lunedì 23 marzo 2009

Alcune note per la città che verrà


di Nereo Tiso

Alcuni suggerimenti che potrebbero essere utilizzati per la nostra città, PADOVA nel prossimo futuro e magari indicativi di future proposte.

LA SCUOLA:

Il comune ha la gestione delle scuole Primarie (elementari) e secondarie di I° grado (medie) ma, in città, ci sono anche le secondarie di II° grado (licei, tecnici, professionali) con la loro complessità e la variegata provenienza di studenti.
Inoltre, non possiamo dimenticare, che ormai un numero sempre più rilevante di studenti extracomunitari o nuovi comunitari, sono presenti nel nostro panorama scolastico già a partire dalla scuola d’infanzia se non prima. Ma un numero sempre più elevato di ragazzi/adolescenti viene inserito nelle scuola superiori provenendo direttamente dal paese di origine in ragione dei ricongiungimenti familiari, subendo traumi non indifferenti.

Abbiamo rincorso, e non per poco tempo, il fenomeno del “bullismo” quasi che questo fosse esteso a macchia d’olio in tutte le scuole e potenzialmente interessasse tutti i ragazzi. Forse ci siamo scordati che la scuola, per fortuna, non è solo questo. Ora, com’era prevedibile, il fenomeno mediatico si è sbollito e ritorniamo ai ritmi di sempre.

Quindi:

creare un organismo di rappresentanza tra i dirigenti scolastici degli Istituti comprensivi e delle scuole superiori per cercare di trovare una linea comune sui percorsi didattici, sugli investimenti, sulle difficoltà che i ragazzi vanno trovare, in particolare per gli extracomunitari
mantenere costantemente i contatti con le scuole
suggerire percorsi di aiuto per chi può trovarsi in difficoltà scolastico, soprattutto con i ragazzi delle scuole medie e superiori
collaborare con i dirigenti scolastici per proposte culturali innovative: musica a scuola, gemellaggi, danze etniche, ecc.
valorizzare i ragazzi più bravi con stage all’estero, scambi culturali in collaborazione con le scuole
continuare e migliorare l’attenzione alla prevenzione al disagio, alle tossicodipendenze, all’anoressia, all’alcoolismo; informare e formare sul codice della strada; insistere sul concetto di “responsabilità”, ecc.
incontrare i rappresentanti degli studenti ascoltandoli e facendo propri suggerimenti e iniziative
collaborare con la Provincia per quanto riguarda iniziative scolastiche di tipo culturale;
collaborazione con la Regione e il suo ufficio scolastico per le scuole professionali
attenzione alle famiglie in difficoltà per i costi dei libri e del materiale didattico sempre in collaborazione con le scuole
controlli capillari e repressivi con la collaborazione delle forze dell’ordine: spaccio davanti le scuole anche dei gradi inferiori; spaccio all’interno delle scuole

A questi suggerimenti si può unire l’armonizzazione del calendario scolastico e una più stretta collaborazione con la SITA per migliorare gli orari dei trasporti scolastici dalla periferia alla città e viceversa.

GIOVANI:

Il mondo giovanile è in cambiamento continuo e le nuove mode, spesso nate da esagerazioni, ci spingono a porre attenzione a questa realtà, cercando di mettere in campo strumenti utili all’aggregazione, alla socializzazione, alla responsabilizzazione e alla crescita.
Certo la nostra città non è giovane, ma migliaia di giovani ci vivono per motivi diversi, ma soprattutto per frequentare la nostra Università. Una città della convivenza tra generazioni, tra etnie, culture, religioni in un vivace caleidoscopio del nostro tempo, ci invita a spenderci per migliorare un sistema frammentato, poco efficace e che vede nel giovane qualcuno a cui vendere dei prodotti, magari alcolici.
Quali suggerimenti:
. penso alla Musica.
Il nuovo auditorium andrà costruito? Bene! Ma sarà ancora una volta una Sancta Sanctorum per grandi eventi o per giovani studenti di musica che, magari con impegno e costanza riescono a raggiungere obiettivi di prestigio. Ora io penso a loro. Perché non creare dei luoghi in cui gruppi musicali, anche di musica colta, nei quali possano esibirsi i giovani musicisti a prezzi accessibili? Non casi isolati o per abbonamento, ma una sorta di stagione nei quali i piccoli gruppi si propongono. Penso, per esempio, di utilizzare alcune chiese del centro non molto ampie, l’ex sinagoga e via discorrendo. E’ un segno che si può offrire perché tutti possano essere partecipi.
Penso alla città che in due giorni dell’anno invita i musicisti di strada, una sorta di Festival dell’arte musicale da strada. Una due giorni con l’aiuto degli esercenti (vedi Ferrara o altri), col contributo delle comunità straniere.
Penso a spazi autogestiti da associazioni musicali riconosciute per piccole band musicali dove poter provare o, comune, esibirsi

Le Piazze:
Da qualche hanno le piazze sono vissute come dei riti trasgressivi e forse, i giovani, hanno bisogno anche di trasgressione. Il problema che tanta trasgressione diventa pericolosa per la salute. Siccome mi sembra complesso, almeno per il momento, far modificare questa abitudine, si potrebbe rendere la piazza più animata con compagnie (anche teatrali, di balli etnici, ecc.) giovani e locali e non caotica anche durante i mesi invernali.
Necessario un controllo ferreo, comunque, tra chi eccede nel consumare e nel vendere alcolici cercando di responsabilizzarli anche nelle iniziative
Se possibile, aprire spazi di aggregazione anche nei quartieri, nei centri civici sottoutilizzati

Il lavoro:
Esiste già il progetto giovani nel quale si opera in questo senso. Mi parrebbe importante che ci fosse un portale aperto nel quale i giovani potessero comunicare tra loro e con il centro proponendo iniziative, dando suggerimenti o mettendo a conoscenza di iniziative interessanti; proponendo collaborazioni
Una sorta di cittadinanza attiva nell’ambito lavorativo
Pensiamo ad ampliare l’orizzonte verso l’Europa che offre opportunità molto spesso poco utilizzate
Proporre lavori estivi e temporanei con un Centro Offerte di lavoro




Cultura:
Università. Si può collaborare attraverso un WEB giovani dedicato ai temi che più si ritengono interessanti dai giovani nell’ambito universitario in collaborazione con i vari dipartimenti
Attraverso il web i giovani potrebbero comunicare anche loro iniziative se non addirittura prodotti di tipo culturale, artistico (cortometraggi, di comunicazione)
Attraverso il portale, trovare la possibilità di comunicare, nell’ambito interfacoltà, interuniversitario italiano, europeo e non solo (a prescindere da Erasmus) trovando spazi, suggerimenti e creando quel sistema di incontro virtuale che potrebbe trasformarsi in reale con scambi all’estero;
Stimolare i giovani ad intraprendere la strada della comunità on-line attraverso blog personali con forum tematici;
Valorizzare gli studenti universitari. Non sono solo risorsa economica per la città. Bisognerà recuperare le capacità creative in collaborazione con le loro associazioni (sportive, sociali e culturali)
(Credo che il nuovo Centro S.Gaetano potrebbe essere uno dei luoghi deputati a questo)

Sport, volontariato, servizio civile.


QUARTIERI E CITTADINI

Nei programmi dei partiti che vorrebbero insediarsi a palazzo, l’attenzione ai cittadini è sempre uno degli elementi fondamentali. Non sempre si riesce, comunque e rendere efficace le proposte fatte in campagna elettorale, vuoi per la cronica emergenza da risolvere, vuoi per il tempo sempre ristretto, vuoi anche, purtroppo, che le attenzioni soprattutto delle giunte, sono a fini elettorali e quindi il territorio, pur presidiato da Consigli di quartiere, viene incontrato con difficoltà e di ciò i cittadini ne risentono.
1) Infatti, la necessità di un incontro costante con i cittadini da parte della giunta, ascoltarli anche se si fa fatica;
2) Proporre percorsi partecipati per l’adeguamento e miglioramento del rione o del quartiere. Mettersi in ascolto dell’associazionismo di territorio
3) Riconoscimento del valore del quartiere/rione con la sua storia e la sua gente (il quartiere centro non è il quartiere 3, ecc )
4) Sviluppare cultura ascoltando le esigenze di quartiere
5) Suscitare associazionismo anche sportivo per rendere vivaci i quartieri magari offrendo impianti adeguati per la pratica dello sport
6) Se possibile, recuperare degli spazi per i giovani e la loro aggregazione ristrutturando vecchi edifici
7) Valorizzare i parchi cercando di gestirli in maniera intelligente anche con controlli
8) Cercare di dislocare nei rioni più popolati, in accordo con USL, dei centri prelievi in giorni prestabiliti per offrire alle persone anziane, ma anche agli altri, una possibilità in più di evitare gli intasamenti di via san Massimo
9) Dare ai Consigli di Quartiere una maggiore disponibilità di fondi per interventi diretti senza attraversare troppi meandri burocratici. I Consigli di Quartiere sono gli unici ad avere un costante contatto con i cittadini e col territorio conoscendone i problemi cercare. Chiaro che il controllo dovrà esserci sempre

SICUREZZA, SOLIDARIETA’, INTEGRAZIONE
(fermi nella legalità, aperti alla solidarietà, operanti nell’integrazione)

Il problema della sicurezza è stato ed è un cavallo di battaglia che il PD ha lasciato in mano ad altre forze politiche. E’ stato gestito in modo dirompente scaricandolo completamente addosso agli immigrati, tanto da suscitare nei cittadini una tensione che è sfociata in paura come autodifesa.
Noi, spero, possiamo avere ricette diverse che comincino a tener conto delle esigenze a breve dei cittadini (degrado, difficoltà di coabitazione, difficoltà di accettazione del diverso, paure), ma allo stesso tempo tengano presente l’irreversibilità del fenomeno immigrazione, la necessità economica di manodopera (vedi il rientro delle aziende, soprattutto in Veneto, dopo la delocalizzazione), le esigenze delle nuove famiglie straniere con figli che dovranno mandarli a scuola con percorsi che ne prevedano l’accesso a qualsiasi livello aiutando coloro che sono in difficoltà (questa è la Costituzione).
E’ opportuno capire anche che molti di loro sono di religione diversa dalla cristiana, con la propria storia e le proprie tradizioni. Le esigenze di questi credenti devono essere gestite con grande oculatezza. La Costituzione Italiana applicata come se la libertà religiosa non dovesse tener conto delle sensibilità del territorio e delle popolazione. I luoghi di culto sono devono essere presi in considerazione non solo come problema logistico. Ascoltare i Comitati di cittadini che si sono costituiti e moltiplicati a macchia d’olio con una grande visibilità (forse troppa) a livello locale e nazionale, è doveroso ma è opportuno che loro sono giuste esigenze, siano finalizzate al bene comune. Quindi:

1) La gestione della sicurezza deve avvenire in collaborazione con i Comuni della Provincia che più sentono questo problema e con i altri comuni capoluogo confinanti.
2) La Regione dovrà avere, con gli assessori proposti, contatti programmatici significativi per progetti futuri
3) Non si può gestire solo l’emergenza. Bisogna pensare al futuro, tradurre le esigenze del territorio (economiche, sociali, culturali) e trasportarlo oltre l’immediato , del quale pur bisognerà tener conto.
4) Incontrare costantemente le associazioni che si occupano di immigrazione/integrazione e anche le stesse associazioni di immigrati con le quali aprire un dibattito non di circostanza, bensì di progetto lungimirante
5) Cooperare continuamente con le forze dell’ordine al monitoraggio del territorio per garantire maggiore tranquillità ai cittadini
6) Essere sempre in contatto con i quartieri per capire le diverse situazioni
7) Stabilire interventi di tipo socio/culturale per poter incontrare queste persone.
8) Incontrare coloro che operano nel territorio e che possono avere maggiormente il polso della situazione (parrocchie, associazioni anche sportive, scuole); lavorare con loro e progettare per il territorio
9) Monitorare esigenze e opportunità di occupazione per gli immigrati (e non solo) attraverso le associazioni di categoria soprattutto nei quartieri dove ci potrebbe essere maggiore offerta.
10)Valorizzare i cittadini stranieri anche attraverso i loro titoli di studio
11) Sollecitare il Governo non per una sanatoria, ma per una definizione delle situazioni di lavoro nero e precario (pensiamo alle badanti) con assunzioni anche temporanee in prova con un permesso temporaneo per apprendistato o accesso ai contratti stabiliti dalla ancora in vigore legge Biagi

CATEGORIE ECONOMICHE

Ascoltare le categorie economiche è sicuramente segno di apertura e riconoscimento. Le loro esigenze, in momenti difficili per l’economia, possono corrispondere a quelle dei cittadini che hanno difficoltà contingenti.
Stabilire dei contatti con industriali, artigiani, commercianti è necessario come avere proposte da mettere sul tavolo per migliorare la vita dei cittadini, risvegliare i mercati rionali con prodotti tipici e locali e con buone pratiche che si aggiungono alle giuste esigenze economiche.
1) Proporre a tutte le categorie dei percorsi di Responsabilità Sociale d’Impresa. Una pratica poco diffusa ma molto studiata che prevede un impegno (libero) da parte degli imprenditori per avere maggiore attenzione al territorio nel quale risiedono. Come:
Per i commercianti:
a. rispettando maggiormente l’ambiente attraverso una esigente raccolta differenziata dei rifiuti
b. sollecitare a formare delle associazioni di rione, di via (in città) che possano valorizzare il territorio e quindi renderlo, talvolta, meno degradato e più accessibile alle stesse attività economiche (non aspettarsi tutto dal Comune)
c. valorizzare il commercio come miglioramento della qualità della vita e non solo come esigenza economica
d. una cerimonia con premiazione,seppur simbolica,( ma che se ben pubblicizzata può essere interessante per i premiati) da parte del Comune per chi lavora per queste buone pratiche;

Chiaro che si possono prevedere percorsi per artigiani e Industriali del nostro territorio sempre in un patto tra Regione-Provincia-Comune per valorizzare le imprese che si occupano di RSI e si preoccupano di stabilire delle buone pratiche creando posti di lavoro, nuove relazioni con il mondo giovanile che cerca lavoro, ma che può essere sollecitato a fare impresa.
La proposta può essere fatta anche nell’ambito della ricerca e nelle proposte innovative di imprese che cercano, mettendosi insieme e recuperando in forma comune risorse per i vari progetti, sistemi per riuscire a svilupparsi e a creare positività in ricerca per l’attenzione all’ambiente in generale, il miglioramento della propria offerta produttiva, il lavoro e l’offerta di lavoro nonché il miglioramento dell’ambiente di lavoro, ecc..

Le categorie, sempre in collaborazione e in forma congiunta con Comune, Provincia e Regione, Stato, possono contribuire ad istituire percorsi di formazione per far crescere dei sistemi di riqualificazione di coloro che, per vari motivi, perdessero il lavoro. Tutto ciò studiando percorsi utili alla ricollocazione nel mondo del lavoro.


FAMIGLIA

Di famiglia se ne parla poco e quando se ne parla, ci si riferisce quasi esclusivamente alla famiglia con figli piccoli o comunque minori. I problemi delle famiglie sono i problemi che rispondono a tutta le realtà che sopra sono state descritte.
Il riferimento alla quarta o alla terza settimana (un po’ giornalistico e ormai di scarso effetto) implica anche la ridefinizione di ciò che sta all’interno della famiglia e il suo essere rivolta verso l’esterno:
1) Pensiamo alla precarietà del lavoro o all’assenza del lavoro. Il mondo in movimento ci fa capire che il lavoro ha bisogno continuo di ripensamento; il lavoro non cessa di emettere sentenze atroci nei suoi continui mutamenti. Quale attenzione si propone la città di fronte ad un mondo in assoluta trasformazione? Può continuare ad affrontare il problema solo in termini solidaristici o non deve pensare che il lavoro in una città significa risorse, tranquillità sociale, migliore capacità attiva e di pensiero? Penso di no! Le amministrazioni nella loro autonomia, hanno il dovere, in base alle loro competenze ma anche alle loro capacità di sollecitazione e alla loro grande conoscenza del territorio e dei suoi problemi, creare nuovi luoghi privilegiati dove si possano incrociare le competenze e le proposte in una sorta di Piano sociale Intercomunale per il lavoro (non so se sia già stato coniato)
2) Gli anziani. La popolazione vive sempre di più e sempre meglio e questo è un fatto positivo. Penso alla necessità di continuare a valorizzare, attraverso iniziative sul territorio, le capacità e le abilità degli anziani ancora attivi. Tutto ciò può essere un arricchimento della famiglia, un diversivo per l’anziano stesso e una forma di relazione tra generazioni.
3) Il problema sorge con gli anziani soli, in difficoltà (non solo economiche), che hanno bisogno di contatti umani. Possiamo noi pensare, da qui a dieci anni, ancora alle badanti come sostegno alle famiglie con anziani? Il futuro può essere demandato ancora a loro? Io penso che ciò sia quantomeno improbabile. Se nelle grandi strutture di accoglienza (case di riposo) vivono molti non autosufficienti, ci possono essere strutture di media grandezza nelle quali accogliere gli autosufficienti per una forte socializzazione. Anche se l’anziano dovrebbe, per quanto possibile, essere sostenuto a casa sua. Questo dovrà essere pensato per il lungo periodo;
4) I figli. I figli rimangono in casa più a lungo, studiano per molti più anni e, per molti più anni hanno difficoltà a trovare una loro indipendenza. Penso, sempre in collaborazione con le altre Istituzioni di governo, alla possibilità di prestiti per frequentare l’università, finanziamenti per la casa da restituire nel tempo. Ma i figli sono anche minori, e le famiglie hanno bisogno immediato di sostentamento con asili nido. Molto si sta facendo ma molto si dovrà ancora fare. Penso a dei centri privati specializzati per l’infanzia sparsi sul territorio, legati al Comune (non saprei in quale modo. Magari utilizzando i Centri Civici sottoutilizzati). Altra questione sono le mense scolastiche. Domanda impopolare: perché far pagare lo stesso prezzo la mensa scolastica a tutti, anche se molti potrebbero pagare un po’ di più e quindi ridistribuire quelle risorse in maniera più appropriata?
5) La casa. Il piano casa sappiamo che è una nota dolente, ma forse pensare ad un piano di sviluppo-casa per i prossimi dieci anni potrebbe non far essere sempre in riserva cronica.

COMUNICAZIONE, INFORMAZIONE, TRASPARENZA

I cittadini ai quali ci si rivolge al momento del voto, sempre più istruiti e sempre più stanchi di una certa politica che sentono lontana. Nel senso che la delega in bianco, l’assenza totale del vincolo di mandato, talvolta è la strada per l’estraneizzazione dei cittadini dalle scelte politiche che, naturalmente, li riguardano. Pertanto il cittadino ha diritto ad essere informato su la coerenza tra proposte elettorali, realizzazioni del programma e criticità. Questo per evitare la marginalizzazione di chi si è espresso affidando il mandato all’amministrazione.
L’impegno pertanto:
1) Comunicazione: tutti i mezzi possibili per poter comunicare ciò di cui l’amministrazione si sta occupando cercando di arrivare al maggior numero di persone possibile. Poter, attraverso gli stessi mezzi o direttamente attraverso i CdQ, ascoltare i cittadini.
2) Informazione: sui temi di maggior rilievo sia economico che sociale e civile, un approfondimento con contatti sul territorio da parte degli assessori e funzionari competenti utilizzando anche mezzi rapidi efficaci per arrivare ai cittadini. La comunicazione deve essere semplificata Informare i cittadini di come vengono utilizzati le risorse pubbliche è lo strumento per mantenere contatti continui con gli stessi durante il corso della legislatura
In sostanza aprire un canale diretto e soprattutto trasparente con i cittadini impegnando l’amministrazione ad utilizzare tutti gli strumenti in suo possesso.


LA CITTA’ DI DOMANI IN UNA REGIONE CHE CAMBIA

La regione Veneto prende coscienza dell'esaurirsi del suo territorio e, per legittima difesa comunitaria, progetta nuove strategie e nuovi possibili limiti. Sa che i parametri del progresso passeranno sempre di più attraverso le gerarchie della sanità, della scuola, dell'ambiente, della sicurezza, dell'assistenza. Sa che in una società realmente avanzata tutte le strade della qualità sociale trovano al centro anche la donna, che sta portando su di sé la bilaterale fatica del lavoro e della famiglia, del reddito e della maternità, della cura dei figli e dello stress produttivo. Una rivoluzione nella rivoluzione, che richiederebbe uno speciale welfare femminile.
RETE DI CITTA’

Lo straordinario movimento interno e verso l’esterno che il Veneto ha saputo costruire in questi anni, preme perché si affronti in maniera approfondita quale potrebbe esse il futuro della Regione costruito attraverso una rete di città congiunte tra loro e queste aperte verso altre regioni italiane o macro regioni europee.
Il movimento di merci e di uomini in modo sempre più efficace per poter con-correre che altre esperienze produttive non può sottrarsi a quella dimensione valoriale che ha fatto la storia della nostra Regione e che ha saputo essere una delle regioni più ricche d’Europa.
Saper recuperare il senso della socialità e della solidarietà in una dimensione etica di convivenza va ad incidere in maniera sostanziale sul futuro, non solo della regione quale territorio industriale o del terziario, ma sulle future generazioni che dovranno naturalmente confrontarsi con altre nuove generazioni in movimento. Altre nuove generazioni che, godendo di nuove opportunità, possibilità di movimento sempre più rapido, ingegnosità, grandi investimenti dei loro paesi, culture di accoglienza coniugando diversità, uguaglianza e dignità, potranno posizionarsi in modo diverso, più avanzato e quindi più aperto verso il futuro che non può immaginare un ritorno al passato.
Le città venete, pertanto, dovranno superare gli individualismi, affrontare il problemi proiettate verso le straordinarie opportunità che può offrire la nostra regione. Guardando alla socialità, allo sviluppo sostenibile, alla tecnologia avanzata, alla tutela ambientale investendo in nuove energie, alla concentrazione dei poli universitari per aumentare la qualità, alla crescita del Terzo Settore come alta qualità del servizio alla persona, alla crescita del sistema scolastico di formazione, alla riqualificazione, ecc. , il nostro Veneto potrà lanciarsi in una nuova sfida.
Anche la nostra città, esprimendo le sue energie creative che comprendono tutti gli elementi sopra descritti, dovrà non rincorrere modelli sociali che vogliono solo dare risposte a breve a problemi contingenti, ma rispondere e proiettare la visione oltre l’oggi. Come si può progettare un PAT territoriale, si deve arrivare ad affrontare anche la progettazioni di altri PA (piani di assetto) di tipo: Sociale, Ambientale, Economico, Solidale, Informatico, della Viabilità, Sussidiario, ecc.






domenica 22 marzo 2009

Vita e morte secondo il vangelo


di Enzo Bianchi
in "La Stampa" del 15 febbraio 2009

C´è un tempo per tacere e un tempo per parlare» ammoniva Qohelet, così come «c´è un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per uccidere e un tempo per guarire...».
Veniamo da settimane in cui questa antica sapienza umana - prima ancora che biblica - è parsa
dimenticata. Anche tra i pochi che parlavano per invocare il silenzio v´era chi sembrava mosso più che altro dal desiderio di far tacere quanti la pensavano diversamente da lui. Da parte mia confesso che, anche se il direttore di questo giornale mi ha invitato più volte a scrivere, ho preferito fare silenzio, anzi, soffrire in silenzio aspettando l´ora in cui fosse forse possibile - ma non è certo - dire una parola udibile.
Attorno all´agonia lunga 17 anni di una donna, attorno al dramma di una famiglia nella sofferenza, si è consumato uno scontro incivile, una gazzarra indegna dello stile cristiano: giorno dopo giorno, nel silenzio abitato dalla mia fede in Dio e dalla mia fedeltà alla terra e all´umanità di cui sono parte, constatavo una violenza verbale, e a volte addirittura fisica, che strideva con la mia fede cristiana. Non potevo ascoltare quelle grida - «assassini», «boia», «lasciatela a noi»... - senza pensare a Gesù che quando gli hanno portato una donna gridando «adultera» ha fatto silenzio a lungo, per poterle dire a un certo punto: «Donna \ neppure io ti condanno: va´ e non peccare più»; non riuscivo ad ascoltare quelle urla minacciose senza pensare a Gesù che in croce non urla «ladro, assassino!» al brigante non pentito, ma in silenzio gli sta accanto, condividendone la condizione di colpevole e il supplizio. Che senso ha per un cristiano recitare rosari e insultare? O pregare ostentatamente in piazza con uno stile da manifestazione politica o sindacale?
Ma accanto a queste contraddizioni laceranti, come non soffrire per la strumentalizzazione politica dell´agonia di questa donna? Una politica che arriva in ritardo nello svolgere il ruolo che le è proprio - offrire un quadro legislativo adeguato e condiviso per tematiche così sensibili - e che brutalmente invade lo spazio più intimo e personale al solo fine del potere; una politica che si finge al servizio di un´etica superiore, l´etica cristiana, e che cerca, con il compiacimento anche di
cattolici, di trasformare il cristianesimo in religione civile. L´abbiamo detto e scritto più volte: se
mai la fede cristiana venisse declinata come religione civile, non solo perderebbe la sua capacità
profetica, ma sarebbe ridotta a cappellania del potente di turno, diverrebbe sale senza più sapore
secondo le parole di Gesù, incapace di stare nel mondo facendo memoria del suo Signore.
È avvenuto quanto più volte avevo intravisto e temuto: lo scontro di civiltà preconizzato da
Huntington non si è consumato come scontro di religioni ma come scontro di etiche, con gli effetti
devastanti di una maggiore divisione e contrapposizione nella polis e, va detto, anche nella Chiesa.
Da questi «giorni cattivi» usciamo più divisi. Da un lato il fondamentalismo religioso che cresce,
dall´altro un nichilismo che rigetta ogni etica condivisa fanno sì che cessi l´ascolto reciproco e la
società sia sempre più segnata dalla barbarie.
Sì, ci sono state anche voci di compassione, ma nel clamore generale sono passate quasi
inascoltate.
L´Osservatore Romano ha coraggiosamente chiesto - tramite le parole del suo direttore, il tono e la frequenza degli interventi - di evitare strumentalizzazioni da ogni parte, di scongiurare lo scontro ideologico, di richiamare al rispetto della morte stessa. Ma molti mass media in realtà sono apparsi ostaggio di una battaglia frontale in cui nessuno dei contendenti si è risparmiato mezzi ingiustificabili dal fine. Eppure, di vita e di morte si trattava, realtà intimamente unite e pertanto non attribuibili in esclusiva a un campo o all´altro, a una cultura o a un´altra. La morte resta un enigma per tutti, diviene mistero per i credenti: un evento che non deve essere rimosso, ma che dà alla nostra vita il suo limite e fornisce le ragioni della responsabilità personale e sociale; un evento che tutti ci minaccia e tutti ci attende come esito finale della vita e, quindi, parte della vita stessa, un evento da viversi perciò soprattutto nell´amore: amore per chi resta e accettazione dell´amore che si riceve. Sì, questa è la sola verità che dovremmo cercare di vivere nella morte e accanto a chi muore, anche quando questo risulta difficile e faticoso. Infatti la morte non è sempre quella di un uomo o una donna che, sazi di giorni, si spengono quasi naturalmente come candela, circondati dagli affetti più cari. No, a volte è «agonia», lotta dolorosa, perfino abbrutente a causa della sofferenza fisica; oggi è sempre più spesso consegnata alla scienza medica, alla tecnica, alle strutture e ai macchinari...
Che dire a questo proposito? La vita è un dono e non una preda: nessuno si dà la vita da se stesso
népuò conquistarla con la forza. Nello spazio della fede i credenti, accanto alla speranza nella vita in Dio oltre la morte, hanno la consapevolezza che questo dono viene da Dio: ricevuta da lui, a lui varidata con un atto puntuale di obbedienza, cercando, a volte anche a fatica, di ringraziare Dio: «Ti ringrazio, mio Dio, di avermi creato...». Ma il credente sa che molti cristiani di fronte a
quell´incontro finale con Dio hanno deciso di pronunciare un «sì» che comportava la rinuncia ad
accanirsi per ritardare il momento di quel faccia a faccia temuto e sperato. Quanti monaci, quante
donne e uomini santi, di fronte alla morte hanno chiesto di restare soli e di cibarsi solo
dell´eucarestia, quanti hanno recitato il Nunc dimittis, il «lascia andare, o Signore, il tuo servo»
come ultima preghiera nell´attesa dell´incontro con colui che hanno tanto cercato... In anni più
vicini a noi, pensiamo al patriarca Athenagoras I e a papa Giovanni Paolo II: due cristiani, due
vescovi, due capi di Chiese che hanno voluto e saputo spegnersi acconsentendo alla chiamata di
Dio, facendo della morte l´estremo atto di obbedienza nell´amore al loro Signore.
Testimonianze come queste sono il patrimonio prezioso che la Chiesa può offrire anche a chi non
crede, come segno grande di un anticipo della vittoria sull´ultimo nemico del genere umano, la
morte. Voci come queste avremmo voluto che accompagnassero il silenzio di rispetto e
compassione in questi giorni cattivi assordati da un vociare indegno. La Chiesa cattolica e tutte le
Chiese cristiane sono convinte di dover affermare pubblicamente e soprattutto di testimoniare con il vissuto che la vita non può essere tolta o spenta da nessuno e che, dal concepimento alla morte naturale, essa ha un valore che nessun uomo può contraddire o negare; ma i cristiani in questo impegno non devono mai contraddire quello stile che Gesù ha richiesto ai suoi discepoli: uno stile che pur nella fermezza deve mostrare misericordia e compassione senza mai diventare disprezzo e condanna di chi pensa diversamente.
Allora, da una millenaria tradizione di amore per la vita, di accettazione della morte e di fede nella risurrezione possono nascere parole in grado di rispondere agli inediti interrogativi che il progresso delle scienze e delle tecniche mediche pongono al limitare in cui vita e morte si incontrano. Così le riassumeva la lettera pontificale di Paolo VI indirizzata ai medici cattolici nel 1970: «Il carattere sacro della vita è ciò che impedisce al medico di uccidere e che lo obbliga nello stesso tempo a dedicarsi con tutte le risorse della sua arte a lottare contro la morte. Questo non significa tuttavia obbligarlo a utilizzare tutte le tecniche di sopravvivenza che gli offre una scienza instancabilmente creatrice. In molti casi non sarebbe forse un´inutile tortura imporre la rianimazione vegetativa nella fase terminale di una malattia incurabile? In quel caso, il dovere del medico è piuttosto di impegnarsi ad alleviare la sofferenza, invece di voler prolungare il più a lungo possibile, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi condizione, una vita che non è più pienamente umana e che va naturalmente verso il suo epilogo: l´ora ineluttabile e sacra dell´incontro dell´anima con il suo Creatore, attraverso un passaggio doloroso che la rende partecipe della passione di Cristo. Anche in questo il medico deve rispettare la vita».
Ecco, questo è il contributo che con rispetto e semplicità i cristiani possono offrire a quanti non
condividono la loro fede, affinché la società ritrovi un´etica condivisa e ciascuno possa vivere e
morire nell´amore e nella libertà.

lunedì 2 marzo 2009

Franceschini...l'eletto e gli umori dei costituenti



di Nereo Tiso

eccomi presente ad informarvi su quanto successo ieri all’assemblea nazionale del Partito Democratico. Prima però, mi sento di fare una premessa necessaria per evitare l’illusione che tutti i problemi si risolvessero col voto, quasi unanime, del nuovo segretario del partito, Dario Franceschini.
Ciò che si è consumato in questi giorni nel nostro partito mette molto a disagio e ci induce a fare i conti con ogni futura possibilità. La nomenklatura sta ancora al suo posto e non credo se ne starà zitta ad ascoltare il “buon” Dario anche se ieri, con decisione, ha ribadito che deciderà da solo” sulle persone.
Comunque, il timore era, almeno da parte mia, che l’assemblea (ri)costituente andasse deserta oppure che i delegati presenti non fossero in grado di prendere decisioni sagge lasciando il Partito allo sbando, i suoi sostenitori in crisi d’identità (se sono stati in grado finora di costruirne una…).
Sta di fatto che all’assemblea erano presenti circa millecinquecento delegati che hanno saputo, anche con dibattiti infuocati e accuse mirate, con iniziative forti per ribadire il proprio NO ad un partito così impresentabile, scegliere la via, a parer mio, della saggezza.
Molti, in effetti, avrebbero voluto primarie e congresso subito per eleggere un nuovo segretario con una nuova assemblea costituente e con nuove persone in grado di costituire un gruppo dirigente degno di questo nome. Il percorso sarebbe stato lungo e complesso: la fretta avrebbe portato a prendere decisioni sull’onda dell’emotività e non della ragione e sconvolgere il partito col rischio, paventato da Rosy Bindi nel suo intervento, di una scissione e di un ritorno ai partiti di provenienza.
Il dibattito è stato vero e franco, le accuse non si sono risparmiate, soprattutto alla dirigenza che, tra l’altro, si è presentata a parlare solo con Fassino e la Bindi: tutti gli altri in prima fila, in silenzio. Certo è che, anche tutti coloro che hanno preso la decisione di votare Franceschini non hanno risparmiato nulla a coloro che sono stati considerati i primi responsabili della situazione. Ma loro, impassibili.
E in fine il discorso di Franceschini. Pacato ed emozionato all’inizio, si è poi aperto all’assemblea che comunque lo sosteneva anche se, chiaramente, non tutta. Ha affrontato temi importanti di politica e ha riconosciuto gli errori fatti dal partito e, soprattutto, quelli fatti dalla sua dirigenza. Ora, dice Franceschini: basta parlare del PD davanti alle TV, ma solo di politica per far capire quali sono le proposte del PD e gli errori del governo; ostiene con forza l’unità dei sindacati.; vuole valorizzare anche chi non ha nessuna appartenenza politica precedente; riprendere i temi etici nel rispetto della costituzione. Oggi, dice ancora Franceschini, “si è costruita una nuova appartenenza”.
Se venerdì mi preoccupavo per l’assemblea di sabato, ora mi preoccupo per lunedì, quando inizieranno le pressioni sul neo eletto. Invettive, fuochi incrociati. Si poteva fare diversamente? Forse sì. Credo alle primarie perché esprimono democrazia; ma in questo momento, erano utili con la campagna elettorale che inizierà tra due mesi nella quale dovremo chiarire soprattutto di aver ritrovato un’identità (?) e di avere una precisa proposta politica oltre ad avere un segretario a tutti gli effetti che cercherà di accompagnare questo partito al prossimo ottobre e alle prossime amministrative ed europee? Io penso di no.
Altri rischi oltre ai probabili fuochi: Franceschini è stato vice di Veltroni e ne ha condiviso errori e anche le molte cose positive: saprà smarcarsi da questo fardello? L’inizio è stato positivo e promettente, ma le pressioni saranno molto forti. Riuscirà/emo ad arrivare ad ottobre recuperando fiducia negli elettori? Saprà fare un’opposizione seria al Governo presieduto, come sappiamo, non da uno statista gentiluomo, ma dal ringhioso personaggio delle TV? Comincerà a fare proposte forti per migliorare la situazione dei cittadini e , soprattutto, farsi capire? Saprà scrollarsi di dosso gli arroganti del partito? Il cammino è in salita per Franceschini; per tutto il PD è in ri…salita.
Non dobbiamo perdere la speranza.

Addio Veltroni...



è un giorno veramente triste per il nostro Partito: le dimissioni del segretario nazionale Veltroni ci fanno sprofondare nel buio, se ancora ce ne fosse stato bisogno dopo le sonore sconfitte elettorali in Abruzzo e in Sardegna. Non è l’errore di uno che ha portato alla debacle del partito che, nonostante tutto, poteva svilupparsi, mostrare un’identità nuova, la volontà di essere veramente un catalizzatore propositivo di idee e proposte perché ognuno potesse sentirsi rappresentato.
Purtroppo i particolarismi, le storie di provenienza, le incrostazioni dei vecchi partiti, i diversi valori di partenza hanno prodotto l’incapacità dei dirigenti nazionali e, a cascata, di quelli locali, di costruire quel reale partito NUOVO nel quale tutti abbiamo creduto e, spero, crediamo. Purtroppo è stato messo il vino nuovo in otri vecchi: Cattolici contro laici e viceversa, ex Margherita contro ex DS; Rutelliani e Parisiani; Bindiani e Lettiani; Dalemiani e Fassiniani, tutti a discutere, ad accusarsi, ad essere prime donne sulla scena. Tutto ciò ha imbrigliato l’entusiasmo della base, di coloro che per la prima volta si impegnavano in politica perché ritenevano che il PD fosse la vera alternativa all’egemonia Berlusconiana; un vero Centro Sinistra democratico nato dalla grande esperienza dell’Ulivo. Purtroppo, parte di questi ha deciso di cambiare rotta o di rinnegare la scelta fatta in precedenza di affidarsi al Partito Democratico o di astenersi col non voto. Non solo, ci si è arrovellati per mesi nello stabilire le regole che, memori di altri tempi, spesso venivano violate dagli stessi che le avevano preparate.
La linea politica del partito ne ha risentito e i problemi della gente sono stati tenuti, ahimè! In secondo piano. Una crisi economica spaventosa messa sotto naftalina dal presidente del Consiglio; un’informazione bieca, che si è concentrata per mesi solo, purtroppo, su problemi, seppur importanti, di bioetica, creando dissapori, antagonismi, incomprensioni soprattutto all’interno del PD dove non era chiara, se non assente, la sua proposta sul problema; una momento di grande difficoltà sociale; la scuola messa sul banco degli imputati che dovrà sopportare cambiamenti che nulla hanno a che fare con il futuro dei nostri giovani e molto altro, hanno visto il nostro Partito non riuscire a dimostrare che i problemi sono veri e non fittizi. Di fronte ai carri armati della maggioranza, purtroppo, le armi da usare devono essere adeguate
Io spero che tutto ciò non finisca e la mia speranza è che si arrivi a guardarsi negli occhi e a capire che chi ha deciso di non volere il Partito Democratico dovrà fare le valige. Non può pagare solo il segretario e gli altri, garantiti a vita. Persone nuove esistono, non necessariamente giovani; persone con energia che hanno lavorato nelle amministrazioni, a contatto con la gente, o nelle cariche di secondo piano del Partito, svincolati dal vecchio senso di appartenenza e senza essere i megafoni dei dirigenti nazionali, gli unici ad apparire.
Credo che si dovrà agire subito:
. i cattolici non possono essere Binetti e Bobba: non mi sento rappresentato da loro né tanto meno da coloro che ostentano la bandiera della cattolicità. Io credo, e ne sono convinto, che la politica è mediazione, discussione: io, cattolico, in politica devo discutere da laico, senza rinnegare la mia identità. I laici non cattolici devono fare altrettanto. A volte può costare molto.
. gli ex DS e Margherita: basta particolarismi. Le regole ci sono: rispettiamole. Anche a livello locale. Nessun privilegio né distribuzione di “benefici”
. chi ha voglia di lavorare per continuare a costruire questo Partito, lo faccia con proposte e idee;
. Ognuno dovrà assumersi la responsabilità, se vorrà candidarsi per poi essere scelto secondo le regole stabilite, di prepararsi
. Valorizzare l’esperienza ma aprirsi alla novità. La gerontocrazia politica (non degli uomini) ha bisogno di ringiovanire e confrontarsi sempre. Fare POLITICA.
. Mettersi costantemente in ascolto della gente comune perché è con questa che la politica deve lavorare.

Non perdiamo la speranza…



Gli ex-voto del Pd

di ILVO DIAMANTI


SCOMPARSI. Molti elettori che un anno fa avevano votato per il Pd: chissà dove sono finiti. I sondaggi condotti dai maggiori istituti demoscopici, infatti, oggi stimano il voto al Pd fra il 22 e il 24%. Alcuni anche di meno. L'IdV di Antonio di Pietro, parallelamente, ha pressoché raddoppiato i consensi e si attesta intorno al 9%. Le diverse formazioni riunite un anno fa nella Sinistra Arcobaleno, infine, hanno risalito la china, ma di poco. Nell'insieme, queste stime di voto non danno risposta al quesito. Anzi: lo rilanciano. Dove sono finiti gli elettori che avevano votato per il Pd nel 2008? Rispetto ad allora mancano circa 10 punti percentuali. L'IdV ne ha recuperato qualcuno. Ma non più di 2 o 3, secondo i flussi rilevati dai sondaggi. E gli altri 7-8? Quasi 3 milioni di elettori: svaniti. O meglio: invisibili a coloro che fanno sondaggi. Perché si nascondono. Non rispondono o si dichiarano astensionisti. Oppure, ancora, non dicono per chi voterebbero: perché non lo sanno. Certamente, non si tratta di una novità. L'incertezza è una condizione normale, per gli elettori. D'altronde, è da tempo che non si vota più per atto di fede. Inoltre, non si è ancora in campagna elettorale. E di fronte non ci sono elezioni politiche, ma altre consultazioni, nelle quali gli elettori si sentono più liberi dalle appartenenze. Come dimenticare, d'altronde, che il centrodestra ha perduto tutte le elezioni successive al 2001? Amministrative, europee, regionali. Fino al 2006: tutte. Forza Italia, in particolare. Nei mesi seguenti alle regionali del 2005 i sondaggi la stimavano sotto il 20%. Dieci punti in meno rispetto al 2001. Come il Pd oggi. Ridotto al rango del Pds nel 1994. Sappiamo tutti cosa sia successo in seguito. Parte degli elettori di FI sono rientrati a casa, trascinati dal loro leader. Mobilitati dal richiamo anticomunista. Dalla paura del ritorno di Prodi, Visco e D'Alema.
Se ne potrebbe desumere che qualcosa del genere possa avvenire, in futuro, anche nella base elettorale del Pd. Ma ne dubitiamo. Non solo perché un richiamo simmetrico, in nome dell'antiberlusconismo, oggi è già largamente espresso - urlato - da altri attori politici. Primo fra tutti: Di Pietro. Non solo perché le elezioni europee - come abbiamo detto - non sono percepite come una sfida decisiva. Visto che sono, appunto, europee. Ma perché la defezione dichiarata nei confronti del Pd ha un significato diverso da quella che colpiva il centrodestra negli anni del precedente governo Berlusconi. Allora, gli astenuti reali (rilevati alle elezioni) e potenziali (stimati dai sondaggi), tra gli elettori di FI, erano semplicemente "delusi". Insoddisfatti dell'andamento dell'economia e dell'azione del governo. Il quale aveva alimentato troppe promesse in campagna elettorale. Difficili da mantenere anche in tempi di crescita globale. Mentre, dopo l'11 settembre del 2001, quindi subito dopo l'insediamento, era esplosa una crisi epocale, destinata in seguito ad aggravarsi. Si trattava, perlopiù, di elettori senza passione. Moderati oppure estranei alla politica. Non antipolitici. Semplicemente impolitici. Non era impossibile risvegliarli. Spingerli ad uscire di nuovo allo scoperto. Il caso degli elettori del Pd è molto diverso, come si ricava da alcuni sondaggi recenti di Demos. Coloro che, dopo averlo votato un anno fa, oggi si dicono astensionisti, agnostici o molto incerti (circa il 30% della base PD) appaiono elettori consapevoli, istruiti, politicamente coinvolti. Rispetto agli elettori fedeli del PD, si collocano più a sinistra. Si riconoscono nei valori della Costituzione. Sono laici e tolleranti. Ça va sans dire. Oggi nutrono una sfiducia totale nei confronti della politica e dei partiti. Anzitutto verso il Pd, per cui hanno votato. Per questo, non si sentono traditori, ma semmai traditi. Perché hanno creduto molto in questo soggetto politico. Per cui hanno votato: alle elezioni e alle primarie. E oggi non riescono a guardare altrove, a cercare alternative. La loro sfiducia, d'altronde, si rivolge oltre il partito di riferimento. Anzi: oltre i partiti. Oltre la politica. Si allarga al resto della società. Agli altri cittadini. Con-cittadini. Rispetto ai quali, più che delusi, si sentono estranei. Gli ex-democratici. Guardano insofferenti gli italiani che votano per Berlusconi e per Bossi. Quelli che approvano le ronde e vorrebbero che gli immigrati se ne tornassero tutti a casa loro. La sera. Dopo aver lavorato il resto del giorno nei nostri cantieri. Gli ex-democratici. Provano fastidio - neppure indignazione - per gli italiani. Che preferiscono il maggiordomo di Berlusconi a Soru. Che guardano Amici e il Festival di Sanremo, il Grande Fratello. Che non si indignano per le interferenze della Chiesa. Né per gli interventi del governo sulla vicenda di Eluana Englaro. Non sono semplicemente delusi e insoddisfatti, come gli azzurri che, per qualche anno, si allontanarono da Berlusconi. Ma risposero al suo richiamo nel momento della sfida finale. Questi ex-democratici. Vivono da "esuli" nel loro stesso paese. Lo guardano con distacco. Anzi, non lo guardano nemmeno. Per soffrire di meno, per sopire il disgusto: si sono creati un mondo parallelo. Non leggono quasi più i giornali. In tivù evitano i programmi di approfondimento politico, ma anche i tiggì (tutti di regime). Meglio, semmai, le inchieste di denuncia, i programmi di satira. Che ne rafforzano i sentimenti: il disprezzo e l'indignazione. Questa raffigurazione, un po' caricata (ma non troppo), potrebbe essere estesa a molti altri elettori di sinistra (cosiddetta "radicale"). Scomparsi anch'essi nel 2008 (2 milioni e mezzo in meno del 2006: chi li ha visti?). Non sarà facile recuperarli. Per Franceschini, Bersani, D'Alema, Letta. Né per Ferrero, Vendola, lo stesso Di Pietro. Perché non si tratta di risvegliare gli indifferenti o di scuotere i delusi. Ma di restituire fiducia nella politica e negli altri. Di far tornare gli esuli. Che vivono da stranieri nella loro stessa patria

Che fatica partecipare!

Dò il benevenuto a voi che vi sottoponente al
sacrificio di esserci, di contribuire a questa finestra. Qui dialogo e
approfondimenti troveranno terreno fertile.
Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran