giovedì 24 dicembre 2009

Emendamento Vendita/acquisto case ERP


di Nereo Tiso

Presentato emendamento alla delibera perché il Comune si faccia da tramite per creare le migliori condizioni per l'acquisto degli immobili.

(Vedi filmato del 21/12/2009)

martedì 22 dicembre 2009

Modifica ai criteri di applicazione delle tariffe a carico delle famiglie


di Nereo Tiso - Consiglio 21/12/2009 (vedi video)


Come sappiamo la scuola di infanzia non è considerata un segmento dell’istruzione, né tanto meno il nido, quindi vengono considerati servizi a domanda individuale. Di fronte a ciò l’amministrazione è tenuta ad offrire un servizio a sostegno delle famiglie che ne fanno richiesta con un costo che grava in maniera pesante sulle casse del Comune. A fronte di ciò le famiglie devono (o dovrebbero) contribuire a loro volta con una quota di almeno il 36% del costo totale pro capite.
Il Comune poi fornisce anche un servizio mensa per le scuole primarie e le secondarie di I^ grado dove ovviamente questo servizio è richiesto e cioè nelle scuole primarie a tempo pieno e nelle scuole medie in caso di lezioni pomeridiane.

Sta di fatto che la situazione è divenuta ingestibile a fronte di un aumento negli ultimi anni della richiesta di esenzione sia dalla retta degli asili nido, sia per coloro che usufruiscono del servizio mensa nelle scuole primarie (elementari) o secondarie di primo grado (medie). Infatti la dichiarazione ISEE introdotta con deliberazione 142 del 2001 è da considerarsi una AUTO DICHIARAZIONE con tutte le conseguenze che si possono trarre sulla veridicità della stessa.

Infatti se le esenzioni sono arrivate a quasi il 30% e chi paga poco più di niente è circa il 10% negli asili nido, oltre ai casi socialmente rilevanti, molto probabilmente ci sono anche coloro che adottano strategie furbesche per non pagare il dovuto o pagare meno. Costruite ad arte e in forma spesso dolosa, le dichiarazioni che ISEE gli utenti riescono a sottrarsi al dovuto, e questo in ogni ordine di scuola.

Questa situazione è divenuta insostenibile da parte dell’amministrazione che è costretta a fornire comunque un servizio che ha un costo elevato ma ha entrate che non vi corrispondono come dovrebbero. Questo mette veramente in difficoltà anche le famiglie oneste che pagano fino all’ultimo euro senza giocare sulle difficoltà e i costi dei controlli o sulla presunta impunità alla quale saranno sottoposte per la loro dichiarazione fraudolenta. Quasi che anche in queste situazioni, si fosse in attesa di ulteriori condoni visto l’abitudine che il nostro paese ha, magari chiamandoli in altri modi, ma sempre condoni restano.

Pertanto bene fa l’amministrazione a perseguire senza tregua i furbi che cercano di nascondersi tra le maglie della povertà, e bene ha fatto a ritenere che pagare ZERO un servizio di tale portata non sia più possibile visto che, se un bambino rimanesse a casa, comunque qualcosa bisognerebbe spendere per nutrirlo.

Inoltre bene è stato fatto perché le tariffe che prevedono un “contributo minimo mensile per tutti gli utenti” rendano anche le famiglie maggiormente consapevoli del servizio che viene erogato e responsabili di fronte alla frequenza scolastica talvolta saltuaria per futili motivi dei loro figli. I costi ci sono e devono essere sostenuti equamente da tutti nel rispetto dei criteri che tutti dovranno conoscere.

Certamente tutto ciò non dovrà penalizzare chi effettivamente è in difficoltà e non è in grado di contribuire al servizio. Queste persone vanno tutelate ma allo stesso tempo vanno “riconosciute” attraverso un impegno da parte delle stesse di presentare documentazione adeguata a sostegno della loro situazione di difficoltà che, tra l’altro, può essere temporanea e quindi, anche modificabile.

Pertanto bisognerà perseguire senza tregua e in ogni modo i furbi e tutelare chi effettivamente è nella necessità. Credo che sia una questione economica ma anche etica perché è doveroso per ogni cittadino rispettare le istituzioni, le famiglie che pagano con fatica il servizio di cui usufruiscono. Ognuno ha la necessità di rivedere il proprio comportamento

Intervento sostegno lavoratori ex EUTELIA in grave crisi

di Nereo Tiso - Consiglio 21/12/2009 (in video)

La situazione economica che sta gravando anche in Italia è nota a tutti. Purtroppo per molti mesi è stata tenuta nascosta per cercare di ovviare al momento con ricette dolcificanti per ingoiare un boccone decisamente amaro. La crisi c’è, è evidente e spiragli ce ne sono ma la luce è ancora debole.
Non sempre però la crisi arriva per contingenze internazionali capaci di destrutturate importanti settori dell’economia in ragione di scelte, a monte, lanciate sul mercato speculativo finanziario che poco hanno a che fare con l’economia reale, quella che produce, crea posti di lavoro e ricchezza. Infatti, da quanto leggo, la situazione dell’ex-Eutelia è nata da scelte sbagliate di tipo industriale che hanno visto, in modo repentino, precipitare la situazione all’inizio del 2008 fino ad arrivare ad oggi dive i dipendenti non percepiscono lo stipendio da mesi e all’orizzonte scorgono, purtroppo, la perdita del proprio posto di lavoro.
Perdita del posto di lavoro che grava sulle loro famiglie e ricade anche sulla comunità tutta che non può rimanere insensibile di fronte ad una situazione economica e sociale che si prospetta decisamente difficile. Perdere il lavoro con una situazione di crisi così complessa è un dramma che si vorrebbe scongiurare perché il futuro di una riqualificazione e di reinserimento è sempre più complicato.
Chiaramente si fa fatica a capire come un’azienda che i vertici fino a non molto prima annunciavano come sana, oggi sia in questa situazione. Non solo! Vedendo lo straordinario Know how tecnologico dell’azienda che vanta contratti importanti con clienti di grande valore economico che possono creare anche un ritorno di immagine certamente qualificante per l’azienda stessa; dipendenti con alta professionalità che potrebbero rilanciare l’azienda se solo ci fosse la volontà di farlo da parte dei vertici che, a quanto risulta, non solo non si sono presentati ai vari incontri, ma si sono dimessi dal loro incarico.
Credo che il lavoro non possa essere barattato con forme speculative che nulla hanno a che vedere con la sana imprenditoria italiana. Sembra che l’avidità abbia sovrastato la necessità di rigenerare il sub strato economico-produttivo-sociale e di intelligenze che aveva fatto grande questa azienda con 2700 dipendenti. E’ doveroso pensare che lo svuotamento dell’azienda anche dai clienti e quindi anche dalle commesse lasciandole vuote non sia un bene per nessuno, neanche per gli imprenditori oltre, chiaramente, per i lavoratori e per il sistema sociale che ne viene danneggiato. Quasi che, strategicamente, si fosse attesa la crisi per giustificare la propria strategia di abbandono dell’azienda con l’unico vantaggio di trarne profitto.
A settembre 2008 leggevo sul SOLE 24 ore, in pieno movimento di crisi finanziaria, con banche che chiudevano, aziende in assoluta difficoltà e lavoratori costretti, loro malgrado a subirne le conseguenze, che un grande banchiere inglese riteneva fosse giunto il momento di parlare di etica nel sistema economico perché quello attuale così come è stato conosciuto finora non regge. Sta di fatto che le speculazioni sono ricominciate, la crisi continua e le situazioni come l’Agile-Omega si ripetono e dell’etica rapidamente ce siamo dimenticati.
Spero che si trovi rapidamente una via di uscita da questa crisi e che si facciano proposte mettendosi rapidamente al tavolo, rappresentanti delle istituzioni, dei lavoratori e dell’azienda, per dare una risposta chiara ai lavoratori che oggi si trovano, più che a gestire un’azienda a organizzare la protesta.
Ritengo che questo Consiglio si adopererà, per quanto di sua competenza, di attivare ogni via per sostenere questa crisi.
Pertanto ai dipendenti dell’Agile-Omega e a tutti i lavoratori che si trovano nella loro stessa situazione va tutta la nostra solidarietà.

sabato 19 dicembre 2009

Interrogazione ass. Ivo Rossi - Pisat ciclabile a Camin


di Nereo Tiso (collegamento video)
Risposta ass. Rossi (video)

Durante la scorsa amministrazione si sono moltiplicati in città i percorsi ciclabili tanto da arrivare a coprire molta parte della città sia in centro che nelle periferie. Il sistema che offre la possibilità di movimento anche ai mezzi deboli del traffico è apprezzabile soprattutto il numero di biciclette in movimento continua ad aumentare.

Anche a Camin si è giunti, non senza difficoltà e superando contrasti anche pesanti con alcuni cittadini del rione e dopo un percorso partecipato che ha coinvolto gòi stessi cittadini, alla realizzazione, anche se non ancora completa, di un percorso ciclabile che parte dall’incrocio Via Vigonovese-Via Regione Veneto sino al ponte sul Piovego in zona san Gregorio Magno.
Però, la pista ciclabile per anni agognata, risulta ancora insufficiente alle necessità del rione e dei suoi cittadini che da anni attendono che si arrivi ad una definizione. Infatti risulta una cesura tra l’attuale conclusione della pista ciclabile e il tratto di Via Vigonovese verso i comuni di Saonara e Vigonovo.

Far arrivare la pista ciclabile fino ai confini del comune ridarebbe maggiore sicurezza ai cittadini che risiedono in quella zona, soprattutto a quelli che, abitando fronte strada, mancano ancora del marciapiede e sono costretti ad affrontare rischi quotidiani immettendosi direttamente in una via intensamente trafficata. Oltre a trovarsi continuamente in difficoltà per uscire dalla propria abitazione per parcheggio selvaggio.

Inoltre, la medesima pista realizzata, alla sua conclusione sul ponte del Piovego, crea grossissime difficoltà per i ciclisti che vogliono attraversare e continuare sul lungargine ciclabile dato che non ci sono attraversamenti in sicurezza. Tra l’altro, manca anche tutto il tratto di pista che va dal ponte sul Piovego al Ponte dei Graissi per poter ricongiungersi al tratto in assoluta sicurezza di via Turazza.

Leggendo però il piano triennale degli interventi non leggo nessun impegno di spesa relativo alla conclusione della pista ciclabile su Via Vigonovese e nemmeno per eventuali completamenti.
Chiedo pertanto all’assessore:
si è pensato alla conclusione della percorso e a renderlo così più sicuro per i cittadini che da anni chiedono un intervento necessario e non marginale?
si è pensato a rendere meno pericoloso l’attraversamento ciclabile sul ponte sul Piovego in zona san Gregorio Magno?

IL CROCIFISSO NELLE SCUOLE SEGNO DI FRATELLANZA E ACCOGLIENZA


di Nereo Tiso (collegamento video)



Mozione presentata dal Gruppo Partito Democratico
del Consiglio Comunale di Padova
Testo sostitutivo di quello depositato il 9/11/2009

Il consiglio Comunale:

premesso che:

la Corte Europea dei Diritti Umani, con sentenza del 3 novembre 2009, interviene su un ricorso presentato da una cittadina italiana relativo alla presenza di crocifissi affissi nelle aule di una scuola italiana, dichiarandola ricevibile;

la suddetta sentenza ha disposto una sanzione per danni morali a carico dello Stato italiano per violazione dell’art. 2 (diritto all’educazione) e dell’art. 9 (libertà di pensiero, coscienza e religione) della Convenzione Europea per i Diritti Umani;

l’obbligo di esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche risale al Regio Decreto n. 965 del 30 aprile 1924 (Regolamento interno degli istituti scolastici secondari del Regno) nel quale è stabilito che “Ogni istituto scolastico deve avere la bandiera nazionale, ogni aula l’immagine del crocifisso e il ritratto del Re”;

il crocifisso, pur essendo la trascrizione simbolica di una confessione religiosa che nel nostro paese e nella nostra città non può rimanere secondaria alla vita stessa delle istituzioni e dei cittadini, rimane segno e significato di solidarietà e di fratellanza;

Considerato che:

· il crocifisso non può essere brandito come uno strumento di antagonismo tra le fedi che, tutte, hanno legittimo diritto di esistenza nel nostro Paese;

l’interpretazione della sentenza è stata utilizzata strumentalmente da alcune forze politiche, che si sono impropriamente avocate il ruolo di difensori dei valori cristiani di cui il crocifisso è portatore;

Il crocifisso è portatore di valori per la comunità che è chiamata a farsi carico di tutte le “croci”, cioè delle sofferenze delle persone che si trovano in situazione di disagio, marginalità, indigenza, svantaggio sociale;

Ricordando che:

la nostra città da sempre ha sostenuto e praticato il valore della tolleranza, della difesa dei più deboli e del riconoscimento di tutte le culture e di tutte le religioni nel pieno rispetto dei principi costituzionali;

· il lavoro svolto dall’amministrazione a favore dei senza fissa dimora, dell’accompagnamento dei minori soli, dell’integrazione dei bambini a scuola e di tutti i cittadini provenienti da altri paesi, dei nomadi, dei poveri a causa delle sopraggiunte difficoltà economiche e sociali senza distinzione di etnia, religione, stato sociale o provenienza, è sempre stato significativo;

· il simbolo della pietas umana e della fede cristiana non dovrebbe essere ridotto a strumento di divisioni e violenza, anche se verbale.


CHIEDE
Al Sindaco e alla Giunta:

che il crocifisso resti un segno di accoglienza e di apertura verso tutti coloro che entreranno nelle nostre scuole e condivideranno la storia e la cultura di questa città;

che si favorisca e si accompagni, con ogni iniziativa di carattere culturale e di sensibilizzazione ritenuta opportuna, un processo di rispetto tra le varie sensibilità, prevenendo le forme di intolleranza con particolare attenzione alle scuole;

che l’integrazione nelle nostre scuole dei bambini e dei ragazzi di altre confessioni cristiane, di altre religioni o di diverse sensibilità, sia una priorità;

che il riconoscimento dei cittadini provenienti da altri paesi con altre culture e religioni, continui ad essere una delle regole auree della nostra amministrazione;

che si prosegua nel prezioso lavoro quotidiano e concreto di attuazione di quei principi di solidarietà e di uguaglianza sociale, di cui il crocifisso è portatore, in termini di politiche sociali attente all’emarginazione grave.

Auschwitz: ancora un lutto

di Nereo Tiso








Tra il 19 e il 21 gennaio 2010 una delegazione del Comune di Padova, presenti il sindaco, l’assessore ai servizi scolastici Piron, il presidente della Comunità ebraica di Padova ing. Davide Romanin Iacur con una rappresentanza di alunni e insegnanti di una decina di scuole superiori della città, si recherà pad Auschwitz. Fa parte del percorso proposto dal Progetto giovani del Comune intitolato “Viaggio nella Memoria”, che aiuta i ragazzi a vivere la storia in diretta e a non dimenticare la barbarie, le sofferenze, la violenza, l’indifferenza e, infine, la morte, che molti milioni ebrei e centinaia di migliaia di persone di altre categorie interdette al pensiero nazista, hanno subito durante la seconda guerra mondiale.
Purtroppo continua lo scempio, l’offesa, la vergogna. Voler distruggere i simboli perché non possano più rappresentare ciò che rappresentavano e rappresentano e la scritta Arbeit Macht Frei è uno di questi. Essa mostrava il cinismo nazista che voleva esaltare la libertà del lavoro quando era cosciente che, scientemente, l’unica libertà possibile in quel luogo era la morte. Il furto della scritta più famosa che descriveva la tragedia creata dall’odio perpetrato in quel campo è stata rubata l’altra notte in quel “cimitero di cenere” come lo descrive Elie Wiesel. Le domande sul perché del furto potrebbero sembrare strane dopo gli anni trascorsi a far entrare nelle coscienze degli uomini di tutto il mondo che cos’è stato Auschwitz. Forse gli autori dello “strano” gesto desideravano un cimelio o un trofeo da appendere? Forse hanno operato per conto di qualcuno? Forse erano psicopatici, balordi polacchi che volevano fare un gesto che rimanesse nelle loro povere vite? Questo, speriamo, lo scopriranno gli inquirenti. Ma ciò che è successo rimarrà come una ferita non rimarginata, che continua nella vita di chi ha sofferto in quel luogo ed è ancora vivo per raccontare la sua storia; di chi ha avuto parenti morti in quel campo e non solo, ma anche di tutti i consapevoli di ciò che è successo e che riconoscono nel campo di sterminio di Auschwitz ciò oltre al quale non si deve e non si può andare: il male assoluto. E lì dove l’uomo folle si è manifestato, dove il pensiero ha perso la ragione; l’evento supremo della notte senza alba. Auschwitz: il luogo dove coloro che vi morirono furono innanzitutto privati della loro umanità in uno stato di estrema umiliazione e indigenza (H. Jonas). Forse la cinica scritta verrà ritrovata , ma rimarrà il gesto che non potrà essere cancellato. Un ulteriore sopruso a chi, suo malgrado e senza colpa, si è visto costretto a sopportare l’insopportabile.
Ora è il tempo della pace e della speranza, ma i gesti folli sono ancora presenti nel nostro tempo. Ma noi, assieme alla nostra città, crediamo che tutto ciò non possa più camminare sulle nostre strade, né oscurare le nostre coscienze e né, tanto meno, far risuscitare quei sentimenti di disprezzo verso l’altro, qualunque esso sia, per non cadere in quell’oblio di settanta anni fa di cui ancora oggi ne stiamo portando il peso. Il nostro viaggio in gennaio sarà anch’esso parte della storia di questa città e i nostri ragazzi i protagonisti perché, non solo tutto ciò che è stato non si ripeta, ma nemmeno possa essere pensato.

LA SCUOLA E OLTRE


di Nereo Tiso


Leggo dai giornali, a dir il vero dopo molto tempo, un breve articolo sulla scuola che riguarda l’inasprimento delle difficoltà per raggiungere, a conclusione degli studi, il massimo dei voti assieme alla lode o, per meglio dire, l’encomio. Poco male! La speranza è che questo agognato titolo possa essere poi un viatico per continuare negli studi e diventare risorsa per il paese nel cammino di un lavoro sempre più difficile da conquistare.
Non vorrei però, soffermarmi sulla questione delle intelligenze che se ne vanno dall’Italia per riuscire ad esprimersi e per avere maggiori opportunità di impiego. Voglio invece fare un passo indietro e soffermarmi sulla scuola, appunto della quale si parla solo in momenti particolari e neanche tanto. Infatti questa nebulosa che si muove con lentezza è alla ricerca di una sua nuova identità che attende da anni, ma che è ancora coperta dai vari tentativi di riforma o pseudo riforma, tra l’altro, l’ultima fermata dal Consiglio di Stato pochi giorni or sono. Insomma non si riesce ad andare avanti. Si fatica a capire quale futuro avrà la scuola superiore perché tutto è ancora in movimento. Le trasformazioni sono state annunciate, le indicazioni precise sul modello di scuola che il governo ha deciso, le discipline che dovrebbero far parte dei vari corsi di studio, ma cosa debbano contenere queste discipline non è ancora dato a sapersi con chiarezza.
Nel frattempo le famiglie che devono iscrivere i propri figli alla scuola superiore sono in difficoltà e così , chiaramente, i loro figli. Vagano di istituto in istituto per sentirsi ripetere che ancora si sa poco, che bisogna aspettare e che non si sa cosa succederà nell’anno scolastico 20010/2011. Le scuole aspettano e, chiaramente, non hanno risposte. Si continuerà come gli anni precedenti o si dovrà cambiare? Una domanda alla quale ancora non si sa .rispondere.
La scuola, però, necessiterebbe di grandi stimolazioni didattiche, di progresso educativo, formativo e culturale per tradurre concretamente quei saperi di docenti molto preparati ma che, purtroppo, oggi vivono tra la passione e la frustrazione. La passione per essere continuamente stimolati da giovani che, con desideri e difficoltà, riescono a perpetrare la speranza che qualcosa cambierà, anche per loro. La frustrazione di chi vive la precarietà fino al limite della pensione, di chi fa fatica ad incidere sulle nuove sensibilità dei ragazzi create da altri mondi non infrequentemente incompresi.
A questo si aggiunge un altro elemento che è parte integrante della scuola di cui prima abbiamo appena accennato: la famiglia. La domanda è sempre la stessa: quale famiglia? All’insegnante si presenta davanti una varietà di famiglie: da quella tradizionale con entrambi i genitori presenti, a quella allargata con più genitori e fratelli di padri diversi; a quella ristretta dove si vive generalmente solo con la madre. Ma ci si trova davanti, soprattutto in questo ultimo periodo, anche a famiglie con grosse difficoltà economiche .
Ma torniamo alla nostra riforma. Certo è che smuovere il mastodonte non è facile e ridargli la vitalità necessaria per prestare sempre maggiore attenzione ai nostri ragazzi e alla loro formazione, non è e non sarà immediato. L’impegno che l’ipotetico e non ancora concluso tentativo di cambiamento, dovrà tracciare una via maestra che va dall’autonomia didattica a quella progettuale; dal ridurre la burocrazia e investire più risorse nella formazione dei docenti per preparare sempre meglio i nostri alunni nonostante i risultati dell’indagine PISA (Programma per la valutazione internazionale degli studenti), almeno per alcune materie, che ci sono grosse difficoltà. Quindi, cosa bisogna assolutamente cambiare? I professori? Sembra proprio di no vista la ricerca fatta Alma Laurea e pubblicata su http://www.diregiovani.it/ il 9 dicembre scorso. Infatti i docenti sono promossi: negli istituti tecnici, il 79% dei diplomati è soddisfatto della loro competenza, il 73% della chiarezza espositiva, il 74% della disponibilità al dialogo e il 62% della loro capacità di valutazione. Va peggio nei licei dove quasi il 40% dei diplomati si sono dichiarati insoddisfatti della capacità di valutazione manifestata dagli insegnanti e più del 30% sono rimasti insoddisfatti della disponibilità al dialogo dei professori.
Meno apprezzati sono risultati, in generale, i laboratori (56%) e questo non è secondario per il motivo che potremmo tradurlo in scarse o obsolete strumenti per le tecnologie informatiche, laboratori di chimica, fisica, biologia o comunque di materie scientifiche che non sono al passo con il cambiamento rapido del mondo del lavoro e della ricerca. Pertanto si capisce come la trasformazione della scuola non può essere fatta senza investimenti perché questa non è solo di un momento ma il cambiamento per il futuro che non possiamo prevedere ma dobbiamo costruire. Non a caso i paesi del nord Europa, in un momento di crisi come questo, hanno investito grandi risorse nella formazione delle nuove generazioni ritenendo che pensare al futuro sia uno delle soluzioni più importanti per il presente. Un futuro che in Italia è costituito da diplomati e laureati i quali, secondo un indagine Istat sui dati 2007, sono i maggiormente richiesti dalle imprese, quindi con maggiori opportunità di lavoro. Certamente interessante è che il 64% dei diplomati intraprende un percorso universitario che dipende molto dal titolo di studio conseguito; di questi, circa il 10% abbandona nei primi tre anni. Generalmente abbandonano gli studenti provenienti da istituti professionali e tecnici, circa il,12,3%. Ma la domanda che ancora ci si deve porre: per vincere il sistema scolastico refrattario al cambiamento, possiamo continuare a sfornare diplomati con strutture vecchie, insegnanti che si sono preparati bene ma che hanno difficoltà a generare strumenti innovativi perché sommersi dalla burocrazia, dalla precarietà, e non dalla formazione e dalla cultura; tecnologie nelle quali si investe non a sufficienza, programmi rigidi?
Certo, in alcune zone del nostro paese esistono delle eccellenze nelle quali si condividono esperienze innovative per una didattica costruttiva nelle quali si preparano alunni in grado di affrontare percorsi universitari o lavorativi. Ma non tutte sono così, giusto per tornare all’indagine PISA. E allora che fare? Cambiare senza distruggere, investire senza perdere tempo per innovare e dare peso ad un sistema che non può che essere fondamentale nelle trasformazioni che rapidamente si susseguono anche nel nostro paese.

domenica 29 novembre 2009

Diritti dei piccoli doveri dei grandi.

Nereo Tiso: primo firmatario e proponente (collegamento video intervento)


Consiglio Comunale: venti anni della convenzione dei diritti del fanciullo (21 novembre 2009)


Il 21 novembre non potrà essere una giornata qualsiasi per il Consiglio comunale, generalmente costruito intorno a interrogazioni, delibere, ordini del giorno. Sarà una giornata speciale; speciale perché dedicherà tutto il suo tempo a ricordare che i diritti dei bambini sono tali perché i bambini sono naturalmente soggetti di diritti. Non diritti concessi dai grandi, bensì diritti che sussistono in ogni bambino in quanto persona, esattamente come gli adulti.
L’attenzione che si presta ai bambini, ai minori, ha un suo preciso scopo: tutelarne la dignità, difenderli dai soprusi, aiutarli nella crescita e nella realizzazione, avere una famiglia, poter giocare, studiare, insomma, una vita per poter crescere e, da adulti, lavorare per il bene e il progresso dell’umanità e delle comunità delle quali i bambini sono parte integrante.
Se pensassimo alla storia, scopriremmo che molto è stato fatto e che lo sforzo per trasformare in positivo la concezione che si aveva dei figli quale forza lavoro, è stato enorme. Ma una data è su tutte: il 20 novembre 1989 quando la convenzione fu ratificata e che ora quasi duecento stati l’hanno fatta propria è diventata legge.
Se pensassimo al domani, invece, ci renderemmo conto che ancora molta strada rimane da percorrere per far riconoscere a tutti i sistemi legislativi, ma soprattutto a tutte le culture, che l’attenzione per i bambini e gli adolescenti dovrà essere una priorità assoluta. Non solo la promozione dei diritti, ma anche formazione e l’educazione ai diritti per tutti ma anche per i bambini e gli adolescenti perché anch’essi, un giorno, possano essere consapevoli dell’alto valore che ha la tutela e salvaguardia dell’integrità di coloro che verranno.
I fatti ci daranno ragione? Se dovessimo alzare lo sguardo, non dovremmo perdere un attimo dato che lavoro minorile, schiavitù, sfruttamento sessuale, scolarizzazione inesistente, difficoltà a procurarsi il minimo indispensabile alla sopravvivenza, famiglie inesistenti, comunità poco accoglienti, sono cronaca. C’è la necessità di un risveglio culturale, di una terapia che faccia guarire da un male endemico che grava anche sulle nostre società occidentali: ricordare che il minore va garantito e tutelato. E anche da parte di chi ha il dovere di stabilire le regole, l’impegno dovrà essere quello di creare attraverso le istituzioni attenzione e sensibilità nuove, sostegno e formazione, garanzia a tutela della dignità.
Tutto ciò anche rivolgendosi alle famiglie, prime cellule di garanzia per i minori. Esse hanno un compito prioritario e fondamentale che è quello educativo e nessuno potrà sostituirle. E poi la scuola: istituzione che garantisce un percorso formativo perché il minore arrivi ad inserirsi a pieno titolo nel sistema socio-economico, a potersi realizzare e operare così per il bene comune.
E infine, lavorare ad una grande opera di sensibilizzazione coinvolgendo istituzioni, volontariato, organizzazioni non governative, gente comune per tutelare il minore da ogni discriminazione, per allontanarlo da ogni conflitto anche armato, per riportarlo nell’alveo protettivo di un sistema costruito per la sua tutela, la sua incolumità psico-fisica, l’integrazione in ogni luogo dove questo si venga a trovare e una scolarizzazione adeguata.
Un grande impegno, ma ne vale la pena.

"Dal nostro primo passo nel mondo dipende il resto dei nostri giorni" (Voltaire)

Nereo Tiso
Consigliere –PD-
Proponente Consiglio Straordinario sui diritti del Fanciullo

La regolarizzazione delle badanti e colf e situazione per il futuro

( Video dell'interrogazione in Consiglio )


La regolarizzazione delle badanti e colf

Sappiamo che la legge 102 del 3 agosto 2009 ha dato la possibilità alle famiglie di regolarizzare le collaboratrici domestiche e le assistenti agli anziani (badanti!) che finora si trovavano in situazione di irregolarità.
Da informazioni risulta che a livello nazionale, circa 250.000 sono state le persone regolarizzate
Sappiamo anche che, tra l’altro, era previsto un contributo una-tantum di 500 euro quale sanzione per il condono contributivo relativo al periodo ipotetico di lavoro non regolare. Contributo che si riferiva all’atto dell’assunzione formale e non alla regolarizzazione e la firma del contratto di lavoro che avranno evidentemente, tempi più lunghi
Il Comune di Padova per agevolare la presentazione delle domande, si è reso disponibile con uno sportello informativo e al quale si potevano presentare le domande di assunzioni delle collaboratrici da parte dei datori di lavoro che ne facevano richiesta.
A questo punto, chiedo al sindaco:
se, in base ai dati posseduti dal Comune, la legge 102 abbia aiutato famiglie a regolarizzare le loro collaboratrici e quindi ad assumerle;
se, in riferimento ai dati presunti di collaboratrici e assistenti irregolari stabilmente residenti nel nostro comune o comunque conviventi, quanto sia stata l’ affluenza da parte dei datori di lavoro per la loro regolarizzazione;
se, visto l’aumento delle persone regolari residenti nel nostro Comune, si possa arrivare a aprire lo sportello per il rinnovo del permesso di soggiorno

In sostanza, è stata efficace questa mini sanatoria?



Interrogazione all’ass. Sinigaglia

Futuro delle assistenti agli anziani, degli anziani e proposte nel nostro Comune..

La situazione demografica della nostra città come dell’Italia intera, vede una generale aumento delle aspettative di vita che cresceranno con l’avanzamento della ricerca scientifica e alla sua applicazione alla medicina. Diciamo, sostanzialmente, che si vivrà di più e meglio.
Già ora, comunque, l’aumento della popolazione anziana anche nella nostra città pone non pochi problemi e l’attenzione costante dell’amministrazione a trovare soluzioni adeguate non sempre è sostenuta da finanziamenti adeguati provenienti dalla Regione o dallo Stato che avrebbero ol’onere di contribuire.
Sappiamo che gli anziani vivono meglio nelle proprie case, dove ritrovano i propri affetti e quindi, forse, si sentono meno soli rispetto alla convivenza forzata in una qualsiasi casa di riposo.
Sta di fatto comunque, che questo aumento dell’aspettativa di vita, ci condurrà ad avere, non solo più anziani, ma più anziani soli e, sicuramente più anziani non autosufficienti. Già ora, nelle strutture protette, il numero degli anziani non autosufficienti è elevato con le difficoltà di gestione che possiamo immaginare e il peso che le famiglie dovranno sopportare.
Infatti già oggi le famiglie devono sborsare la non indifferente somma di euro 1500,00 quale contributo per la quota alberghiera dell’ospite nelle strutture protette.
Molti anziani anche della nostra città ora convivono con le assistenti che sono una soluzione importante ma temporanea di fronte ad una eventuale futura non autosufficienza.
Chiedo pertanto all’assessore:
quali prospettive per gli anziani della nostra città nel momento in cui si potranno ridurre il numero delle badanti per motivi anche di cambiamento di prospettiva di lavoro e di opportunità per le stesse assistenti?
Per la tutela degli anziani, come si sta muovendo l’amministrazione per chiedere un sempre maggiore impegno e coinvolgimento da parte della Regione per la tutela della salute, l’assistenza continua e professionale, il contributo sanitario per gli ospiti ed eventualmente anche alberghiero nei casi più critici?
In sostanza, ci stiamo interrogando su quanto queste non ci saranno più?

Scuola Elementare Giovanni XXIII


Da più giorni si leggono sui giornali polemiche a riguardo della scuola elementare Giovanni XXIII situata in Via Marocelli. Le dispute riguardano il numero di bambini provenienti da Paesi stranieri, pari a più del 50% degli iscritti, un numero, a parere di alcuni genitori, risulterebbe eccessivo per arrivare ad una reale integrazione.
Risulta anche però, che la dirigenza dello stesso Istituto comprensivo distingua tra alunni con cognome non italiano (76 in tutto su 140) ma nati in Italia e senza nessun problema di lingua (34) e alunni che non hanno ancora raggiunto un certo livello linguistico in quanto appena arrivati nel nostro paese (32).
Si parla poi che molte famiglie del rione non iscrivono più i loro figli alla elementare Giovanni XXIII ritenendo che questa convivenza tra alunni stranieri e italiani non sia positiva dato, appunto, l’eccessivo numero dei primi.
Si è arrivati anche ad accusare l’amministrazione e in particolare lei assessore, di avere una politica integrativa nelle scuole a favore degli alunni stranieri dimenticandosi degli italiani, oltre ad aver creato gli Istituti comprensivi in modo da n on tener conto del territorio di provenienza.

Chiedo, pertanto:

- In quale situazione si trova ora la scuole elementare Giovanni XXIII a riguardo le iscrizioni per l’a.s. 2009/2010?
- Quali prospettive per il prossimo a.s.?
- Come arrivare ad evitare la polemica continua che poco ha a che fare con la scuola e l’integrazione e fomenta la preoccupazione delle famiglie?

Difficoltà delle scuole paritarie per mancanza di finanziamenti


Video dal Consilgio Comunale



Assessore Piron

Vorrei sottoporle la situazione delle scuole paritarie, in particolare le scuole dell’infanzia.

Leggo da più parti e anche recentemente, che la situazione delle scuole dell’infanzia paritarie, nidi integrati, centri d’infanzia, soprattutto quelle parrocchiali ma non solo, sono in grossa difficoltà. Il rischio è che ne possano chiudere almeno 1 su tre con conseguenze gravissime per i bambini che non troverebbero una collocazione e per le loro famiglie che non saprebbero come gestirli.

Tra l’altro un grido d’allarme viene anche dal card. Scola che sottolinea la gravità della situazione affermando come ben il 68% dei bambini frequentano le scuole dell’infanzia paritarie cercando di capire come la questione sia una importante questione sociale ma anche la possibilità di una riduzione degli anni scolastici dei bambini sottraendoli così ad un importante progetto educativo.

Certo è che i finanziamenti del comune di Padova sono stati aumentati di 300.00 euro l’anno a partire dal 2008 passando 1.512.000 euro annui. Un finanziamento importante che, tra l’altro, è il più alto di tutti i capoluoghi di provincia del Veneto.

Ma anche i numeri sono importanti: 45 scuole con circa 3700 bambini che sono costrette ad aumentare talvolta in modo considerevole le rette o cercare finanziamenti per riuscire a sopportare i costi della gestione.

Pertanto chiedo all’assessore Piron:
1- Quali possibilità ci sono per riuscire ad aiutare le scuole dell’infanzia paritaria? Si possono pensare ulteriori finanziamenti da parte del comune?
2- Visto che la regione ritiene le scuole dell’infanzia un servizio sociale e che i contributi si sono ridotti a fronte di un aumento dei costi di gestione, cosa il comune intende fare anche attraverso l’ANCI per sollecitare la Regione ad aumentare il contributo dato che è il più risibile a fronte di quello statale e comunale?

raccolta rifiuti “porta a porta” nel rione Camin-Granza San Gregorio Magno.

Video interrogazione dal Consiglio
http://serviziweb.comune.padova.it/salaconsiglio/video_detail.php?video_indirizzo=05_10_2009+19_16_28_1.wmv&posizione=3811

INTERROGAZIONE
Assessore

Si fa presente all’assessore che alla Relazione Revisionale e Programmatica 2008/2010, l’allora suo predecessore Bicciato aveva presentato un emendamento che recitava come “Padova intendesse incentivare sempre con maggior forza le politiche di riuso e riciclo del materiale raccolto attraverso il potenziamento della raccolta differenziata e promuovere politiche tendenti alla diminuzione della produzione dei rifiuti”.

Nella relazione tecnica di Acegas-APS, vista la realizzazione della terza linea dell’inceneritore, si scriveva che l’intenzione della stessa azienda era di incentivare la raccolta differenziata proponendo un Progetto –pilota di raccolta “porta a porta” nel rione Camin-Granze-San Gregorio in un’ottica di “sviluppo sostenibile e di tutela dell’ambiente”.

La stessa ACEGAS ha stanziato per il progetto 250.000 euro

Il progetto pilota è iniziato nel 2008 attraverso l’intervento del Consiglio di Quartiere 3 con una serie di iniziative tra le quali incontri informativi con i cittadini, gazebo di presentazione oltre ad un questionario consegnato a tutte le famiglie del rione con un risultato molto incoraggiante: 1/3 dei questionari è ritornato.

Purtroppo, il progetto è stato sospeso. In un’ottica di aumento della raccolta differenziata e di riciclo dei materiali raccolti, penso che questo progetto debba essere ripreso e portato a termine. Sarebbe un esempio di buone pratiche per l’intera città.

Le chiedo, pertanto, di farmi sapere a che punto è il progetto, se si è pensato di ripristinarlo a breve attraverso una forte campagna informativa, la lettura dei questionari, oltre che a continuare il necessario confronto con i cittadini cercando di capire e interpretare esigenze e problema trovando le giuste soluzioni.

Le chiedo altresì se sono previste azioni o opere di compensazione per un rione che da sempre sopporta, per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, il bene di tutti.

Aggiungo assessore che anche Andrea Micalizzi, presidente del Consiglio del Quartiere 3, sottolinea l’importanza di continuare nel progetto.

Nereo Tiso
Consigliere Comunale PD

“SOLIDARIETA’ ALLE VITTIME ERITREE


PREMESSO CHE

Nel mese di agosto abbiamo assistito ad un’altra tragedia del mare: più di 70 persone provenienti dall’Eritrea sono morte nella traversata del mar Mediterraneo. In fuga da un territorio straziato dalla guerra e dalla sofferenza, nella ricerca di una vita più dignitosa si sono trovati a dover combattere prima con i mercanti che li hanno derubati per condurli in Italia; poi con la fame, la sete e il mare che non perdona. Infine hanno dovuto affrontare l’ostacolo più impervio, difficile da superare: l’indifferenza. Indifferenza della gente del mare, timorosa di essere accusata per traffico di uomini; indifferenza dello Stato, anzi degli Stati che, in nome della legge, hanno dimenticato solidarietà e umanità verso chi soffre; indifferenza infine, di molta gente comune che si è voltata dall’altra parte per non vedere e per non sentire.
La legge non può mai superare il rispetto della vita umana: quale sistema di sicurezza si dimentica degli elementari diritti dell’uomo non salvaguardandone la dignità? Lo stesso sistema per il controllo delle frontiere e dei clandestini, non regge; non regge dal punto di vista legislativo, ma soprattutto non regge dal punto di vista umano e umanitario. Infatti La legge italiana del luglio 2009 che prevede il reato di clandestinità nonché il respingimento, mostra tutta la sua inefficacia soprattutto nella dimensione del numero incontrollato di immigrati che attraversano via terra le nostre frontiere rispetto ai respingimenti via mare. Tra l’altro il 22 agosto scorso mons. Nervo, fondatore della Caritas Italiana ha affermato: “Il respingimento in mare è solo barbarie e crudeltà, tanto più in un paese che si ritiene di essere civile e si definisce cristiano”.
Colui che era considerato uno dei più crudeli capi di stato, mente suprema di attentati terroristici drammatici, viene ricevuto in Italia con tutti gli onori di un grande capo di stato, e forse anche di più, per riuscire a pianificare l’arcano sistema di “respingere” o, meglio, di non far partire i miserabili tra i quali anche gli ultimi disperati dispersi in mare. Quali garanzie può darci questo signore nella tutela dei diritti umani?
Le immagini televisive viste di sfuggita nelle calde sere d’estate e i racconti degli scampati destano sgomento e si intrecciano con la pietas che si conviene per questi episodi. Ma chi si ricorderà più di loro e delle loro famiglie che magari li hanno visti partire mesi prima per un futuro migliore e non li vedranno più tornare?
Questi ultimi morti, purtroppo, si sommano a centinaia di altri che li hanno preceduti e che a loro volta sono stati dimenticati. Se ora si cerca di capire le responsabilità e a chi appartiene il lembo di mare sul quale sembra avvenuta la tragedia, domani si continuerà a chiudere gli occhi e respingere indistintamente, indiscriminatamente e contro ogni norma internazionale (800 da maggio in poi i respingimenti ) i potenziali immigrati lasciandoli al loro destino nelle mani delle autorità libiche.

IL CONSIGLIO COMUNALE

- Considerando i valori che la città di Padova ha da sempre difeso quali la solidarietà, l’accoglienza, offrendo disponibilità e integrazione a coloro che chiedono di essere aiutati, ma allo stesso tempo esigendo dagli stessi un profondo rispetto delle regole democratiche;
- ritenendo che questo Consiglio non possa sottrarsi dal riconoscimento di una situazione che ha permesso la morte di molti immigrati nel mare Mediterraneo, scomparsi nell’irresponsabilità e nell’indifferenza ;
- considerando il respingimento indiscriminato delle persone una violazione della Costituzione, dei diritti dell’uomo, delle convenzioni internazionali e un’umiliazione alla dignità dell’uomo;
- ritenendo il reato di clandestinità inutile e inefficace;
- riaffermando la necessità di garantire soccorso e assistenza per tutti coloro che si trovano in difficoltà;

ESPRIME

solidarietà alle vittime immigrate del mare e alle loro famiglie


CHIEDE AL SINDACO

Che questa mozione venga inviata al Presidente della Repubblica riaffermando i valori della nostra città e chiedendogli di continuare a sostenere e a difendere la nostra Costituzione soprattutto all’art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo…” e art.10/3: “Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.”

lunedì 2 novembre 2009

Relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912)


“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.Le nostre donne li evitano non solo perché sono poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione!.

CELEBRAZIONE DEI 20 ANNI DELLA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DEL BAMBINO


Mozione di Nereo Tiso in Consiglio comunale a Padova.

Approvata all'unanimità


PREMESSO•

che il momento attuale vede riportate dai giornali situazioni a dir poco raccapriccianti di violenze perpetrate nei confronti dei minori. La cronaca, purtroppo, sottolinea come, nonostante il grado di civiltà raggiunto dalle nostre democrazie, per la tutela del minori rimanga ancora molto da fare. Se la pedofilia è un crimine, non meno significative per lo sviluppo armonico del bambino ed dell’adolescente sono la mancanza di un’istruzione adeguata e di agenzie educative primarie per poterlo fare. • che i bambini sono soggetti deboli di diritti ai quali è necessario garantire un futuro di protezione, di dignità e di serenità. Non si può scordare che la loro debolezza sia divenuta spesso oggetto di sfruttamento e di violenza dalla quale nessun paese civile si deve sentire immune né abituare. Da una parte la loro tutela è un dovere da parti degli stati, dall’altra la miserevole considerazione dei bambini come animali da soma, lavoratori a basso prezzo, oggetto di perversi desideri sessuali e, non ultimo anello debole della catena alimentare, deve far riflettere;• che le grandi ONG internazionali, le ONLUS , l’UNICEF e le varie associazioni che operano sul territorio e si occupano di diritti dell’infanzia, sono impegnate con diverse e importanti iniziative; CONSIDERATO• che il 20 novembre 2009 verrà celebrato il ventesimo anno dalla proclamazione della Dichiarazione dei diritti del fanciullo dopo che si era ritenuto indispensabile concedere una protezione speciale al fanciullo enunciata nella Dichiarazione di Ginevra del 1924 sui diritti del fanciullo e nella Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo n. 1386 adottata dall'Assemblea Generale il 20 novembre 1959; • che a tutt’oggi 193 Stati, un numero addirittura superiore a quello degli Stati membri dell'ONU, sono parte della Convenzione;• che lo Stato italiano ha ratificato la stessa Dichiarazione dei diritti del Fanciullo del 1989 con legge 27/5 del 1991 n. 176 con la quale si impegna alla tutela dei diritti del bambino, anzi, assicura che “ In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente” (Legge 5/1991 n. 176/3/1)• l’impegno e l’attenzione della nostra amministrazione per la tutela del bambino e nel riconoscere all’art. 2/2/a “la centralità della persona e della sua dignità” sostenendo e difendendo i diritti dell’uomoCHIEDOalla Presidente del Consiglio di convocare per il giorno 21 ottobre presso il Centro San Gaetano/Altinate un Consiglio straordinario in base all’art. 1 del regolamento;• che sia aperto alle scuole secondarie di primo e secondo grado (su invito);• invitando le autorità;• invitando esperti per ricordare, con una breve relazione, l’importanza del momento;• invitando associazioni e ONG che si occupano di tutela dell’infanzia.Nell’ambito del Consiglio straordinario (che potrebbe essere convocato sabato 21 novembre) sarà presentata una mozione che impegni l’Amministrazione Comunale nel sostenere, valorizzare e promuovere sempre più i diritti del fanciullo.

Foresta: la commissione bilancio con un'aula di tribunale


di Nereo Tiso


Certo è che la prima seduta della commissione bilancio non è stata molto producente, annzi, il consigliere Foresta ha deciso di andare all'attacco promettendo "cinque anni d'inferno". Evidentemente ha scambiato la sua posizione di presidente di una commissione consiliare con quella di un ispettore di polizia, o comunque di un in inquisitore che ricerca le evntuali falle dell'amministrazione, gli errori dei dipendenti e, non da poco, insinuando anche sul buon operato dei dirigenti. Infatti il dirigente generale del comune di Padova ha dovuto difendere la dignità professionale della dott.ssa Montobbio dalle affermazioni sopra le righe del consigliere Foresta. Tra l'altro, prendere spunto dell'ordine del giorno da una lettera anonima di un sedicente Gruppo di brokers padovani e da un trasferimento di un dipendente che lavorava in comune sulle polizze assicurative mi sembra decisamente insensatoe almeno dubbio. E ancora costruire l'ordine del giorno utilizzando la trasparenza come una clava vessatoria, credo sia inutile. Certo è che sul merito della trasparenza nessuno ha dubbi, sul suo utilizzo strumentale quasi a voler mettere in difficoltà la maggioranza con l'aggressione ai dirigenti, l'uso di lettere anonime, le scorribande tra gli uffici per tentare di trovare qualcosa su cui accusare, è poco produttivo per la città. Foresta dovrebbe ridimensionare la sua arroganza e pensare al bene della città. Necessità di controllo, sicura trasparenza ma dialogo costruttivo. Comunque non si preoccupi caro Foresta per "l'inferno" sono attrezzato.

Come muore un uomo...

di Nereo Tiso
Non abito a Scampia, non sono un camorrista, non sono un killer, spero di essere, diciamo, uno come la maggior parte di noi, con l'uso della ragione. Di fronte all'esecuzione di Napoli portata alla luce del sole dai magistrati rimango senza parole e con un senso di profonda angoscia. Le parole fanno fatica a concatenarsi e la repulsione di fronte a questo delitto, per me mostruoso, è totale. Non avevo mai visto prima d'ora l'uccisione di un uomo, tranne che nei film. Chi, purtroppo invece, è costretto a convivere con la violenza e la morte, talvolta traendone beneficio, non ci fa caso e "passa oltre". Diciamo che è un problema del quale è meglio non occuparsene: non devo guardare, non devo ascoltare, non devo chinarmi sull'uomo morto e, se voglio pregare, devo farlo in segreto. Sembra che uomini e donne di questa Italia, rassegnati della loro condizione di sottomissione, abbiano posato le armi della ragione ascoltando solo il rumore delle armi di chi, con disinvoltura e freddezza, le usa contro un altro uomo per vendicarsi di uno sgarro poco onorevole. Finchè scrivo questa nota mi ritornano in mente quelle immagini: la morte, l'indifferenza, i bambini che passano con i loro genitori, distratti di fronte a chi, grondante di sangue e colpito a morte, ormai, non è più un uomo. E mi vengono in mente anche le parole di primo Levi che, gridate da un altro luogo con sofferenze ben diverse, ma che alla fine dicono "dite voi se questi sono uomini".Non so nemmeno se posso indignarmi, se ne ho il coraggio, il diritto, la forza. Troppe volte senti parlare di morti: sulle strade, per cause accidentali, ma questi sono "morti ammazzati". Non so nemmeno se esista l'indifferenza tra la gente di Scampia o che invece ci si avvalga della quotidianità. Come fosse la facoltà di non porsi domande e, quindi, di non rispondere.Ora, rimango nel silenzio e spero che gli amici di fb parlino almeno tra di loro: l'uomo rimane sempre uomo.

giovedì 22 ottobre 2009

Caro Camon, anch'io ho viaggiato in terre islamiche... (Camon Mattino 21/10/09)




Sono stato per due anni consecutivi ad Istanbul, con mia moglie e i miei figli. Ho vissuto tra gli islamici dai quali Camon si è sentito disprezzato. Persone gentili., cortesi; mai ci siamo sentiti sentiti disprezzati, nè tanto meno minacciati. Nemmeno in moschea, anzi, nella meravigliosa moschea blu dove abbiamo potuto assistere alla preghiera solo dopo aver chiesto a colui che controllava i fedeli se potevamo. Unica richiesta: mia moglie doveva mettersi un velo. Ho visitato altre moschee, alcune considerate frequentate da persone più "tradizionaliste": mai avuito problemi. Sono stato in Cappadocia: mai avuto problemi. Ci si sedeva nei ristoranti e, con grande gentilezza, come qualsiasi cameriere che si rispetti, ci veniva porato il cibo ordinato. Sono stato in Siria, sempre con la mia famigliqa nello stesso anno. Ovviamente ho incontrato musulmani: dal gestore del campeggio e dalla moglie con i quali abbiamo cordialmente discusso di tutto e anche di religione (Ho studiato teologia e insegno religione....) davanti un the offerto dopo avermi dato indicazioni (si era ad Aleppo) per la basilica di san Simeone lo stiliita. A Damasco, sulla via retta , nel quartiere cristiano, donne vestite all'occidentale, capitelli con piccole madonnine col bambino, nonne che recitavano il rosario (quello cristiano), la casa del sacerdote Anania nella quale un vescovo stava celebrando la messa. Nel quartiere musulamno e nella grande moschea degli Omayadi mai avuto problermi. In moschea solamente ci si doveva coprire (anche le gambe degli uomini, oltre le donne) Ma tutto era previste con cappe per le donne e pseudo gonne-pantaloni per i maschi in pantaloni corti, il tutto consegnato all'ingresso. Nessun problema. Unico obbligo, oltre le cappe, le donne in moschea dovevano camminare dalla parte delle donne. Richiesta gentile, senza nessuna minaccia. E così via. Sono stato in Senegal e sono andato a messa nella chiesa cattolica di Kolda, nel sud del Senegal: nessuno me l'ha impedito. Mi sono confrontato col marabou musulmano, con colleghi di un liceo poligami, ecc. Ma Camon, cosa va a fare nelle terre islamiche? Aspetta di trovare qualcun che lo disprezzi? Cominci qualche volta anche lui a fare qualche proposta e non a pontificare dalla sua rubrica sulla colonizzazione islamica. Il timore viene dalla poca fiducia che si ha nella propria fede, nella propria Chiesa. Chi uccide la propria figlia per motivi di tradizione religiosa avrà la sua condanna penale e religiosa; chi si è convertito, ha fatto una scelta, rispettabile; chi vive nell'angoscia di trovarsi un giorno solo donne con il burqa o il velo, al momento ha la debolezza, la fragilità e l'angoscia, forse, di dover vivere, un giorno, altrove. Le radici cristiane d'Europa si sono formate nel tempo e vanno tenute salde nella propria fede, nei valori in cui si crede e non solo in un sistema di tradizioni e forse anche di celbrazioni senza fede. Non è la citazione nella Carta europea che ci mantiene saldi nei nostri valori o, peggio, denigrando le altrui fedi, ma solamente attraverso la capacità della testimonianza, del lavoro per creare e sostenere un sistema di valori che hanno costruito anche queste nostre terre. Io voglio questa Italia, caro Camon, ed è solo in questa dove si vive. Il futuro non lo consoco e non lo prevedo. Certo è che come lo descrive lei mi turba un po', ma mi consolano le premesse: sono cose che vede solo lei. La mia Chiesa e la mia fede cerca il dialogo nel rispetto reciproco e nella giustizia.Certo, nel rispetto delle regole e della convivenza civile.

giovedì 20 agosto 2009

La scuola? E’ in vacanza.

La scuola ha chiuso da un pezzo i battenti. Le scuole superiori, per ultime, hanno dato il loro responso. Omai si rientra nella consuetudine. Ciò che non può essere consuetudinario, è il silenzio di cui è stata avvolta l’istituzione scuola come se le vacanze avessero dissolto, con un bagno refrigeratore al mare o una passeggiata ristoratrice in montagna, il pensiero di chi si occupa di queste cose. Pensiero che si rivolge al mese di settembre quando avrà inizio l’anno scolastico. Le scuole primarie, ora, si staranno arrabattando per capire bene cosa succederà, come dovranno organizzarsi con il maestro unico, con la scuola a tempo lungo o pieno e come rimodulare l’offerta formativa che non dovrebbe essere inferiore a quella proposta per gli anni precedenti. Ci sono le scuole superiori che subiranno una radicale trasformazione a partire dall’anno scolastico 2010/2011 e che, entro il 25 gennaio, dovranno accogliere gli iscritti alle classi prime senza sapere chiaramente cosa proporre. Anzi, l’incontro tra la “domanda e l’offerta” di formazione è ancora confusa. Infatti i ragazzi che concluderanno la scuola media il prossimo anno dovrebbero già aprire gli occhi ad ottobre cercando di orientarsi di fronte all’offerta che ogni scuola superiore propone. Ma quale scuola? Quale liceo o quale istituto tecnico? Certo, domande che si ripetono da anni con le stesse preoccupazioni da parte di ragazzi e famiglie. Di fronte, certamente, avevano un panorama orientativo ampio, molto diverso e diversificato. A guardare bene, l’anno scorso si è protestato molto, si è scioperato soprattutto per l’organizzazione dell’orario delle scuole elementari che metterà in grossa difficoltà le famiglie nelle loro abitudini e nei loro orari spesso inconciliabili con quelli scolastici. Un inizio d’anno molto incerto. Ma ciò che stupisce è che di fronte alla crisi economica e sociale che si sta vivendo e che avrà, nel mese di settembre, almeno dalle notizie che arrivano, un risvolto pesante, non siamo ancora riusciti con forza ad indignarci per la mancanza di futuro per i nostri figli in ragione della prospettiva di avere meno formazione e meno istruzione. I paesi del nord Europa hanno, guardando alla crisi, l’hanno affrontata con massicci investimenti nella scuola, nell’istruzione e nella formazione in genere perché il futuro di un paese si prepara solo ed esclusivamente pensando in maniera adeguata le nuove generazioni. Noi invece ci siamo occupati d’altro. Certo, regole chiare sugli obiettivi e investimenti che producano risultati. In mancanza di un grande piano sull’offerta formativa saremo, tra vent’anni, a piangere sull’indagine OCSE PISA che ci dirà, ancora una volta, che i nostri alunni saranno meno preparati rispetto agli altri d’Europa. E piangeremo, e questo sarà ancora più grave, la mancanza di persone adeguatamente formate, in grado di migliorare il nostro paese. I pochi che ci saranno andranno all’estero, come adesso d’altronde, probabilmente unico modo per indignarsi.

Nereo Tiso
Consigliere Comunale PD
Padova

Religione a scuola: sentenze, ricorsi…alunni e insegnanti


In mezzo all’afa di ferragosto è arrivata l’ennesima sentenza che fa discutere. Stavolta, diciamo che è una sentenza, quella del TAR del Lazio con valore su tutto il territorio nazionale, che si sovrappone a molte altre sentenze di altri TAR regionali in merito alla “discriminazione” che gli alunni non avvalentisi dell’insegnamento della religione cattolica subirebbero rispetto ai loro compagni che se ne avvalgono . Ed ecco che cominciano i confronti serrati, gli scontri, i ricorsi, le polemiche politiche e i vari tentativi di portare dalla propria parte la sentenza degli stessi giudici oppure, cercare di renderla inefficace. Chi insegna religione da anni, sa bene che non c’è mai stato un solo anno in cui non ci sia stato un ricorso, una sentenza e la conseguente polemica. Tutto ciò non gli ha impedito di recuperare la sua dignità di insegnante e lavoratore lottando per i diritti che gli venivano negati (trattamento per maternità e malattia non paritario; nessun permesso retribuito per studio, non concessione del part-time per chi ne faceva richiesta, ecc.). Certo aiutati dalle organizzazioni sindacali. Non da tutte. Per alcune l’insegnante di religione non è né di serie A, né di B, né di C; più semplicemente non esiste. O meglio esiste in quanto “anomalia” della scuola italiana.
Se si va a guardare all’Europa, la situazione è molto complicata, ma è necessario dire che, se si prescinde da tre paesi e cioè Francia (ad eccezione di Alsazia e Lorena. Nella Francia laica, tra l’altro, gli insegnanti delle scuole private, pur facendo percorsi diversificati rispetto agli insegnati statali, vengono pagati dallo stato:legge n. 59-1557 del 12/1959. E le scuole private, la maggioranza delle quali cattoliche, sono frequentate, anche da moltissimi non cattolici), Slovenia , e Ungheria (anche lì con qualche eccezione), in tutti gli altri paesi si insegna religione. Certo, varie sono le confessioni cristiane e le religioni non cristiane riconosciute dagli stati, ma comunque l’insegnamento esiste, facoltativo o meno, con l’ora alternativa o meno, con insegnanti di ruolo o meno, designati dalla Chiesa/e o meno e pagati dallo stato; comunque esiste ed è riconosciuto.
Da ventidue anni insegno religione e le polemiche tra chi sta da una parte e chi sta dall’altra, non mi mettono più molto a disagio. Riconosco che il nostro insegnamento ha la sua forza perché è debole e noi, insegnanti, cerchiamo di dare strumenti perché gli alunni (il 91% degli alunni italiani iscritti mi sembrano moltissimi) possano con la loro capacità critica e la loro determinazione capire e imparare. Sarà che disponiamo di una valutazione (voto? crediti?) debole che alla fine è un giudizio sintetico (Regio Decreto del 1930); sarà che abbiamo l’idoneità dell’ordinario diocesano, ma abbiamo titoli di studio teologici riconosciuti legalmente e titoli di università statali, corsi di aggiornamento, e molti di noi hanno superato un concorso pubblico (Legge, 186/2003); sarà che cerchiamo di dare il massimo come tutti gli altri insegnanti nella scuola; sarà che riteniamo il nostro insegnamento, soprattutto in un momento storico dove tutto viene televisivamente annacquato, un plus valore formativo ed educativo per gli alunni. Che “devono” essere valutati sulle capacità, sulle competenze, sul dialogo educativo, sul comportamento, ecc. .E non sono solo cattolici gli avvalentisi. Per quanto mi riguarda, ma sicuramente non sono il solo, in classe sono entrati: cattolici, atei, agnostici, indifferenti, protestanti, ortodossi, confuciani, musulmani, testimoni di Geova. Talvolta anche coloro che non si avvalevano. Credo che il pluralismo religioso che si incontra a scuola oltre a quello delle culture dev’essere valorizzato assieme a chi non appartiene a nessuna religione. Ignorare comunque, nella nostra storia e nella nostra tradizione chi è Gesù Cristo, penso sia banalizzare anche le altre religioni presenti sul territorio. Per coloro che non si avvalgono sarebbe invece giunto il momento di trovare una vera alternativa culturalmente valida, nella quale impegnarsi ed essere valutati. Sul nulla, comunque e sempre, non si può valutare. Infine, a prescindere dalle polemiche, spero resti la stima dei miei alunni a garanzia del mio insegnamento. Penso che per un insegnante non si possa aggiungere altro al suo insegnamento. Si potrà cambiare? Non certo con le sentenze.

Nereo Tiso
Consigliere comunale PD - Padova
-

martedì 14 luglio 2009

Dalla crisi economica alle risposte dell’amministrazione

1^ Cons. Comunale 13/07/2009
di Nereo Tiso
Non nascondo una certa emozione nel trovarmi per la prima volta a partecipare ad un Consiglio Comunale. Penso sia uno straordinario momento di democrazia nel quale il confronto politico dovrà avere comunque e sempre l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei cittadini, vecchi e nuovi, che chiedono risposte, fanno proposte e talvolta gridano la loro rabbia.

Le cause della insostenibilità di certe situazioni sono molteplici, ma a ragion veduta, possiamo dire che la crisi economica che stiamo vivendo sia sicuramente la più importante: crea difficoltà e non infrequentemente, drammi. La percezione di queste situazioni sembra sfiorare la maggioranza delle persone, ma è bene riconoscere che le famiglie si impoveriscono perché le aziende chiudono e i posti di lavoro si perdono e le prospettive non aiutano a vedere chiaro il proprio futuro.

Perdere il lavoro è perdere la dignità di chi non è più in grado di dare risposte certe nell’immediato a se stesso, alla propria famiglia e di progettare un futuro migliore per i propri figli. Si arriva a chiedere prestiti di pochi euro, a chiedere di spostare il pagamento delle tasse scolastiche, talvolta si vedono ridurre inesorabilmente le poche possibili spese accessorie che una famiglia era in grado di fare. Ora molti cominciano a rivolgersi a chi, amministrazioni, enti o istituzioni, costituiscono fondi di aiuto che diventano praticamente l’ultima spiaggia prima di transitare nella povertà. La crisi tocca tutti ma in particola modo lavoratori precari (in Italia sono 1.600.000), donne e immigrati. Da ciò emerge che esiste un welfare inadeguato al quale si sommano ammortizzatori sociali inconsistenti.

Dobbiamo anche sottolineare che alle difficoltà di trovare lavoro, si aggiunge anche la riduzione dei margini di sicurezza e dei controlli con le conseguenze drammatiche delle morti bianche che tutti conosciamo.

Purtroppo la crisi mondiale non risparmia la nostra città; la globalizzazione mette in ginocchio anche chi fino a poco tempo fa poteva, seppur con difficoltà e ingegno, superarla. E questa trova nei giovani che si sono preparati adeguatamente attraverso percorsi impegnativi, a ridurre le proprie aspettative di realizzazione in quanto sovrastati dalle difficoltà di trovare un lavoro degno di questo nome o di accettare l’alternativa della precarizzazione che viene svenduta e confusa con la flessibilità. Ciò impedisce loro di essere autonomi economicamente, spesso di non essere in grado di staccarsi dalla famiglia per altre scelte importanti: dalla casa, al costruirsi la propria famiglia, a comunque avere una indipendenza economica per non continuare a pesare sulle risorse dei genitori.

Certo è che chi vive solo e con una pensione minima, è da considerarsi povero perché a fatica, mette insieme il pranzo con la cena e certamente non ha la consapevolezza delle grandi ragioni che hanno prodotto anche le sue difficoltà. Il fatto indiscutibile è che quando va a fare la spesa, i soldi che ha in tasca oggi non bastano per comperare le stesse cose che comperava ieri.

Qui non bastano gli entusiasmi di chi per mesi ha cercato di nascondere la crisi come se fosse una nuvola di passaggio a creare il momentaneo temporale. Le notizie che arrivano sono inquietanti: a settembre non si sa cosa succederà. Le risposte finora non hanno contribuito a ridare forza all’economia in sofferenza, alle imprese piccole e medie e a chi ha perso il lavoro; continuano ad essere poche e frammentarie.

Le imprese della nostra città non sono rimaste fuori dalla crisi: molte ne hanno risentito e hanno dovuto fare i conti con la cassa integrazione per lunghi periodi, con la mobilità e anche con la chiusura Questa amministrazione si è impegnata a risolvere, assieme alle parti sociali, difficili vertenze, offrendo una mediazione utile alla soluzione, e continuerà ad occuparsene mettendo a disposizione fondi per chi rimane senza lavoro. Cosa che, tra l’altro, ha già fatto recentemente stanziando 1.200.000 euro per le famiglie in difficoltà.

Ma la crisi economica non rimane a se stante. Ha un’amica che le fa sempre compagnia: la crisi sociale. Crisi sociale che tocca decisamente i conti dei Comuni che hanno il dovere di dare risposte soddisfacenti e a breve alle domande che vengono poste dai cittadini. Ma l’amministrazione ha anche l’onere di dover creare una prospettiva migliore attraverso mezzi e competenze adeguate. Pertanto deve fare i conti con: l’invecchiamento della popolazione, le famiglie che nella nostra città per il 40% sono formate da un solo componente, spesso anziano; i giovani, i disabili e i non autosufficienti (sono stati azzerati i fondi). In sostanza, dare risposte per riuscire anche a mettere in moto un’economia in grado di superare, per quanto possibile, una crisi che ancora ci opprime.

Dobbiamo comunque dire, che la riduzione delle risorse provenienti dall’ICI e il patto di stabilità che ingabbia le amministrazioni virtuose e premia quelle sprecone, non ha creato instabilità nella nostra amministrazione, ma certamente difficoltà per far quadrare i conti. La torta è sempre più ridotta e le domande a cui rispondere aumentano. La battaglia intrapresa in prima linea dal nostro sindaco sulla possibilità di trattenere il 20% delle imposte da utilizzare dall’amministrazione è un segnale forte per avere maggiori risorse a disposizione. Il federalismo recentemente approvato all’interno dei quali ci sono provvedimenti significativi per le amministrazioni locali, purtroppo vedrà luce non prima di due anni.
La necessità che comunque per migliorare la qualità della vita dei cittadini bisognerà intervenire in modo sostanziale e chiaro, ha visto nel programma per la nostra città, proposte di sviluppo significative che hanno come obiettivo la trasformazione della città riconoscendole di fatto un ruolo centrale nel nordest.

Ruolo che è dato dallo sviluppo del terziario che si è avuto in questi anni, dal polo logistico che vedrà la fusione tra interporto e Magazzini generali e che potrà essere considerato uno tra i più grandi a livello nazionale. In esso transitano merci e uomini da tutta Europa e da paesi che non appartengono alla Comunità europea. Quindi anche una straordinaria convergenza di persone e di culture che passano con le merci di cui non possiamo non tener conto. Inoltre il Consiglio ha indicato le linee per un rilancio della Zona Industriale per un futuro di ricerca e innovazione anche attraverso la costruzione della Torre della ricerca.

Pensiamo alla nostra grande Università: centro di cultura e ricerca tra i più importanti e significativi al mondo. Essa ha grandi capacità di mettere in moto il sistema economico, in vari modi. Ricordiamo il consistente numero di studenti che giornalmente vengono nella nostra città per studiare; pensiamo alla ricerca che crea nuove possibilità, nuove opportunità e nuove prospettive per i giovani e per le imprese che ne usufruiranno.

E poi si pensi all’industria del turismo culturale e religioso che, nonostante la crisi, nella nostra città ha saputo godere di un considerevole numero di presenze italiane e straniere. L’incremento e un suo miglioramento in prospettiva, è una risposta adeguata all’economia della città. Si possono creare nuovi posti di lavoro nella valorizzazione del nostro patrimonio artistico della città del Santo.

Pensiamo poi al nuovo polo ospedaliero della città che andrebbe a migliorare il già avanzato ed eccellente sistema di offerta di prestazioni mediche e di cura, oltre che a creare sicuramente nuovi posti di lavoro ma anche in grado di offrire servizi migliori per i cittadini della nostra città, della regione e anche di coloro che arrivano da fuori regione.

I cittadini hanno scelto di riconfermare di Flavio Zanonato per una garanzia di continuità basata sul lavoro svolto in questi cinque anni assieme alla sua giunta, ma soprattutto sulla fiducia per il futuro di cambiamento con proposte precise, chiare, coerenti che hanno incontrato il desiderio di stabilità. Hanno scelto il certo per l’incerto.

Hanno preferito le solide basi di ciò che è stato fatto. Non un continuismo stanco, arroccato in difesa, che porta all’appiattimento delle proposte, bensì la continuità per dare slancio nuovo a ciò che gia esiste ed un rinnovamento in prospettiva. .

Ora si volta pagina e lo sguardo viene proiettato verso il futuro, non a partire da una città malsana e maleodorante, ma da una città che ha migliorato la qualità di vita dei suoi cittadini, ha dato spazio alla cultura, ha migliorato l’edilizia scolastica, ha dato maggiori speranze a famiglie in difficoltà, ha reso meno difficoltoso muoversi in bicicletta, ha aiutato i giovani a recuperare la memoria storica e ad orientarsi nel mondo del lavoro e dell’Europa comunitaria, ha aiutato gli adolescenti ad orientarsi nella vita, ha operato in maniera decisa sulla sicurezza con fatti e senza slogan, è stata solidale e accogliente ma allo stesso tempo ferma nelle sue posizioni sul rispetto delle regole. In sostanza, si è lavorato perché ogni cittadino potesse vivere più serenamente e meglio e da domani ci si occuperà ancora di loro.

Comunque “indietro non si può tornare” . I movimenti di donne, uomini, culture, religioni, tradizioni, profumi e odori oltre che di merci, sono inarrestabili e una città non può esimersi dall’affrontare la situazione che si è creata e che l’ha cambiata, con forza e decisione utilizzando tutti gli strumenti che un’amministrazione ha a disposizione e in collaborazione con le altre istituzioni, le forze dell’ordine, le altre amministrazioni per dare maggiore serenità a tutti. Questi uomini e queste donne sono un importante e sostanziale risorsa per la nostra economia con 165.000 imprese che creano il 9,2% del Prodotto Interno lordo, e per le nostre famiglie: non possiamo dimenticarlo.

Io cercherò di fare la mia parte mettendomi in ascolto delle persone e collaborando costruttivamente con i colleghi di questo nuovo Consiglio comunale ai quali auguro di poter lavorare soprattutto con un obiettivo: la realizzazione del bene comune perché non ci possa essere qualcuno che venga lasciato solo.

Buon lavoro!

giovedì 9 luglio 2009

Storie di mala morale: il mozzo e il comandante.

di Nereo Tiso
Ormai da qualche mese stiamo assistendo alla commedia il cui attore principale riveste i panni del mozzo che, (come diceva Kierkegaard) con l’andar del tempo, è riuscito a rubare il megafono al comandante sostituendosi allo stesso alla guida della nave. Ma alla fine il mozzo rimane mozzo e, nonostante il suo lavoro sia rispettabile, il suo nuovo ruolo è segnato dalla allegra interpretazione del comando, dalla coabitazione col potere conquistato senza colpo ferire e da tutte le conseguenze di boriosa autoconsiderazione e autocelebrazione di chi ha conquistato un ruolo non suo, che gli fanno sfuggire di mano il compito che ha chi gode della possibilità di utilizzare il megafono e cioè: dare gli ordini per far navigare la nave. Questi consuma il suo tempo annegandosi nei piaceri della carne, godendo di ogni libagione, trastullandosi in mezzo a giovani fanciulle che gli fanno dimenticare sia di essere mozzo, sia che, tali distrazioni, possono condurre la nave alla deriva. Il suo comportamento riesce a coinvolgere anche parte dell’equipaggio costituito da altri mozzi e da qualche sottufficiale di poco spessore, che raccolgono i suoi insegnamenti, ne condividono la morale libertina, lo assecondano nei godimenti, lo sostengono nei patimenti, perdonandogli superficialità e inefficienza, condotta poco consona ad un comandante sorvolando sulla violazione delle regole di bordo. Nel mentre il comandante, al quale era stato sottratto il megafono, nel suo nuovo ruolo di mozzo, rimaneva sempre il comandante: conosce carte nautiche, strategie di navigazione, suddivisione dei ruoli. Comincia a rimettere in coperta la sua autorevolezza parlando agli uomini che i godimenti non possono che portare la nave alla deriva; che il timoniere è necessario, che le regole vanno rispettate e i comportamenti dentro e fuori cabina non separano i luoghi perché l’esempio e il coraggio del comandante vale più di ogni ordine o regola. Ed ecco che, vuoi per paura della deriva, vuoi per una situazione insostenibile a bordo fatta di anarchia morale, vuoi che la crisi della giusta direzione da prendere cominciava a farsi sentire; vuoi anche perché il cibo scarseggiava dato che i porti forestieri non permettevano più l’attracco al mozzo-comandante immorale, un forte malumore serpeggiavo tra l’equipaggio. Volevano essere uomini governati da un comandante che li potesse essere riconsiderati dai forestieri in quanto uomini, navigatori, con qualche pecca ma non abbandonati a loro stessi per l’incuria morale e di comando di un mozzo divenuto comandante. Destituiscono il mozzo fattosi comandante, gli sottraggono il megafono riconsegnandolo a chi di dovere, ricominciano la navigazione potendo attraccare nei porti stranieri senza vergogna. E il mozzo! Il giusto riconoscimento: via il megafono, in mano la ramazza.

mercoledì 24 giugno 2009

Abbiamo vinto: GRAZIE FLAVIO

di Nereo Tiso
Mamma mia, quali brividi! Aver costruito un muro contro l'onda animala che stava investendo anche la nostra città, è stato strraordinario. Con grande impegno siamo riusciti a portare alla vittoria Falvio Zanonato che, con la sua pacatezza, le sue proposte chiare, la usa esperienza e la sua profonda conoscenza della città, ha saputo dimostrare che le confuse idee del candidato Marin e della sua compaggine a Padova non potevano albergare. Nonostante la pletora di ministri presentatasi in città, dal più piccolo al più "medio" (il più grande è impegnato altrove!!!), non sono stati in grado di sconfiggere la granitica solidità di proposte per il futuro e di un lavoro eccellente svolto negli ultimi cinque anni. Grazie ai partiti che si sono impegnati, ai cittadini che ci hanno creduto, ai militanti e non solo, che hanno lavorato fino all'ultimo minuto, siamo riusciti ad ottenere questa entusiamante vittoria. E' la vittoria di una parte, ma la politica non può che essere per tutti i cittadini; il bene comune non può escludere nessuno e il primato della persona dev'essere sempre davanti a chi governa la cosa pubblica. Ed è su questi elementi che si è sviluppato il programma per la città di Zanonato e non sull'enunciazione di valori ipotetici da parte di Marin che non si capiva bene dove volesse arrivare (sono a favore dei respingimenti dei barconi, ma credo nella solidarietà!!!).E poi! La continua ostentazione del proprio essere cattolico, cercare di portare dalla propria parte le istituzioni ecclesiali, le parrocchie, gli istituti religiosi. Il Comune è nato per il governo della città nella quale convivono cattolici, ebrei, mussulmani, persone di altre religioni e anche persone senza nessuna religione. Quali di questi escludiamo? Mi dispiace, ma essere cattolico vuol dire altre cose. Ora che siederò in Consiglio Comunale per la prima volta, non lo farò da cattolico, bensì da persona che ha una sua storia, dei valori da condividere e che vuole confrontarsi per il bene dei cittadini; di tutti i cittadini, senza esclusione alcuna. E questo senza continuamente aizzare i cittadini con la sicurezza, fomentando la paura che può degenerare nell'inimicizia, strada perversa verso l'odio. Scrive Umberto Eco:" Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell'affrontarlo il valore nostro. Pertanto quando il nemico non ci sia, occorre costruirlo". Noi abbiamo deciso di percorrere altre strade: accoglienza, integrazione, diritti-doveri e repressione per chi delinque. La strada è già stata aperta e non si può chiudere.E ora al lavoro! Ne apriremo di nuove per una città nuova a misura d'uomo.

martedì 2 giugno 2009

Solidarietà: l’eretica.


Tentare una breve riflessione su una priorità politico-sociale che mi sembra fondamentale può, in questo momento, essere arduo, ma lo credo opportuno. Se la solidarietà è lo strumento sociale per una vita migliore, come non evocarla con enfasi ed entusiasmo? Purtroppo sembra essere posta quasi come una contraddizione in sé: solidali con chi? Oppure, molto più ironicamente: solidali da chi? La sua enunciazione viene immediatamente ricoperta di derisione se la si rivolge verso gli immigrati; se, invece, la si rivolge a chi è stato più sfortunato fisicamente o intellettualmente, la si carica di commiserazione; se la si rivolge a popolazioni lontane o vicine drammaticamente colpite da catastrofi naturali si ammanta di pietismo; se la si rivolge a chi subisce la grande crisi economica la si riconosce quale sostegno ad una forma di ingiustizia.
Ma chi si prende la briga di vedere nella solidarietà un obiettivo in continua evoluzione che ha radici nei nostri valori di riferimento, che legge la realtà nei suoi cambiamenti e che non può che crearci il senso profondo di responsabilità? Non penso che i punti di riferimento possano essere solo gruppi di volontariato che professionalmente ne sono tutori e sostenitori. Troppo piccola una società che delega anche la solidarietà; troppo debole un sistema che usa l’autorità per decidere a chi va “tutta la nostra solidarietà” e a chi no. Le scelte di una politica misera parlano chiaro: si confonde il primato della persona col consenso, la paura con la solidarietà, e tutto viene strumentalizzato.
Ma la politica è fondamentale: le scelte per il bene comune implicano responsabilità e la solidarietà si realizza nel valutare quali devono essere le attenzioni di oggi per capire il domani e prepararsi adeguatamente ad affrontarlo perché le persone non rimangano ai margini. Le politiche per la famiglia, i disabili, gli anziani, la casa, l’ambiente, l’accoglienza, l’integrazione, la sicurezza forse non hanno a che fare con la solidarietà? Essa non è fatta di assistenzialismo miserevole bensì ha la necessità di dotarsi di strumenti per far sì che ognuno possa sentirsi bene dove vive e con chi vive. Ed ecco che a casa nostra, Padova, la solidarietà ha bisogno di uno sguardo speciale attraverso l’alleanza tra cittadini e istituzioni che crea sinergia per sostenere il patto tra generazioni e tra sistemi nuovi e vecchi: anziani e giovani insieme per costruire, culture e religioni insieme per crescere.
Forse qualcuno vuole eliminare tutto ciò squalificando il sistema di valori creato nel tempo assieme alla Costituzione, passando il tempo a guardarsi le spalle nel timore sempre di essere aggredito? Mi chiedo: dove stanno i cattolici o chi si definisce tale in questa campagna elettorale? Peccato! Ci sarebbe la necessità di sapere che la fede non deve essere ostentata, bensì testimoniata.
Tutto ciò è al primo posto nel programma del nostro sindaco Zanonato,ed è stato al primo posto anche in questi anni di governo della nostra città di Padova.
Io sono al suo fianco candidandomi per il Partito Democratico al Consiglio Comunale.

Nel PD per un’idea nuova di città

Essere nel Partito Democratico e lavorare per questa città ci riempie di orgoglio ed entusiasmo. Essere cattolici candidati al Consiglio Comunale ci aiuta a prendere coscienza che il servizio che vogliamo offrire a tutti coloro che vivono a Padova trae origine dalla presa di coscienza che i valori condivisi sono un’opportunità che non possiamo lasciar cadere. Renderli disponibili in una città che sta cambiando guardando al presente ma proiettata verso il futuro ci rende ancora più consapevoli del ruolo che ognuno può avere.
Il nostro impegno lo affiancheremo a quello di Flavio Zanonato, candidato sindaco . Il lavoro svolto dalla sua amministrazione in questi anni è davanti agli occhi di tutti e sarebbe miope non riconoscerlo. Ma quello che ci interessa in questo momento è il domani di Padova perché la situazione economica è grave e il disagio che si è creato, soprattutto tra le persone meno fortunate, dovrà vederci in prima linea. Bisogna pensare a loro.
Non vorremmo essere considerati i “candidati cattolici del PD”, ma coloro che hanno scelto di impegnarsi, assieme agli altri, per mettersi al servizio di questa città col Partito Democratico perché più vicino a ciò in cui abbiamo sempre creduto: solidarietà, giustizia, tolleranza, accoglienza, centralità della persona. In sostanza vogliamo essere i candidati che, laicamente, lavorano per portare quel valore aggiunto immediatamente disponibile. Nella consapevolezza che le nostre esperienze politiche e professionali debbano far ricercare il modo migliore per il attraverso il sereno confronto, il dialogo franco per proporre idee innovative nella costruzione della città per l’uomo: convivenza civile, sostenibilità ambientale, attenzione alle famiglie, attenzione a scuola, cultura e ricerca; nessuno deve sentirsi solo.
Motivati da questi valori che ci accompagnano da sempre, abbiamo come primo obbiettivo realizzare e condividere il Bene Comune perché siamo consapevoli che la politica sia prima di tutto servizio necessario per conseguire in maniera piena la dignità della persona.
Ed è tutto ciò che ci ha fatto scegliere il Partito Democratico e Flavio Zanonato. Ci riconosciamo nel suo progetto, nella sua esperienza di sindaco, nella sua disponibilità a pensare, anche assieme a noi, alla città che verrà nella quale le generazioni potranno convivere nell’aiuto e nel rispetto reciproco e dove si ricerca la serenità della convivenza pur nel rispetto delle regole. Siamo convinti che bisogna guardare solo avanti facendo memoria del passato e traendo insegnamento anche dagli errori.
Il nostro impegno sarà di recuperare i valori dei quali siamo portatori mettendoli a disposizione di tutti per continuare il percorso iniziato in questi anni.

domenica 26 aprile 2009

Clandestini, la pietà svanita

di Ilvo Diamanti

Cambiano i tempi. Ma gli immigrati non si fermano. Nonostante governino forze politiche inflessibili e "cattive": gli stranieri continuano ad arrivare. Da est e da sud. Per terra e soprattutto per mare. Con ogni mezzo. Barche, barchini, barconi e gommoni. Partono in tanti. Ogni giorno. Uomini, donne e bambini. E in molti non arrivano. Quel piccolo pezzo di mare che separa l'Africa dalla Sicilia è un cimitero dove giacciono un numero imprecisato di imbarcazioni e migliaia di persone. Gli stranieri continuano ad arrivare. Da est e da sud. Per terra e soprattutto per mare. Con ogni mezzo. Barche, barchini, barconi e gommoni. Partono in tanti. Ogni giorno. Uomini, donne e bambini. E in molti non arrivano. Quel piccolo pezzo di mare che separa l'Africa dalla Sicilia è un cimitero dove giacciono un numero imprecisato di imbarcazioni e migliaia di persone. Persone? Per definirle tali dovremmo "percepirle". Invece non esistono. Sono "clandestini" quando si mettono in viaggio e quando riescono ad entrare nei paesi di destinazione. Ma anche quando vengono ammassati nei Cpa. Migranti perenni. Non riescono a trovare una nuova sistemazione - stabile e riconosciuta - ma non possono neppure tornare indietro. Come i 140 stranieri raccolti e trasportati dal cargo Pinar. Rimpallati fra l'Italia - che alla fine li ha accettati - e Malta. Indisponibile. Perché la fuga dall'Africa e dall'Asia, come l'esodo dai paesi dell'est europeo, spaventa tutti i paesi ricchi. Non solo noi. La vecchia Europa vorrebbe diventare fortezza. Trasformare il Mediterraneo in un canale inaccessibile. A cui mancano i coccodrilli, ma non gli squali. Eppure, nonostante la politica della fermezza, la tolleranza-meno-uno, i Cpa e migliaia di espulsioni.
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Nonostante tutto: i flussi non si fermano. Gli sbarchi proseguono senza sosta. Da gennaio ad oggi: oltre seimila. Il doppio rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Che già aveva segnato il livello più alto della nostra storia di immigrazione. Breve e travolgente. Nel 2008 erano sbarcati sulle nostre coste 37mila stranieri. Quasi il doppio del 2007. Difficile non nutrire dubbi sulla produttività delle nostre politiche e della nostra politica. Anche se l'attuale maggioranza di governo ha vinto le elezioni promettendo di fermare gli stranieri. Di bloccare l'invasione. Con le buone ma soprattutto con le cattive. Propositi chiari ma, fin qui, inattuati. Semplicemente perché inattuabili. Quando a migliaia intraprendono il viaggio sulle carrette del mare, stipati come animali. Come i disperati del Pinar. Dietro alle spalle le storie terribili raccontate da Francesco Viviano, su queste pagine, nei giorni scorsi. In fuga da persecuzioni, conflitti etnici. Dalla fame. Disposti a tutto. A ogni costo. Come la ragazza annegata con il suo bimbo in grembo, nelle acque davanti a Malta. Questa emigrazione è una tragedia senza fine. Che, tuttavia, non ci commuove. Anzi, suscita perlopiù distacco e ripulsa. Difficile non cogliere la differenza con l'onda emotiva e la solidarietà sollevate dalla catastrofe in Abruzzo. Ma noi riusciamo a provare pietà e solidarietà solo quando le tragedie accadono sotto i nostri occhi. Quando i media le illuminano, minuto per minuto, luogo per luogo, in modo quasi compiaciuto. Quando la politica le accompagna e le segue da vicino. Perché si tratta della "nostra" gente. Allora ci emozioniamo. Gli "altri", invece, non hanno volto. Le loro tragedie non hanno quasi mai le aperture dei tigì. Gli sbarchi vengono raccontati come una calamità. Per noi. E a nessuno, comunque, verrebbe in mente di organizzare un G8 a Lampedusa. Non solo per ragioni logistiche. Naturalmente, si tratta di considerazioni che possono apparire "buoniste", fradice di retorica. E con la retorica non si risolvono i problemi. Non si proteggono le città insicure. I cittadini minacciati dalla nuova criminalità etnica, dai clandestini che affollano le periferie. D'altronde, in pochi anni siamo diventati un paese di grande immigrazione. Quasi come la Francia e la Germania. Fino a ieri eravamo noi, italiani, a disperderci nel mondo, a milioni, per fuggire la miseria. Ora invece ci sembra che il mondo si stia rovesciando su di noi. E questo mondo è troppo grande per stare dentro a casa nostra, dentro alla nostra testa. Noi non siamo in grado di controllarlo né di comprenderlo. Non ci riusciamo noi. Ma non ci riescono, soprattutto, i poteri economici e finanziari, le istituzioni di governo. In balia dei collassi delle banche e delle borse, delle guerre, del terrorismo, delle epidemie. La politica. Non riesce a difenderci ma neppure a spiegarci ciò che avviene. E rinuncia a contrastare le nostre paure. Anzi, complici i media, le enfatizza. Inventa muri e confini che non esistono. Promette di chiudere i nostri mari, di sbarrare le frontiere. Promette di difenderci, a casa nostra, dagli stranieri che si insinuano nei nostri quartieri. Ricorrendo a iniziative a bassa efficacia pratica e a elevato impatto simbolico. Come le ronde. I volontari della sicurezza locale. Dovrebbero esercitare il controllo sul territorio un tempo affidato alle reti di vicinato, alla vita di quartiere, alla presenza quotidiana delle persone. Rimpiazzando una società locale che non c'è più. La politica. Promette di difendere la nostra identità, la nostra religione, la nostra cultura, la nostra cucina. E per questo combatte contro la costruzione di moschee. Oppure lancia battaglie gastroculturali. Contro i cibi consumati per strada. Anzitutto e soprattutto: contro il kebab. Insieme alle moschee: icona dell'islamizzazione presunta del nostro paesaggio e della nostra vita quotidiana. La politica e le politiche usate come placebo. Per rassicurare senza garantire sicurezza. Per guadagnare voti e consenso. La Lega, secondo i sondaggi, sembra essere riuscita a superare i confini del Nord padano e ad espandersi nelle regioni dell'Italia centrale. Tradizionalmente di sinistra. Ma la retorica della "protezione dal mondo", la costruzione della paura: non riguardano solo la Lega. E neppure la destra. Perché gli stranieri possono "servire", politicamente e culturalmente, ma tanto in quanto le distanze fra noi e loro sono visibili e marcate. Tanto in quanto restano stranieri. Oggi, domani. Sempre. Lontani e diversi. In questo modo ci permettono di ritrovare noi stessi. Di ricostruire - artificialmente, per opposizione e paura - la nostra identità e la nostra comunità perduta. A condizione di fingere: che le nostre frontiere immaginarie, i nostri muri emotivi possano arrestare l'onda degli stranieri. A condizione di non vedere. Diventare ciechi e cinici. Perdere gli occhi e il cuore.

Che fatica partecipare!

Dò il benevenuto a voi che vi sottoponente al
sacrificio di esserci, di contribuire a questa finestra. Qui dialogo e
approfondimenti troveranno terreno fertile.
Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran