giovedì 9 luglio 2009

Storie di mala morale: il mozzo e il comandante.

di Nereo Tiso
Ormai da qualche mese stiamo assistendo alla commedia il cui attore principale riveste i panni del mozzo che, (come diceva Kierkegaard) con l’andar del tempo, è riuscito a rubare il megafono al comandante sostituendosi allo stesso alla guida della nave. Ma alla fine il mozzo rimane mozzo e, nonostante il suo lavoro sia rispettabile, il suo nuovo ruolo è segnato dalla allegra interpretazione del comando, dalla coabitazione col potere conquistato senza colpo ferire e da tutte le conseguenze di boriosa autoconsiderazione e autocelebrazione di chi ha conquistato un ruolo non suo, che gli fanno sfuggire di mano il compito che ha chi gode della possibilità di utilizzare il megafono e cioè: dare gli ordini per far navigare la nave. Questi consuma il suo tempo annegandosi nei piaceri della carne, godendo di ogni libagione, trastullandosi in mezzo a giovani fanciulle che gli fanno dimenticare sia di essere mozzo, sia che, tali distrazioni, possono condurre la nave alla deriva. Il suo comportamento riesce a coinvolgere anche parte dell’equipaggio costituito da altri mozzi e da qualche sottufficiale di poco spessore, che raccolgono i suoi insegnamenti, ne condividono la morale libertina, lo assecondano nei godimenti, lo sostengono nei patimenti, perdonandogli superficialità e inefficienza, condotta poco consona ad un comandante sorvolando sulla violazione delle regole di bordo. Nel mentre il comandante, al quale era stato sottratto il megafono, nel suo nuovo ruolo di mozzo, rimaneva sempre il comandante: conosce carte nautiche, strategie di navigazione, suddivisione dei ruoli. Comincia a rimettere in coperta la sua autorevolezza parlando agli uomini che i godimenti non possono che portare la nave alla deriva; che il timoniere è necessario, che le regole vanno rispettate e i comportamenti dentro e fuori cabina non separano i luoghi perché l’esempio e il coraggio del comandante vale più di ogni ordine o regola. Ed ecco che, vuoi per paura della deriva, vuoi per una situazione insostenibile a bordo fatta di anarchia morale, vuoi che la crisi della giusta direzione da prendere cominciava a farsi sentire; vuoi anche perché il cibo scarseggiava dato che i porti forestieri non permettevano più l’attracco al mozzo-comandante immorale, un forte malumore serpeggiavo tra l’equipaggio. Volevano essere uomini governati da un comandante che li potesse essere riconsiderati dai forestieri in quanto uomini, navigatori, con qualche pecca ma non abbandonati a loro stessi per l’incuria morale e di comando di un mozzo divenuto comandante. Destituiscono il mozzo fattosi comandante, gli sottraggono il megafono riconsegnandolo a chi di dovere, ricominciano la navigazione potendo attraccare nei porti stranieri senza vergogna. E il mozzo! Il giusto riconoscimento: via il megafono, in mano la ramazza.

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approfondimenti troveranno terreno fertile.
Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran