venerdì 29 ottobre 2010

Varlam Salamov, Visera, Bilblioteca Adelphi


di Nereo Tiso


Un libro forte, che risveglia la storia dei Gulag sovietici, di uomini imprigionati, fatti soffrire per anni e spesso uccisi per quelli che ora vengono chiamati "delitti d'opinione". Luoghi per formare "rigenerati" come scrive lo stesso autore, capaci di accetare il regime echidere per sempre la propria personalità. Tanti di loro si sentivano quasi di appartenere al gulag anche perché all'uscita, non trovavano più nessuno, venivano villipesi, considerati dei reietti. Una cronaca struggente di giornate piene di sofferenza. Credo però che la citazione diretta del testo sia la migliore recensione:"Discussioni scientifiche fasulle, crimini inventati e castighi cruenti tutt'altro che finti: il carcere ti fa capire tutto questo" (pag. 209;"Hai firmato sotto tortura? Non importa. Ciò che conta è salvare la pelle. Ciò che conta è sopravvivere a Stalin. Quella era la logica, e con quell'unica speranza centinaia di migliaia di coloro che firmarono le confessioni e vennero condannati a sofferenze fisiche e psichiche senza fine, a morire di freddo, fame e percosse trovarono la forza di aspettare e di sopportare. E sopportarono fino all'ultimo"

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Che fatica partecipare!

Dò il benevenuto a voi che vi sottoponente al
sacrificio di esserci, di contribuire a questa finestra. Qui dialogo e
approfondimenti troveranno terreno fertile.
Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran