente di dover affrontare un terreno che lo trova non spesso impreparato. Affrontare argomenti in maniera impegnativa ascoltando anche le ragioni dell’altro e cercando di giustificare le proprie, non è facile e, quindi, si delega.
Ultimo aspetto è il significato di laicismo (termine, per alcuni, sinonimo di laicità). Esso può essere considerato come una dottrina socio-politica che teorizza e sostiene la totale separazione tra stato e Chiesa, e quindi l'assenza di interferenze religiose dirette nell'ambito legislativo, esecutivo e giudiziario di uno stato. Il laicismo teorizza il progressivo declino dell'importanza della fede religiosa nella vita di tutti i giorni. Se lo Stato sostituisse la categoria di laicità con quella di laicismo, verrebbe a mancare l’equidistanza necessaria allo Stato stesso per com-prendere tutti i cittadini che decidono di appartenere ad una religione, a un credo filosofico o semplicemente di sentirsi parte dello Stato stesso sottomettendosi alle sue leggi senza alcun credo sia filosofico che religioso. Pertanto se lo Stato assumesse il laicismo come principio di convivenza si arriverebbe anche ad una restrizione del dialogo tra cittadini incompatibile col pluralismo che dovrebbe difendere. L’imparzialità dello Stato, secondo i principi di giustizia e di pluralismo, deve tener conto necessariamente delle diverse componenti, anche religiose, che vivono sul suo territorio senza, ovviamente, abdicare ai propri principi e negare quelli appartenenti ad ognuna di queste componenti. Per evitare inutili irrigidimenti, il dialogo dovrà essere aperto alla comprensione dell’altro, anzi, delle ragioni dell’altro. Tutte le ragioni, le possibilità e opportunità di dialogo devono quindi essere garantite dallo Stato, se non sollecitate per la reciproca comprensione, soprattutto quando si tratta di questioni di “principio” e non di fede, di convivenza civile e non di dogmatismi fuorvianti che impediscono il dialogo stesso.
Queste poche righe non hanno la pretesa di esaurire la riflessione, anche perché la bibliografia è imponente. Vogliono essere solamente un tentativo di capire un po’ di più cercando il confronto costruttivo e il rispetto reciproco in quanto appartenenti ad esperienze diverse. Gesti di apertura da tutte le parti, possono aprire momenti di condivisione di fronte a situazioni difficili alle quali si arriva dopo aver chiuso porte e finestre. Lasciare passare l’aria è segno di vitalità; è la democrazia che respira a pieni polmoni.

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Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran