giovedì 13 ottobre 2011

Cattolici in politica: quando ci tirano per la giacchetta



di Nereo Tiso






Da qualche tempo sembra che stia riemergendo la “necessità di un impegno dei cattolici in politica” (se non addirittura, la costituzione di un nuovo partito dei cattolici!!!). Sembra una frase ormai demodée visto che i cattolici in politica ci sono; non sono nello stesso schieramento o partito e hanno idee proposte e prospettive diverse anche su quei valori che vengono ritenuti “non negoziabili”. Valori come famiglia, indisponibilità della vita, solidarietà, giustizia, accoglienza, sono oggetto di discussioni e di fraintendimenti fra cattolici opposti politicamente, ma anche all’interno degli stessi schieramenti. Certo è che la democrazia è tale solo se è “discussione” diceva A.Sen e quindi anche il raggiungimento del massimo bene possibile o del minor male possibile possono essere valori straordinari in una democrazia nella quale anche i cattolici pongono mano e pensiero. Penso, però, che, purtroppo, i cattolici vengano interpellati solo per partecipare alle diatribe nei momenti topici delle discussioni su certe questioni che creano disagio: sulla famiglia (o famiglie?), sulle convivenze (o coppie di fatto?), sul testamento biologico (o registri vari…), sull’ICI alla Chiesa cattolica (o privilegi?) ecc. Forse si pensa che i cattolici non siano in grado di avere proposte e parlare anche su altro? Forse qualcuno ritiene i cattolici chiusi in un “vincolo di mandato” e quindi incapaci di dialogare “laicamente” su democrazia, economia, lavoro, ambiente, solidarietà, sanità ecc. con chi non proviene dalla stessa esperienza?
Oppure, in quanto troppo dipendenti da un pensiero e da una esperienza, non siano in grado di confrontarsi liberamente, serenamente, razionalmente con chi proviene da altre esperienze? Naturalmente alle domande si risponderà che tutto è possibile e che tutti vengono già ascoltati e ogni istanza recepita e fatta propria dal Partito…o dai partiti. Importante sarebbe da chiedersi se effettivamente è così. Certo che vorremmo dire di esserci per il bene della città e del Paese, senza capi corrente o cordata, con riferimenti costanti a ciò che indica la Dottrina Sociale della Chiesa, ma anche liberi di farla nostra in maniera del tutto laica nelle istituzioni dove siamo presenti e nei partiti a cui aderiamo. Penso che nessun partito possa permettersi di disperdere questo patrimonio di storia, di cultura e di pensiero senza uscirne zoppo. E questo vale anche per il mio partito, il Partito Democratico, del quale molto condivido, ma che su questo ancora molta strada gli resta da fare. Meglio non arrivare a dire come lo storico Melloni: "La presenza dei cattolici nei partiti non cattolici è sempre apparsa irrilevante finché c’era, salvo accorgersi della sua importanza quando è venuta meno”. Certo non ci interessa la costruzione di altri movimenti o, peggio, di altri partiti con l'etichetta cattolica come scrivono i giornali; non ne sentiamo il bisogno e pensiamo non siano assolutamente necessari e comunque fuori dalla storia. Questo nulla toglie alla nostra responsabilità di donne e di uomini che si sono occupati per anni e continuano ad occuparsi di associazionismo, di solidarietà, di educazione, di economia, di lavoro, di scuola riflettendo sui principi e sui fondamenti dell’etica. Ora molti si occupano anche di politica e lavorano per il bene comune, troppo decantato e allo stesso tempo vituperato. Nessun partito può sentirsi interprete del pensiero cattolico. Nel Partito Democratico vorremmo non essere spostati da una parte all’altra per equilibrare i disequilibri tra le varie anime di “ex”, tra falchi e colombe, tra chi ci vede e ci sente come una stortura all’interno della sinistra e chi ritiene che il nostro pensiero non possa non essere, come tutti gli altri e non meno, un valore aggiunto al partito. Noi ci siamo, vogliamo esserci con il nostro libero pensiero e con le nostre proposte, prima di tutto come persone e poi come cattolici, senza che l’uno prevalga o oscuri l’altro.

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approfondimenti troveranno terreno fertile.
Alla fine:


"La laicità, intesa come principio di distinzione tra stato e
religioni, oggi non è solo accettata dai cristiani, ma è
diventata un autentico contributo che essi sanno dare
all'attuale società, soprattutto in questa fase di costruzione
dell'Europa:
non c'è contraddizione tra fedeltà alla Chiesa e attaccamento
all'istanza di laicità".

Enzo Bianchi "La differenza cristiana" ed.Einaudi


"E' un obbligo eterno fra esseri umani non far soffrire la fame ad alcuno quando si ha la possibilità di dargli assistenza"

Simone Weil

"Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano"

Kahlil Gibran